Honor Elizabeth Frost, pioniera dell’archeologia subacquea 

La ricerca archeologica subacquea è costituita dallo studio dei movimenti umani in contesti acquatici ed è suddivisa in diverse specifiche branche: marina, navale, lagunare, costiera, lacustre e fluviale. Le metodologie di indagine sono collegate a una strumentazione tecnica idonea, necessaria alla discesa e alla permanenza di archeologi e archeologhe anche a grandi profondità, l’utilizzo di pompe particolari (sorbone) per scavare e recuperare sott’acqua i reperti e di metodi di ripresa fotografica adeguati che hanno consentito una definizione metodologica della disciplina già alla fine del 1950. Particolare importanza hanno assunto le tecniche di documentazione e i metodi di recupero dei manufatti, spesso danneggiati dalla lunga permanenza in acqua; in questo contesto fondamentale rilevanza hanno le navi d’appoggio, veri e propri laboratori galleggianti, funzionali per la sicurezza di operatori e operatrici, per il primo trattamento dei reperti portati in superficie e per l’elaborazione dei dati. Le ricerche di archeologia subacquea interessano mari e corsi d’acqua interni e permettono la conoscenza di relitti, strutture portuali e insediamenti in quelle aree dove l’erosione ha alterato il profilo delle linee di costa. In questi ultimi anni sono state fatte importanti scoperte su tutto il territorio italiano, particolare risulta essere la situazione della Sicilia dove, per volere di Sebastiano Tusa e altri, nel 2004 è stata istituita la Soprintentendenza del mare.

Gli interessi verso l’archeologia subacquea non sono certo una peculiarità recente, infatti tra le varie figure che si associano alla disciplina spicca Honor Elizabeth Frost, vera e propria pioniera delle ricerche subacquee. Frost era nata a Nicosia, Cipro, il 28 ottobre del 1917, unica figlia di Elizabeth Bisset e Rodolph James Frost; purtroppo rimase orfana quando era ancora una bambina, ma presto divenne la pupilla di un avvocato londinese, Wilfred Ariel Evill (1890-1963); affinché avesse una buona istruzione le fece frequentare l’École Vinet di Losanna. Negli anni Trenta si trasferì in Inghilterra e frequentò la Central School of Art di Londra, poi proseguì gli studi alla Ruskin School of Art di Oxford, dove entrò a far parte dell’University Ballet Club, infatti fu anche una grande appassionata di danza classica. Honor si avvicinò all’archeologia, in Gran Bretagna, con una formazione non specifica, sfruttando le sue capacità nel disegno e la passione per il mondo subacqueo. Lo strano metodo con cui si avvicinò ai reperti sotto il mare si ebbe a Wimbledon, quando si immerse in un pozzo con l’aria fornita da un tubo da giardino, ciò la convinse che «il tempo trascorso in superficie era tempo sprecato» (Sotto il Mediterraneo, 5). Tuttavia, un vero e proprio apprendistato nelle immersioni lo ebbe frequentando il club subacqueo di Cannes (Club Alpin Sous-Marin), dove Frédéric Dumas, Georges Barnier e altri avevano aiutato Jacques Cousteau a creare l’autorespiratore con una maschera, un erogatore d’aria e una o due bombole di ossigeno che permise fin dal 1943 ai sub di respirare sott’acqua in maniera autonoma. La prima esperienza di Honor in ambito archeologico avvenne nel 1957, quando prese parte all’ultima stagione degli scavi di Kathleen Kenyon a Gerico come disegnatrice tecnica. Imparò a disegnare i piani delle tombe sotterranee dell’età del Bronzo scavate nella roccia fratturata e a seguire la meticolosa disciplina dell’archeologia terrestre. Da quel momento fece suo il motto di Kenyon: «lo scavo, per quanto ben eseguito, senza un’adeguata pubblicazione è distruzione sfrenata». A Gerico, Frost aveva notato che molte/i studiose/i erano attratti dai resti di antiche strutture costiere, fermando però il loro interesse alla superficie dell’acqua. Negli undici anni successivi, sebbene con discontinuità, iniziò a sondare i resti della costa del Levante priva di porti, e mise in atto le sue nuove abilità nel tracciare, mappare e disegnare. Nel 1959 fece un’escursione sulla costa meridionale della Turchia, a Bodrum, un antico villaggio utilizzato dai pescatori di spugne; lì conobbe Peter Throckmorton (1928-1990), ricercatore statunitense che portò a compimento lo scavo di Capo Gelidonya (L’Archeologo subacqueo, 45), dove lei disegnò gli oggetti ritrovati. Le tecniche utilizzate costituirono un passaggio importante per approfondire la metodologia archeologica subacquea: Frost diede grande valore all’esperienza con una delle sue prime pubblicazioni, Under the Mediterranean (1963). Il risultato straordinario ottenuto divenne punto di riferimento per la disciplina nascente. Proprio questo fu il sottotitolo di un libro molto autorevole da lei coordinato e in parte scritto per l’Unesco: Underwater Archaeology: A Nascent Discipline.  

