Dal 21 al 25 giugno 2021 si è tenuto il Forum PA Connettere le energie vitali del Paese, in cui moltissimi relatori e relatrici hanno discusso sulle caratteristiche attuali dell’amministrazione pubblica, su innovazione e prospettive future. Dopo le giornate dedicate ai temi della transizione amministrativa, come punto di svolta per cogliere le opportunità del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (PNRR); della trasformazione digitale del Paese; della sfida della sostenibilità per infrastrutture e trasporti; delle capacità, competenze e talenti parlando di scuola, università e ricerca; nell’ultima giornata di venerdì 25 giugno, il Forum si è chiuso con un tema di grandissima importanza: la riduzione delle disuguaglianze, per favorire inclusione sociale e parità di genere.
Carlo Mochi Sismondi, presidente, ideatore e animatore del Forum PA, introduce i lavori dicendo che occorre avere consapevolezza delle grandi disuguaglianze che affliggono il mondo intero, ma anche il nostro Paese in particolare, quindi è a ridurle drasticamente che bisogna pensare, insieme all’inclusione, quando si parla di transizione digitale, transizione verde, una migliore pubblica amministrazione.
Dà il benvenuto la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, dicendo che troppe volte in passato l’amministrazione pubblica non è riuscita a cogliere le sfide che si è trovata di fronte soprattutto nei territori più fragili, ma c’è la possibilità di cambiare rotta ora grazie alle risorse e alle riforme contenute nel PNRR. L’obiettivo è di arrivare entro il mese di luglio ad assumere 2800 nuovi tecnici per aiutare la PA meridionale a definire e portare a termine i propri progetti, per non sprecare neanche un centesimo delle ingenti risorse che arriveranno dai Fondi europei, e nel contempo conferma che prosegue il lavoro per rafforzare la struttura e il ruolo dell’Agenzia per la coesione territoriale.
Apre la discussione sir Geoff Mulgan, professore di Intelligenza collettiva, politiche pubbliche e innovazione sociale all’University College di Londra, che inizia citando il libro di Italo Calvino Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, definito fantastico, quasi un memo per i governi, che hanno bisogno di queste qualità: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità nell’affrontare le sfide per risolvere le problematiche future. Quali strategie i governi possono mettere in atto per ridurre le inuguaglianze sociali? Gli ambiti di ricerca, portati come esempio, hanno riguardato la mancanza di alloggi, le gravidanze in adolescenza, la disoccupazione giovanile… moltissimi dati raccolti in dieci anni hanno fatto capire che si raggiungono cambiamenti positivi utilizzando una modalità inclusiva, per affrontare i problemi nel modo migliore. Nel Regno Unito si sta assistendo a un nuovo programma per riequilibrare la società, per andare a colmare il divario tra Londra, Sud Est e le aree più povere del Nord. Un’esperienza è portata come esempio di partnership inclusiva per l’economia e di intelligenza collettiva: un progetto dell’Africa Orientale, Wefarm, dove ci sono circa 1000 agricoltori collegati su una piattaforma; se uno degli agricoltori ha un problema e lo mette sulla piattaforma, può trovare un altro agricoltore che ha trovato la soluzione per un problema simile: questo sistema, in modo molto semplice, ha fatto sì che moltissimi agricoltori si unissero in intelligenza collettiva per superare le difficoltà.

Il sistema scolastico è cambiato in modo straordinario col passaggio alla didattica a distanza e c’è in atto una mobilizzazione della tecnologia nella risoluzione dei problemi molto attiva e questo è un prodotto sia dell’attività di governo che degli apporti della società civile. Negli Stati Uniti si stanno sviluppando dei dataset, dei modelli predittivi di rischio, per poter agire in maniera preventiva. È importante mettere in collegamento le tecnologie della quarta rivoluzione industriale per l’innovazione sociale, per esempio non abbiamo ancora messo insieme le soluzioni per risolvere i problemi degli anziani e questo deve rappresentare una nostra priorità, ossia una partnership in via di evoluzione tra società e tecnologia.
