Il Musée d’Archeologie Méditerranéenne di Marsiglia ospita, prorogata fino al 21 settembre, la mostra fotografica La Syrie en noir et blanc, situata nel complesso museale e archeologico della Vieille Charité, a pochi passi dal porto e da Le Panier, una delle zone più belle di una città già di per sé suggestiva e ricca di vita. Le fotografie raccolte sono opera di Michel Eisenlohr, nato in Provenza nel 1974 ma cittadino di fatto della nazione meticcia e cosmopolita del Mediterraneo, di cui Marsiglia è luogo emblematico.
Michel Eisenlohr cresce a Marsiglia ed è qui che studia architettura e si innamora della fotografia. Negli anni Novanta fotografa i porti e le città in cambiamento: Marsiglia, Genova, Porto, Reykjavik, Hong Kong. Nel 2002 intraprende un viaggio in automobile attraverso la Siria, ex colonia francese, quasi una frontiera tra mondo arabo e mondo occidentale. Il suo unico bagaglio è costituito da due macchine analogiche e una scelta stilistica irreversibile, il bianco e nero («le parti pris du noir et blanc»). Le immagini esposte sono frutto di questo viaggio.

La mostra procede alternando le fotografie di Michel Eisenlohr a reperti archeologici mesopotamici risalenti al IV millennio a. C. E i primi scatti di Eisenlohr riguardano proprio l’archeologia. Ci troviamo a Sérjilla, un antico villaggio nel Nord della Siria. La luce del deserto rende le immagini molto contrastate, con sole forte e decise ombre nere. Sono fotografie senza tempo: il paganesimo romano, il cristianesimo bizantino e l’islam convivono nell’architettura siriana, mentre i reperti archeologici marsigliesi accostano alle immagini reperti fenici e cartaginesi, come a sottolineare che il Musée d’Archeologie Méditerranéenne è il luogo più adatto ad ospitare questa mostra.

Dei bambini giocano tra le rovine dei templi di Palmira, antica colonia romana. Qui le figure umane, accostate alle dimensioni delle colonne o all’intensità della luce, interagiscono poco con il paesaggio, sembrano formiche, ombre nere in un deserto, microscopiche rispetto a ciò che le circonda, come a mostrare la piccolezza umana rispetto all’infinita grandezza di Allah.

Scrive Michel Eisenlohr: «A Palmira la grandezza e la poesia delle rovine sommergono. La luce vi imprime il suo marchio, cesellando il volume delle colonne, ritagliando il rilievo dei fregi scolpiti, marcando il suolo con ombre ritmate.»
La città che più di tutte cattura il fascino del fotografo marsigliese è Aleppo. Scrive ancora Eisenlohr: «Una delle più antiche città del mondo, incrocio tra il Mediterraneo e la Mesopotamia, Aleppo riflette la dolcezza del vivere. Mi sorprendo a seguire due giovani sposati nella loro passeggiata sui tetti della città, sagome naturalmente tenere e complici, ben lontane dall’immagine che è a volte trasmessa in Occidente […]. Comincio a deambulare ai piedi dell’impressionante cittadella, tra i caravanserragli e i mercati avvolti nella penombra. Amo girare tra le terrazze dei caffè, ascoltare le risate delle famiglie che si godono l’aria tiepida della sera».

In quanto punto di incontro tra Oriente e Occidente («carrefour entre la Méditérranée et la Mésopotamie»), luogo di fusione della cultura romana, cristiana, araba, berbera e francese, Aleppo ricorda inevitabilmente la stessa Marsiglia cara al fotografo, il suo centro meticcio e multietnico che si svela nelle strade non lontane dalla Vieille Charité dove ha sede la mostra. I palazzi con le scritte in arabo e in francese sembrano mostrare questa similitudine. Ed è significativo che Eisenlohr, principalmente fotografo di architetture, mostri questo richiamo attraverso gli edifici più che le persone.

Ho notato una certa somiglianza tra gli scatti siriani di Michel Eisenlohr e quelli messicani di Tina Modotti: non è la gente ritratta ad accomunare il fotografo marsigliese contemporaneo a quella udinese di inizio secolo (Eisenlohr non è solito ritrarre la miseria), ma le forme taglienti e la drasticità dei bianchi e dei neri. È la luce forte del deserto e dei climi caldi a dare questa potenza alle ombre. Manca, in Eisenlohr, l’uso politico della luce, mentre Tina Modotti usa forme e luci per accentuare la miseria e la suggestività dei suoi soggetti, decisamente più protagonisti in Messico che in Siria. La geometria, le inquadrature e l’attenzione ai dettagli accentuano certamente questa somiglianza.

Oggi numerosi dei luoghi sacri pagani e cristiani fotografati da Michel Eisenlohr a Sérjilla, a Palmira e ad Aleppo sono stati distrutti da atti terroristici ad opera di fanatici gruppi armati (principalmente uomini legati alle milizie jihadiste sciite di Daesh) durante la guerra iniziata nel 2011. Con questa mostra, a quasi vent’anni dal viaggio in cui furono scattate le immagini, la Francia offre un tributo al suo ex protettorato, distrutto da un tragico conflitto decennale costato ad oggi oltre trecentomila vittime, e alla speranza nella pace e nella ricostruzione. Tra i morti siriani vi è anche Khaled Al-Assad (il cui cognome non va confuso con quello omonimo del dittatore siriano Bashar Al-Assad), custode e direttore del museo archeologico di Palmira e amico di Michel Eisenlohr assassinato nel 2015.

Articolo di Andrea Zennaro

Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.