Le ricerche di Honor Frost furono numerose, com’è ovvio in una carriera di oltre mezzo secolo; fu nominata membro dell’inglese Society of Antiquaries e fondò con altri The International Journal of Nautical Archaeology and Marine Archaeology agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso. Fra gli studi scientifici degni di attenzione e portatori di innovazione si ricordano quelli svolti nei porti del Mediterraneo orientale, tra cui quelli delle città libanesi di Tiro e Sidone, sulla nave punica di Marsala, sulle àncore in pietra. A queste ultime dedicò diversi studi, confermandole come strumento diagnostico essenziale per la ricerca dei porti e dei relitti perduti. Un forte legame ebbe proprio con la nave punica rinvenuta nel mare marsalese, il cui scavo e recupero seguì con attenzione, fino alla attuale musealizzazione dello splendido reperto. Incaricata dalla British School di Rome, in collaborazione con la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Occidentale, era arrivata a Marsala nell’estate del 1970 con una équipe di volontari/e che eseguirono ricognizioni subacquee nell’area dell’isola di Mozia, antica città di fondazione punica, dove furono scoperti i resti della nave; le campagne di scavo furono ultimate nel 1974 con il recupero di alcune parti della cosiddetta Sister Ship, perché i fondali marsalesi hanno restituito ben due relitti navali. Honor Frost nella sua prima intervista rilasciata a Marsala nel 1972 spiegava: «Io sono approdata all’archeologia come subacquea, diventando gradualmente “field-worker” cioè un tecnico nell’attività esterna, di quello che costituisce il ramo più recente: la ricerca marina. In questo, come in tutti gli altri campi dell’archeologia, lo scavo senza pubblicazione è una distruzione. Noi archeologi abbiamo la necessità di esaminare i ritrovamenti degli altri colleghi (non le loro opinioni in merito), una scoperta ne spiega un’altra ad infinitum».  

Ella pubblicò una relazione finale degli scavi negli Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei già nel 1976. I metodi di prospezione erano allora tutti da inventare, così mise a punto e pianificò un protocollo di scavo che solo le moderne tecniche digitali rendono oggi così esatto e sicuramente più veloce. Il suo lavoro riguardò il recupero dei legni, dei cocci, di qualche anfora, di materiale organico, di cordami e poche armi; si occupò anche del restauro del legno bagnato, operazione tuttora complessa. È considerata come colei che ha inventato l’itinerario archeologico sommerso di Punta Cavazzi, a Ustica (nella foto sottostante), ed è pure la prima donna insignita del Tridente d’Oro, il massimo premio d’eccellenza a livello mondiale per le attività subacquee.  

Ha lavorato a lungo, anche in età avanzata: gli ultimi periodi della sua vita li ha dedicati ancora alle ricerche presso le coste libanesi. Si è spenta all’età di 93 anni a Westminster, il 12 settembre del 2010; le sue ceneri sono state disperse al largo di Byblos a cui pensava di appartenere. Una buona parte dei suoi averi è stata donata al fine di finanziare la ricerca marittima nel Mediterraneo orientale; è stata costituita anche una fondazione a lei dedicata che assegna diverse borse di studio nell’ambito dell’archeologia subacquea. A cinquant’anni dal ritrovamento della ormai celebre nave punica, il 12 ottobre 2021 a Marsala si è tenuto un convegno per commemorare in forma ufficiale la studiosa Honor Elizabeth Frost, cittadina onoraria, dando il giusto riconoscimento dedicandole la Sala espositiva della antica imbarcazione. Al fine di promuovere e valorizzarne l’eredità scientifica, per dare continuità ai suoi studi, si realizzeranno degli itinerari di archeologia subacquea a beneficio di studiose/i e di turisti/e; infine, pare che la Commissione toponomastica di Marsala e il consiglio comunale stiano lavorando affinché possa essere a lei intitolata una via sul litorale di Marsala, di fronte alle Egadi.

Per saperne di più:
https://honorfrostfoundation.org/

***

Articolo di Giovanna Martorana

PXFiheft

Vive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo.



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