Mulgan è a capo dell’Osservatorio per le politiche pubbliche sul Covid-19, che analizza dati provenienti da tutto il mondo e in particolare su determinati problemi come la cura per gli anziani e l’istruzione in modo da poter guidare l’azione governativa. Afferma che stanno lavorando a una matrice delle disuguaglianze, in particolare cercando di indagare su quello che sta succedendo a determinate minoranze etniche, a specifiche fasce di popolazione e in particolare l’influenza di questi fattori sul loro sviluppo e sul loro benessere; l’utilità di quest’analisi sta nello scoprire dove sono più necessarie sia l’attività di ricerca sia un’azione di governo più efficace ed efficiente. Si tratta di una rivoluzione straordinaria nell’operato del governo, perché i settori della pubblica amministrazione devono essere a conoscenza dei dati globali migliori disponibili e non sempre è così. È stata fatta una pubblicazione sulla disuguaglianza di genere, che riconosceva come con la pandemia quasi tutte le responsabilità sono ricadute sulle donne, che sono coloro che si prendono cura della famiglia e degli anziani/e. Un’altra problematica che è stata evidenziata particolarmente nel periodo dell’emergenza è quella della salute mentale.
Importante è la capacità di immaginazione per risolvere i problemi, per far sì che la società trovi delle alternative radicali che potranno essere realizzate tra 5, 10 o 15 anni; anche persone con un altissimo grado di istruzione spesso sono molto più propense a descrivere i disastri come le catastrofi naturali, ad esempio, piuttosto che a usare la propria immaginazione: per Mulgan c’è una vera e propria crisi di fantasia e creatività nel prospettare l’aspetto sociale futuro. Indagare, per esempio, su quello che accadrà degli investimenti di capitale tra 20 anni ha delle implicazioni sia dal punto di vista sociale che ecologico: al momento sempre più investimenti stanno andando ai carburanti fossili e non alle energie verdi; inoltre molti Paesi stanno facendo degli esperimenti sul reddito di base universale e in particolare alcuni modelli di welfare non funzionano bene e se questi investimenti cambieranno, cambierà anche la società e diventerà migliore e più inclusiva. Un altro esempio interessante è l’analisi del tempo libero: negli ultimi anni l’orario lavorativo è diminuito e nei Paesi Bassi la settimana lavorativa è di 29 ore; nei Paesi in cui diminuisce il tempo trascorso al lavoro, l’aspettativa di vita aumenta!

Quali sono i metodi che il governo può utilizzare per rendere possibile uno sforzo immaginativo di programmazione per ridurre le disuguaglianze nei prossimi decenni? Il primo è naturalmente il concentrarsi sul benessere, per esempio il governo finlandese sta adottando un provvedimento per prendersi cura molto seriamente di problematiche come la salute mentale; poi l’intelligenza collettiva, la trasformazione dei sistemi e una nuova mentalità di governo quale lo sperimentare soluzioni che possano funzionare per tutti i cittadini e le cittadine, come gli esperimenti condotti sul reddito di base universale condotti in piccoli paesi. Ci sono poi i diversi metodi che si occupano di una normativa che vada a prevedere quali saranno i problemi futuri, ciò sarebbe stato molto utile per la pandemia da Covid-19 nell’adattare in maniera assai più rapida i nostri comportamenti al nuovo ordine mondiale, oppure la cittadinanza digitale, come nel caso dell’Estonia, molto avanzata da questo punto di vista, poi naturalmente l’innovazione sociale e l’ultimo punto della lista sono i nuovi modelli di finanza pubblica per risolvere le questioni più pressanti del nostro tempo, come ad esempio il cambiamento climatico. Il dato sorprendente è che l’innovazione è stata molto poco considerata negli ultimi anni e, tornando alle lezioni americane di Italo Calvino, occorre imparare a essere più intraprendenti, partendo dai nostri errori, e cercare di capire quali sono i settori in cui è meglio investire e in cui gli investimenti daranno i migliori risultati.

