Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Cala novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti/ Lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti/ Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada /Te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada.» Questo è novembre, secondo quanto detta la canzone di Francesco Guccini: una metafora della sua e nostra vita sintetizzata nel rosario/successione dei dodici mesi dell’anno.
Era il 4 novembre 1966, cinquantacinque anni fa, e quella volta il fango soffocava davvero Firenze. Indimenticabili quei giorni per chi era al mondo, anche se troppo giovane per andare, come i tanti e le tante, quelle ragazze e ragazzi che furono chiamati gli angeli del fango, e aiutarono la città a risollevarsi e a ripulire dall’acqua e dai detriti trascinati dal celebratissimo fiume i suoi abitanti e le sue opere d’arte: la Bellezza lì creata e conservata. Le vittime non furono moltissime, né in città né in tutta la Toscana, dove esondarono con l’Arno anche altri corsi d’acqua, come l’Ombrone, che colpì tutta la Maremma e sommerse letteralmente Grosseto, e il Bisenzio e il Pesa che a Montelupo fiorentino, famosa per la ceramica dei Medici, fece due vittime. La fortuna volle che quelle piogge, che scendevano violente e ininterrotte da giorni, portassero l’acqua carica di fango fuori dagli argini in un giorno di festa e non lavorativo. Firenze quella mattina (l’Arno la invase proprio nelle prime ore del giorno) era piena di colori e pronta a celebrare la ricorrenza festiva. Se fosse successo in un giorno feriale il bilancio sarebbe stato sicuramente più pesante. Le/i fiorentini (ma in ugual modo tanti e tante cittadine toscane e della parte settentrionale dell’Italia) sarebbero stati colti/e di sorpresa (perché il maltempo precedente si era molto sottovalutato) mentre si avviavano verso il lavoro, la scuola, o in biblioteca.
La biblioteca Centrale di Firenze fu davvero coperta dal fango. Così commentava Edward Kennedy, il fratello più giovane del presidente ucciso a Dallas, accorso a Firenze per contribuire con il suo aiuto: «…In ogni punto della grande sala di lettura c’erano centinaia di giovani che si erano riuniti per aiutare. Era come se sapessero che l’alluvione della biblioteca stava mettendo a rischio la loro anima. Ho trovato un’incredibile ispirazione nel vedere questa generazione più giovane tutta unita in questo sforzo». L’alluvione di Firenze è stato un po’ come la prova generale delle aggregazioni giovanili in arrivo dal mondo (il ’68 è vicinissimo). Non era una novità, perché esistevano già gli ostelli e altri tipi di accoglienza simili, ma con lo straripamento dell’Arno nella città di Dante si evidenziò come fenomeno. Ne prese atto il cinema, per esempio, inserendo scene da Firenze di quei giorni ne La meglio gioventù (del 2003) di Marco Tullio Giordana, che racconta la Storia italiana partendo proprio dall’estate di quell’anno. Franco Zeffirelli sulla tragedia della sua città girò un documentario nel quale, tra gli altri, vediamo l’attore britannico Richard Burton leggere un appello in italiano. Tra i ragazzi, tra quegli angeli del fango, c’erano anche Antonello Venditti e un giovanissimo Francesco De Gregori che, appena quindicenne, era andato ad aiutare, con il fratello maggiore Luigi e il padre, le persone vittime di quel disastro e a contribuire al il recupero delle tante opere d’arte travolte dal fango.
L’alluvione del 1966 non fu certo l’unica che mise in difficoltà Firenze. Nella parte più bassa della città, in via San Remigio, una stele ricorda l’alluvione del 1333, poi un’altra del 3 novembre 1844, quasi una coincidenza cronologica. Ma nessuno sembra abbia superato il livello raggiunto dal fango più di mezzo secolo fa. Se oggi non abbiamo dimenticato la Firenze di ieri, il disastro di fango e detriti, non dobbiamo trascurare il problema essenziale: quello della salvaguardia della Terra che ci ospita. Il clima è stato la questione centrale discussa dai 20 potenti della terra riuniti con il Cop26 in Scozia, a Glasgow, dalla scorsa settimana dopo il passaggio a Roma del G20, ma i risultati reclamano di farsi tangibili e di non ridurre tutto, secondo una bella e ironica sintesi alla Greta Thunberg, in un assordante blah blah blah!
