In Italia è pressoché impossibile ascoltare un discorso sensato e imparziale sulle migrazioni. Esiste infatti un’enorme differenza tra la realtà e la manipolazione di essa, tra ciò che accade davvero e quello che si vuol far credere stia accadendo, tra i dati reali e quelli gonfiati ad hoc per imbastire menzogne talmente ben confezionate da apparire credibili.
Quando si parla di migrazioni, la parola che più si accosta a questo fenomeno è “invasione”: l’Italia verrebbe travolta ogni anno da un numero imprecisato di “clandestini”.
Ma è davvero così? Si possono trovare molte risposte all’interno dell’ultimo report dell’Ispi, l’Istituto italiano per gli studi di politica internazionale, dal titolo Le migrazioni nel 2021.
Sebbene gli sbarchi ad oggi siano aumentati rispetto al 2019, da 11.000 a circa 45.000 negli ultimi dodici mesi, si è ben lontani dalla cifra toccata nel periodo 2014-2017 che contava dai 110.000 ai 180.000 arrivi ogni anno.

La pandemia ha in qualche modo influito sull’aumento dei numeri, infatti da marzo 2020 si è assistito ad una progressiva crescita di sbarchi sia sulle coste italiane che su quelle spagnole. In Italia le/i migranti irregolari provengono quasi sempre dalla Tunisia e dalla Libia, mentre in Spagna ad approdare sono prevalentemente persone marocchine e algerine.
E quando sbarcano chi se ne occupa? A dar retta ad alcuni politici, non c’è più posto per nessuno, eppure il sistema di accoglienza italiano non è sotto pressione, anzi i grafici evidenziano come si sia passati da 191.000 migranti accolti nei centri preposti nel 2017 ai 76.000 ospitati oggi (-60%).

I Cas, Centri di accoglienza straordinaria, ricevono due terzi dei migranti e sono pensati esclusivamente come tappa temporanea, affinché la persona possa essere trasferita in breve tempo in strutture di seconda accoglienza.
E le Organizzazioni non governative (Ong)? Sono il più grande capro espiatorio da diversi anni a questa parte e vengono accusate di trasportare illegalmente clandestini sulle coste italiane, maltesi e spagnole. In questo caso è bene osservare come la manipolazione della realtà porti a credere che l’attività delle Ong influisca in maniera decisiva e significativa sugli sbarchi.
Quando Matteo Salvini era Ministro dell’interno, 12 ingressi su 100 erano di persone soccorse da Ong, durante la gestione Lamorgese la cifra è rimasta quasi identica, ovvero il 14%.
Morale: l’aumento degli sbarchi non ha nulla a che vedere con il ruolo delle Ong, in quanto quasi tutti gli arrivi sono autonomi, quindi si tratta di persone che anche senza soccorso in mare sarebbero giunte comunque sulle coste italiane.

La situazione in Libia, da cui partono parecchi migranti per raggiungere l’Italia, è in peggioramento: nei centri di detenzione libici, dove avvengono quotidianamente stupri, torture e uccisioni, sono imprigionate più di 5000 persone, ma sono solo le cifre ufficiali, poiché esistono centri di detenzione non riconosciuti in cui si trovano altre migliaia di individui.
Proprio a luglio di quest’anno la Camera ha votato a favore del rifinanziamento alla Guardia costiera libica, che pure si è resa autrice di pestaggi, omicidi, spari contro chi vorrebbe migrare e chi presta loro soccorso, riportandoli all’interno delle carceri libiche, una volta recuperati in mare. Diversi/e parlamentari e associazioni tra cui Medici senza frontiere, Emergency e Open Arms si sono opposte duramente agli accordi di cooperazione con la Libia, sostenendo che l’Italia non può finanziare e quindi diventare complice di chi vìola i diritti umani di donne, uomini e bambini/e.