Tutti i temi menzionati dipendono da un aspetto: l’empatia! In un evento recente, dedicato alle disuguaglianze fatte emergere dalla pandemia da Covid-19, in quel caso a danno delle madri single di disabili, è stato sottolineato che lo Stato deve essere in grado di vedere le cose dal punto di vista di chi ha bisogni specifici, dimostrando di essere in grado di occuparsi degli aspetti tecnici ma anche degli aspetti interpersonali. Mulgan conclude con una citazione del suo ultimo libro Social Innovation, che si occupa della sistematizzazione dell’abilità di innovare dal punto di vista sociale: «Spendiamo veramente una quantità vastissima di denaro sull’innovazione e otteniamo risultati ottimi come per esempio la ricerca sui vaccini oppure l’investimento su piattaforme di teleconferenza, dobbiamo però pensare a soluzioni per fasce della popolazione a cui non si pensa molto spesso come ad esempio la fascia anziana e questo credo che dovrà essere il paradigma che anche la pubblica amministrazione dovrà seguire in futuro». Nella ripresa dopo la pandemia i governi devono poter essere in grado di gestire i problemi fondamentali della società in modo da raggiungere un cambiamento non solo incrementale ma trasformativo.
Alla tavola rotonda intervengono Maria Ludovica Agrò, curatrice scientifica Forum PA Sud, Chiara Saraceno, sociologa, Antonella Ninci e Oriana Calabresi, della Rete nazionale dei Comitati unici di garanzia (CUG), Laura Ciattaglia, project manager del Formez PA, Enrico Bini, sindaco di Castelnovo ne Monti, e infine Fabrizio Barca, coordinatore del Forum disuguaglianze e diversità. A tutti/e viene richiesto un punto di vista sulla situazione attuale della PA e che cosa è auspicabile che si faccia in futuro, pensando alle sollecitazioni dell’intervento di Mulgan sulle caratteristiche che le amministrazioni pubbliche devono sviluppare per poter rispondere in modo efficace alle sfide attuali: empatia, ascolto, immaginazione ma anche pragmatismo e sperimentazione.
Maria Ludovica Agrò affronta due aspetti: il divario territoriale e il divario di genere, affermando che il mezzogiorno d’Italia è una delle diseguaglianze più importanti sotto un profilo territoriale, con un forte freno alla crescita economica. Negli ultimi tempi le diseguaglianze sono anche aumentate, accentuate dalla crisi pandemica. Le cause sono molte, perché deve esistere un patto sociale fra governo e società, tra società e imprese e la capacità di rapportarsi in modo correlato fra queste componenti — università, imprese, società civile — spesso vien meno. Da molto tempo si ragiona su cosa veramente potrebbe portare un territorio che soffre di un divario a colmarlo, e uno degli elementi assolutamente ineludibili è una pubblica amministrazione funzionante, ciò che attualmente in Italia non avviene sempre. Le istituzioni sono un bene comune, sono quelle che attivano i patti sociali e questo lo vediamo in molti modelli, per esempio in Emilia Romagna, dove la capacità di tessere reti sul territorio, la capacità di tessere il dialogo fra i vari componenti dello sviluppo è stata veramente la chiave di volta di un assetto che ha potuto dare risposte concrete. Passando alla disparità di genere si può dire che è veramente un dato perenne al momento non superato e che non sarà facile superare nemmeno a breve, perché in effetti siamo ancora confinate dentro l’inclusione: finché anche nel PNRR è messa, per volontà del Parlamento europeo, in modo trasversale, non è affrontata in modo specifico! Quindi siamo molto lontane dallo sconfiggere gli stereotipi che ci condannano alla disparità, inoltre c’è anche il fatto che le politiche non vengono proprio mai disegnate guardando prima alla parità di genere, con una valutazione ex ante, ma si fanno solo valutazioni ex post, quindi le politiche pubbliche non risultano tarate per avere un impatto favorevole affinché la parità di genere faccia dei passi avanti. Tutto quello che si propone anche per l’investimento sul digitale, per esempio, se non viene guardato anche in un’ottica di genere rischia di rivelarsi per le donne un boomerang: il fatto di non prendere in considerazione la filiera della cura, con un punto di vista innovativo, esclude le donne dallo sviluppo e le mette fuori da una condizione di poter partecipare alle decisioni sul futuro di questo Paese.