Tra le tante città colpite a causa anche della non attenzione ai problemi legati al clima oggi c’è Catania. A Catania, agli amici e alle amiche siciliane, ma anche calabresi, va tutto il nostro pensiero. Purtroppo dopo l’alluvione, il fango, gli allagamenti (ospedale compreso) esiste un altro pericolo, quello dei rifiuti. Innumerevoli si sono accumulati ai bordi delle strade di Catania e potrebbero causare un’altra emergenza, questa volta sanitaria.
In novembre, proprio nel giorno della commemorazione dei morti, ricordiamo anche Pier Paolo Pasolini, ucciso, ha decretato il Tribunale, da un ragazzo, Pino Pelosi, con la concorrenza di altri ignoti. Pelosi è stato il solo ufficialmente a pagare con il carcere l’omicidio, ma certo è stata opera di altri la devastazione commessa sul corpo di Pasolini nella desolata piazzetta dell’Idroscalo, lungo il mare di Ostia, nella periferia romana. Una violenza di chi, sconosciuto, ha voluto cancellare, distruggendone il corpo, le parole di verità che lo scrittore e regista scriveva. Il suo ultimo romanzo dal titolo significativo, Petrolio, è rimasto incompiuto. Diceva e scriveva di sapere chi firmava le stragi accadute in Italia e onestamente affermava di «non avere ancora le prove». Questo non poteva che incutere paura a chi sapeva di averle gestite.
Pasolini era nato a Bologna nel 1922, ma adorava le origini friulane della madre e nel dialetto materno scriverà tante poesie. Fra qualche mese, dopo il ricordo della morte nel 1975, festeggeremo degnamente il centenario dalla sua nascita. Aveva appena 53 anni e poteva ancora darci tanto e tanto con lui, con il suo sguardo sul mondo, avremmo potuto scoprire. Ci rimane però anche tanto della sua grande produzione intellettuale. I bei romanzi, le poesie, gli illuminanti interventi sulla stampa, che saranno raccolti negli Scritti corsari, le collaborazioni cinematografiche con registi come Federico Fellini per il quale lavorò a Le notti di Cabiria o Mario Soldati, ne La donna del fiume (1954). Fu meraviglioso, innamorato, crudo e crudele come regista con i suoi indimenticabili Mamma Roma, Accattone, Le 120 giornate di Sodoma, nonché Il Vangelo secondo Matteo, Ricotta, Uccellacci e uccellini con una straordinaria recitazione di Totò.
«Pasolini è stato il più coraggioso e insieme indifeso intellettuale civile che il nostro martoriato Paese abbia mai avuto, sulle cui parole abbia potuto contare nella lunga serie di notti in cui marcia senza bandiere la vita» scrive di lui lo scrittore Fulvio Abbate (Huffpost) a commento di una messa in scena teatrale fatta in questi giorni, all’Auditorium di Roma, da uno splendido Ascanio Celestini e intitolata Museo Pasolini, una sorta di sacrario di ricordi personalissimi del grande scrittore. «Brillano – commenta di Pasolini Abbate – molti suoi semplici articoli, fondi, che scrisse sul Corriere della Sera nel primo raggio degli anni Settanta, dove delineava la deriva precipitosamente antropologica verso cui si avviava la società italiana. Peccato, che questi dati della storia nazionale dovrebbero essere acquisiti, e invece galleggiano nel grado quasi zero dell’alfabetizzazione comune…Pasolini – continua – custodiva in sé i tratti del coraggio, sebbene l’uomo preferisse parlare di una disperata vitalità».
Una notizia di giovedì mattina, aprendo un quotidiano, mi ha raggelata seppure mi fosse nota da quando ero giovanissima, risaputa fin dai tempi in cui frequentavo l’università. Ma non riesco a non continuare a stupirmi per l’abuso di potere su ragazze giovanissime che dovrebbero essere incoraggiate al sapere. L’occhiello dell’articolo in questione detta: «Molestie sessuali e violenze psicologiche nelle università. Quando l’abuso dell’uomo è in cattedra.» Non riesco, pur sapendo di peccare di ingenuità, a credere che quello che si considera “il tempio della cultura” possa somigliare all’inferno per tante ragazze, intimorite dalla minaccia di una possibile carriera scolastica e lavorativa spezzata, almeno nell’ateneo dove si è cominciato a studiare. La cosa che aggiunge squallore all’ orrore di queste avance è l’ipocrisia del docente che opera in questa maniera e nega sempre il suo fare, ma anche la sua capacità manipolatoria accolta da colleghi, e purtroppo colleghe, che noi vogliamo pensare in buonafede. Ma ne dubitiamo. Comunque per consolarci possiamo dire che la studentessa intervistata dal quotidiano ha denunciato il docente e che, seppure dopo anni di tormentato processo, il prof. è stato allontanato. Ma la ragazza che ha denunciato ancora non vive una vita serena.