Gli accordi di Malta, siglati dai Ministri dell’interno di Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta nel settembre 2019, prevedono una redistribuzione dei migranti soccorsi in mare nei vari Paesi europei entro quattro giorni dal loro arrivo, includendo un meccanismo di rotazione volontaria dei porti di sbarco.
Dato che solo il 14% dei migranti viene soccorso da Ong o da mezzi militari, il problema del ricollocamento rimane per il restante numero di persone che giungono in autonomia sulle coste. I dati parlano chiaro: dei circa 53.000 migranti sbarcati tra ottobre 2019 e maggio 2021, solo 900 sono stati ricollocati; ciò significa che quasi 9 migranti su 10 rimangono in Italia.
Questo elemento potrebbe far pensare che ci sia stato un aumento vertiginoso di individui stranieri nel nostro Paese; in realtà no: i numeri dicono che tra il 2014 e il 2021 sono approdate più di 700.000 persone, ma il numero di regolari è rimasto stabile, con una crescita del 2%. Se includiamo anche gli stranieri irregolari, la percentuale si ferma al 6%.
Come spiegare tutto ciò? In questi stessi anni più di 900.000 extracomunitari hanno acquisito la cittadinanza italiana, di cui il 40% sono persone nate in Italia da genitori stranieri, mentre circa 320.000 stranieri regolari hanno lasciato il Paese.

Quando si parla di immigrazione è essenziale concentrarsi anche su quanti individui richiedono protezione o scappano da guerre e persecuzioni.
L’Italia protegge ancora come prima chi richiede asilo? La risposta è no e per capire il motivo si deve guardare al Decreto Sicurezza, convertito in legge il 1° dicembre 2018, che ha abolito la protezione umanitaria. Al suo posto è stata introdotta la protezione speciale, con regole molto strette e precise. Infatti, se prima i permessi di protezione venivano accordati nel 28% delle richieste di asilo, la percentuale è crollata all’1%. In due anni dall’entrata in vigore della legge, si contano circa 40.000 stranieri irregolari che, con la precedente normativa, avrebbero probabilmente ottenuto la protezione umanitaria.
Per tentare di risolvere la situazione, il Governo Conte II ha approvato il Decreto immigrazione, convertito in legge il 18 dicembre 2020, che ha di nuovo allargato i criteri e i requisiti per beneficiare della protezione. La percentuale di permessi concessi è passata dall’1 al 9%: si è però ancora ben lontani dall’iniziale 28%.
L’integrazione è un tasto dolente, poiché risulta difficile aiutare persone straniere ad inserirsi nella società. Se guardiamo ai migranti economici, ovvero chi si sposta regolarmente in ricerca di un lavoro, entro cinque anni dall’ingresso in Italia più dell’80% risulta occupato.
Se invece consideriamo i rifugiati o quanti si spostano per ricongiungimenti famigliari, solo il 30% ha un lavoro entro i cinque anni dall’arrivo e dopo oltre 10 anni la percentuale non riesce comunque a superare il 50%.

A peggiorare la situazione ci pensa la diminuzione dei canali regolari di accesso verso l’Unione Europea. In Italia esistono i “decreti-flussi” che stabiliscono le quote di ingresso annue per le/i cittadini non-Ue. Se nel 2011 le quote si attestavano a 100.000 posti, dal 2012 la media annuale è di soli 15.000: si parla di una riduzione dell’85%.
Va da sé che la chiusura nei confronti dell’immigrazione regolare non può far altro che portare a un accrescimento degli ingressi illegali nel territorio italiano.
Per approfondire
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ispitel-fact-checking-migrazioni-2021-31027
***
Articolo di Elisabetta Uboldi

Laureata in Ostetricia, con un master in Ostetricia Legale e Forense, vive in provincia di Como. Ha collaborato per quattro anni con il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli di Milano. Ora è una libera professionista, lavora in ambulatorio e presta servizio a domicilio. Ama gli animali e il suo hobby preferito è la pasticceria.