Chiara Saraceno, invitata al Forum pensando soprattutto alla disuguaglianza generazionale e al nuovo welfare della famiglia proposto, inizia dicendo che in realtà non esiste, ma abbiamo ancora quello vecchio, che andrebbe rinnovato di fronte ai bisogni di una realtà in evoluzione. Afferma poi di trovare difficoltà con la parola inclusione, perché gettando lo sguardo su chi è fuori e che va incluso, sposta l’attenzione sugli esclusi/e invece che sui meccanismi che producono l’inclusione, per metterli in pratica. Allora il caso delle/dei giovani, oltre a quello delle donne, è particolarmente esemplare del fatto che per la loro situazione oggi siamo abituati a considerarli come delle vittime, dei perdenti, invece che come risorse su cui investire di più. Si sono scaricati su di loro tanti problemi che hanno a che fare soprattutto col mercato del lavoro, di cui hanno pagato il prezzo: su di loro si è concentrata la precarietà, la difficoltà a essere occupati in modo dignitoso, con un minimo di orizzonte di sicurezza e contemporaneamente l’altro aspetto che non viene sufficientemente messo a fuoco è che sono diminuite le risorse per l’istruzione, senza la capacità di utilizzare il calo demografico non come scusa per la riduzione degli investimenti, ma per migliorare le condizioni — non solo finanziarie ma anche di qualità — della scuola e dell’università. Quindi ciò che occorre è mettere a fuoco innanzitutto i meccanismi che producono la fragilità di chi ha bisogno di essere “incluso”.
C’è poi da dire che come sono aumentate le disuguaglianze tra generazioni (giovani prevalentemente più istruiti ma più poveri rispetto ai genitori o ai nonni) così sono anche aumentate le disuguaglianze intragenerazionali, perché è stato affidato essenzialmente alla famiglia l’onere di offrire opportunità ai propri figli o figlie, come avviene in tutti i Paesi, ma ancora di più in Italia, in cui l’origine di nascita è più predittiva delle chance di quello che poi si potrà essere da adulti/e. Non a caso un documento dell’OCSE di 32 anni fa parlava di un Paese in cui se sei in alto è difficile che tu scenda e se sei in basso è difficile che tu salga, per cui sono anche aumentati i divari inter e intra generazionali; bisogna vedere che le/i giovani non sono tutti uguali, esattamente come le donne non sono tutte uguali, e dalla crisi del 2008 in poi sono aumentati sia i divari tra uomini e donne e tra giovani e meno giovani, ma anche all’interno dei giovani e all’interno delle donne. Occorre saper guardare le molte disuguaglianze nelle loro intersezioni, cioè vedere l’incrocio, la sovrapposizione e l’interazione tra vari tipi di disuguaglianza (per esempio l’essere donna, l’essere giovane e l’essere del sud) perché non si può fare una politica per le/i giovani generica, neanche solo per le donne, se non calibrata sulle specifiche situazioni che sono diverse in base al territorio, all’età, al sesso e alla provenienza sociale.