La poesia che vi propongo oggi non poteva essere che di P.P. Pasolini. É’ un omaggio d’amore, una “supplica” alla madre alla quale il poeta si sente fortemente legato. Fu scritta da Pasolini il 24 aprile 1962 e fu inserita nella prima edizione del libro Poesia in forma di rosa pubblicato nel 1964, nella prima sezione La Realtà della quale è la poesia numero quattro. «Un’epoca in cui l’omosessualità era tabù e la diversità una malattia». (Liberiamo)
Supplica a mia madre
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
(P.P. Pasolini)
Presentiamo gli articoli di questo numero. La donna di Calendaria è un’artista e pittrice barocca, ritrattista e pittrice di scene, Michaelina Wautier. Per la serie Fantascienza (un genere) femminile questa volta conosciamo Joan Vinge, scrittrice molto prolifica, con un occhio attento al mercato e ai lettori giovani adulti.
Continua la nostra lettura e conoscenza dell’antica cultura dell’India. Con La Bhagavad gita e la scienza dell’anima impariamo ancora riguardo al pensiero di oltre dodici secoli prima della nostra epoca, così come noi la contiamo. I Veda, il sanscrito, il pensiero filosofico del subcontinente ci guidano non solo per le vie della conoscenza, ma della relatività della nostra concezione del mondo.
Continua anche la presentazione della donne del Decameron, con la novella di Nastagio degli Onesti, storia di un femminicidio.
La terza parte del percorso Giustizia femminista si occupa de Il Tribunale delle donne di Sarajevo e riporta la riflessione delle Donne in nero italiane «sulle molteplici ingiustizie che le donne subiscono anche nella nostra realtà in un tempo apparentemente pacificato».
Le donne e il biliardo è un articolo in cui si indagano le origini storiche di questo gioco e si ricordano interessanti figure femminili straniere ed italiane che si sono distinte in una specialità nata come maschile.
Dal diario di Licia Collobi Ragghianti è un articolo in cui l’autrice tratta della Fondazione Culturale Ragghianti di Lucca, fondata da Licia Collobi e Carlo Ludovico Ragghianti, moglie e marito, entrambi studiosi di storia dell’arte di grande rilievo.
Le recensioni sono tre: la prima riguarda Biancaneve nel Novecento di Marilù Oliva, un libro candidato al Premio Strega 2021. La Storia nelle storie, perché vi si legge la Storia raccontata dalle donne. Le madri della Costituzione di Eliana De Caro, invece, ci presenta le biografie delle 21 donne dell’Assemblea Costituente, provando a rimediare all’oblio generalizzato che ha nascosto il loro grande contributo alla redazione della Carta fondamentale della Repubblica. La terza, Farsi belle riguarda il libro di Katiuscia Carnà e Sara Rossetti, Corpi e identità, un lavoro sui percorsi delle migrazioni femminili che indaga «sui criteri e sulle modalità di gestione della presentazione esteriore di sé e della ricerca estetica, con le scelte e i condizionamenti, le pressioni e i gusti, le storie che costellano l’esperienza di ciascuna nelle diverse fasi della vita».
Per gli anniversari ricordiamo una canzone che ha segnato la storia del rock, I cinquant’anni di un capolavoro della musica: tributo a Stairway to Heaven, che affascina e continua ad ammaliare tante generazioni, con un messaggio di vera fratellanza.
Nella sezione Juvenilia Un cortile per Titina Verone presenta l’interessante lavoro delle classi 2 e 3 CTG, indirizzo Tecnico Grafico e Comunicazioni dell’ISIS “Europa” di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, partendo dalla figura di Immacolata Verone (1949-2019), prima e unica sindaca di Acerra, eletta a suffragio diretto dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche nel 1993. Mark Twain e Ada Negri sono nel racconto de L’ottobre di Toponomastica femminile, ricco di avvenimenti interessanti, tra cui il nostro Convegno nazionale.
In chiusura continuiamo nel percorso gastronomico delle specialità toscane, che alcune di noi hanno potuto assaporare durante il Convegno a Firenze. Cucina toscana: contorni saporiti fra curiosità e tradizione ci guida tra le verdure cucinate secondo varie ricette, in particolare la carciofata e i fagiolini stringhe con un accenno ai fiori di cascia su cui lasciamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori il piacere della scoperta. Da farsi davvero venire l’acquolina in bocca!
Lasciamoci così con gusto e con l’augurio di una buona lettura a tutte e tutti!
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.