Ce la farà la pubblica amministrazione a migliorare la giustizia sociale? Deve farlo, afferma Chiara Saraceno, e innanzitutto occorre maggiore competenza, occorre ripensare ai concorsi e a che tipo di competenze chiedere. Poi ripensare ai modelli organizzativi da mettere in moto e agire in modo innovativo, cercando di unire più sguardi, più prospettive, incluse quelle degli utenti, perché chi opera nella pubblica amministrazione può anche essere eccellente, ma come cittadine/i a volte soffriamo per mancanza di ascolto e ci sentiamo in balia di una burocrazia sclerotizzata. Ci vuole molta più interazione e comunicazione tra i vari settori, per esempio è incredibile che i Centri per l’impiego non comunichino tra di loro e a volte neppure all’interno della stessa regione, rendendo difficile il monitoraggio e un incontro efficiente tra domanda e offerta di lavoro. Ciò evidenzia sia un problema di competenze basse sia di inefficace utilizzo degli strumenti informatici. Da un miglioramento dei servizi della pubblica amministrazione potrebbe uscirne una riduzione delle disuguaglianze? Certamente, afferma Saraceno, per quelle dovute alla intrasparenza e quindi al fatto che soltanto chi ha risorse di capitale sociale o di capitale umano riesce ad aggirare i nodi oppure, pensando al nostro esempio, fare a meno del Centro dell’impiego perché sa come arrivare comunque al mercato del lavoro. Da questo punto di vista l’efficacia dell’intervento e della comunicazione è sicuramente un fatto democratico, che più che risolvere i problemi della disuguaglianza, certamente può dare degli strumenti per affrontarla. Pensando alla qualità della pubblica amministrazione a tutti i livelli nel Mezzogiorno, si è parlato di divario civile e di una lesione della cittadinanza, perché amministrazioni che funzionano così diversamente da luogo a luogo ledono fortemente una uguale cittadinanza nazionale.
Antonella Ninci e Oriana Calabresi, della Rete nazionale dei CUG, Comitati unici di garanzia, affermano che sono state sottovalutate le potenzialità di questi organismi, intesi come un adempimento e non un investimento, mentre sono una grande opportunità per migliorare l’efficienza del lavoro pubblico partendo dalle persone e dal valore che rappresentano. La visione che ha portato alla loro costituzione è davvero moderna e innovativa e perché potessero uscire dal rischio dell’autoreferenzialità, si è sentita l’esigenza di far nascere la rete nazionale dei CUG in quanto gli obiettivi comuni richiedono necessariamente condivisione, confronto, scambio di conoscenze e di esperienze. Oggi fanno parte della rete 250 amministrazioni circa, tra cui tutti i ministeri e le università, e nel tempo la rete è diventata generativa di un sistema di valori condivisi, di fiducia reciproca nel poter realizzare effettivamente un cambiamento. È stato finalmente realizzato quest’anno il portale dei CUG attraverso il Formez e i comitati aderenti alla rete stanno sperimentando già da tempo la funzionalità e le opportunità di questo strumento, rivelatosi molto utile nel contesto di pandemia gravissima che stiamo ancora attraversando. Per affrontare i temi legati alla parità di genere, al bullismo e cyberbullismo, aumentati in tempi di Dad, l’attivarsi sinergicamente come Rete è fondamentale per accompagnare un cambiamento culturale profondo, perché non è più sufficiente parlare di violenza, di contrasto alle discriminazioni, ribadire quanto sia importante denunciare, parlare dei centri per uomini maltrattanti se poi le diverse istituzioni non agiscono in modo collaborativo con protocolli comuni, conoscendo le une ciò che fanno le altre e unendo le forze. Ora finalmente le finalità di educare al contrasto alla violenza di genere, a ogni forma di stereotipo, l’educazione ai sentimenti, alla cittadinanza e all’etica, il combattere le disuguaglianze e insegnare il rispetto delle persone sono nell’agenda del governo e anche del PNRR e sono anche temi che appartengono ai Comitati Unici di Garanzia proprio per il loro ruolo e le loro funzioni. Occorre un modello diverso di amministrazione pubblica e la rete dei CUG può essere un interlocutore prezioso perché ha “imparato a imparare” e questa è una delle qualità attualmente più importanti.
Per Laura Ciattaglia, responsabile del progetto Piano strategico nazionale contro la violenza sulle donne, il tema dell’uguaglianza e della coesione come leva di sviluppo anche della pubblica amministrazione è particolarmente rilevante e sentito; proprio in questo ambito e con questo progetto il dipartimento della funzione pubblica, insieme al Formez, è impegnato in un intervento di rafforzamento e di promozione della parità di genere all’interno della pubblica amministrazione. In particolare si sta lavorando su due diversi fronti: in primo luogo sulla formazione delle/dei dipendenti pubblici sul tema del contrasto alla violenza di genere, attraverso la realizzazione di un percorso formativo on-line. Il corso, attraverso una serie di esemplificazioni e di casi pratici, presenta i vari comportamenti che possono essere inquadrati come molestie; contestualmente fornisce riferimenti normativi e giurisprudenziali sul tema e approfondisce anche l’aspetto psicologico, vale a dire la modalità con cui chi è vittima di violenze può reagire e soprattutto individua quali sono gli istituti e gli organismi di cui la pubblica amministrazione si è dotata per prevenire e contrastare i casi di molestie, in particolare primi tra tutti i Comitati unici di garanzia e questo è l’altro versante sul quale si sta lavorando. Il Formez, insieme al dipartimento della funzione pubblica, ha realizzato un portale, portalecug.gov.it, inteso come una comunità per la diffusione di materiali ma anche per monitorare la situazione della direttiva 2/2019 in tema di misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare il ruolo dei CUG.
Enrico Bini, sindaco di Castelnovo ne’ Monti, porta all’interno della discussione una piccola esperienza in cui si sta sperimentando una strategia delle aree interne per dare una prospettiva a territori montani del Nord, marginalizzati quanto il Sud, dove lo spopolamento era grave e i giovani abbandonavano i paesi, dove non c’era più la fiducia o la voglia di continuare a pensare di poter rimanere. Si è quindi formata una federazione di comuni in cui lo stare assieme ha insegnato l’importanza dell’unione per acquistare più forza. Sono sette comuni soltanto, con 33 mila abitanti, ma l’unirsi è stata l’occasione per avere ancora speranza nel futuro e ha insegnato anche che non possono essere i soli amministratori a gestire il processo di cambiamento, che devono essere coinvolti i tanti attori sociali che sanno indicare quali sono i bisogni da cui occorre partire. Per poter sperare in un futuro c’è bisogno di innovazione, di capire quali sono i bisogni odierni, mentre denuncia che nel PNRR si stanno riprendendo progetti di 70 anni fa, quindi occorre fare molta attenzione, altrimenti si perdono delle risorse importantissime per territori che hanno bisogno di eliminare le disuguaglianze. Le indicazioni di chi vive nei territori sono preziosissime e la scommessa è superare la burocrazia che è ancora troppo presente e spesso ostacola e spegne gli entusiasmi. In questi territori la sfida è stata quella di far tornare i giovani ad abitarvi e perché la strategia funzioni è necessario un rapporto orizzontare tra i vari sistemi locali, cosa non facile essendo una novità rispetto al passato. Occasioni straordinarie per agire in questo senso sono arrivate purtroppo dalla pandemia, che ha messo in luce le debolezze e le fragilità di territori con piccoli comuni sparsi in una grande area: per esempio rispetto alla salute mentale, alle disabilità di anziane/i soli in casa, si sono create le figure di infermieri/e di comunità, che hanno potuto muoversi nei vari paesi in momenti in cui nessuno poteva spostarsi.
Vanno, quindi, rafforzate le amministrazioni con l’inserimento di nuove figure, soprattutto giovani, che siano formate per agire non come burocrati, ma siano capaci di empatia, abbiano capacità di ascolto e trasmettano fiducia a cittadine/i per la soluzione dei problemi. Occorre, però, anche dare più soddisfazione a chi lavora nella pubblica amministrazione, perché in questo momento le professionalità migliori vanno in altri ambiti del mercato del lavoro con stipendi più alti e gratificazione sociale. L’innovazione è utile anche per questo, perché grazie alle aree interne sono stati motivati quei funzionari che hanno visto diverse possibilità di azione, di fronte alla grande responsabilità delle ingenti risorse messe a disposizione dal PNRR.
Porta i saluti finali il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando. Inizia dicendo che la pandemia ci ha portato anche a riflettere sul valore del termine pubblico, che era stato derubricato a sinonimo di spreco, inefficienza, diseconomie, mentre abbiamo constatato che avere una sanità pubblica ben funzionante è essenziale perché garantisce l’universalismo delle prestazioni e non discrimina per censo. Avere una pubblica amministrazione capace è altresì fondamentale per la gestione dei servizi e nel rapporto con cittadini/e, nonostante molti pregiudizi e oggettive difficoltà. Nel confronto con le parti sociali l’obiettivo è quello dell’universalità degli strumenti di tutela in modo da poter assicurare strumenti di welfare anche a chi oggi ingiustamente non ne ha. Occorre costruire un sistema di comunicazione più efficace tra il mondo della formazione e quello del lavoro: sono in funzione tavoli di confronto su ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro e sono stati creati due gruppi di lavoro sull’occupazione femminile e quella giovanile, che dovranno proporre azioni concrete per un mercato del lavoro più giusto per queste categorie. Ora si tratta di consolidare anche gli strumenti di contrasto alla povertà e di migliorarli nella loro declinazione operativa.
Il Forum PA si conclude con un dibattito a due di Carlo Mochi Sismondi con Fabrizio Barca, attualmente coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, che, rispetto a quanto sentito nella discussione, sottolinea l’importanza dell’immaginazione per prospettare soluzioni innovative rispetto al passato. Per esempio la consapevolezza che non sia necessario lavorare in presenza concentrati nei luoghi di lavoro o di istruzione, ma che sia possibile lavorare a distanza in parte e insegnare a distanza in parte, viene ancora troppo spesso percepito solo come un aggiustamento dell’emergenza pandemica: l’essere troppo legati all’equilibrio precedente non ci rende abbastanza liberi e libere di immaginare modalità alternative che possano persino rivelarsi migliori.
Se il tema attuale è il miglioramento della giustizia sociale, della qualità dei servizi per tutti e tutte nelle città o nelle aree interne e nella loro relazione, questo passa attraverso la visione di una organizzazione della vita diversa dal passato, in cui ci sia anche più comunicazione empatica fra società civile, politica e amministrazione pubblica, per non fare sempre gli stessi bandi, le stesse cose per le stesse identiche scuole, per le stesse strade, per le stesse ferrovie ecc. senza immaginare come potremmo muoverci in modo diverso e migliore.
Carlo Mochi Sismondi ricorda il manifesto sulla rigenerazione della pubblica amministrazione, chiamato Se la PA non è pronta…, che riporta quattro grandi obiettivi: obiettivo giovani, obiettivo focalizzazione sulle grandi missioni Paese, obiettivo formazione/accompagnamento e obiettivo partecipazione. Rispetto a quest’ultimo punto lo stesso PNRR non è stato un buon esempio di partecipazione in fase ascendente, come in realtà non è stato un buon esempio di trasparenza ciò che è avvenuto durante la pandemia, quando si è fatta grande fatica ad avere i dati, a capire che stesse succedendo. Fabrizio Barca considera dunque fondamentale in una pubblica amministrazione la trasparenza, senza la quale la macchina burocratica non può funzionare bene: il dialogo con le parti sociali è basilare e ancora non è ben sviluppato. È mancato in gran parte nella prima fase, ora è importante che si attui nella fase successiva: il 60% dei progetti del Piano verrà attuato a livello comunale — posti negli asili, assistenza ad anziani/e, unificazione tra cure e assistenza, interventi sulle case… — la qualità delle azioni dipenderà dalla capacità di ascoltare e convogliare in un discorso comune i saperi territoriali e questa deve diventare la questione proritaria.
In due ore di discussione è emersa un’importante consapevolezza dello stato di salute attuale non florido in tutti gli ambiti delle pubbliche amministrazioni e l’esistenza di moltissime prospettive per cambiamento, innovazione e sperimentazione: con l’auspicio che si realizzino. Per chi volesse ascoltare integralmente gli interventi, qui necessariamente molto sintetizzati, questo è il link audio.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.