Tantissime le donne che si sono impegnate per migliorare le condizioni di vita di altre donne, di bambine/i, di persone povere ed emarginate dalla società in tutti i secoli. Fra di loro ci sono state delle vere pioniere nel campo della sanità e dell’istruzione diffusa. Ne ricordiamo sinteticamente alcune che sono state delle significative primatiste.


Monna Tessa fu definita la prima infermiera della storia. Era nata a Firenze intorno al 1250 e nel 1288 fondò l’ordine delle Oblate. Anche se proveniva da una famiglia povera fu chiamata Monna, che significa Madonna, appellativo con cui venivano designate le donne coniugate dei ceti più abbienti. Si sposò con un sellaio e faceva la governante presso una famiglia agiata: quella di Folco Portinari. Folco, avanti negli anni, si era pentito della sua vita di banchiere spesso dedito all’usura e, desideroso di rimediare a quel peccato, accolse con generosità la proposta fatta da Monna Tessa di costruire un ospedale. E proprio lì lei iniziò ad assistere malati e malate traendo ispirazione dalla Regola di san Francesco d’Assisi. Molte donne, soprattutto nobili, l’aiutarono nell’impresa, rispettando in seguito una Regola scritta proprio da Monna Tessa: vengono ricordate come le “Pie Donne di Santa Maria Nuova”. Sono arrivati fino a noi alcuni dei loro nomi: Madonna Tancia, Margherita dei Caposacchi, Giovanna De Cresci e Antonia De Bisdomini. I resti mortali di Monna Tessa si trovano nell’ospedale di Santa Maria Nuova in un bassorilievo marmoreo alla cui base è posta una lapide commemorativa.

nel parco di Villa Pamphili, a Roma
Cristina Trivulzio di Belgioioso fu la prima donna al mondo nominata direttrice delle ambulanze nel 1849 durante la difesa di Roma. Arruolò trecento infermiere volontarie laiche e gestì dodici ospedali da campo con straordinaria capacità e spirito di abnegazione. È sicuramente la più conosciuta tra le protagoniste del Risorgimento.
Fu anche una benefattrice che impiegò una parte consistente del suo patrimonio nell’impresa dei Mille. La sua biografia è molto nota ma noi vogliamo ricordare quello che lei stessa scrisse in un saggio sulla condizione femminile del suo tempo: «Vògliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità».

Gesualda Malenchini, insieme alle figlie Cesira e Antonietta Pozzolini, fu la prima donna a fondare la prima scuola pubblica gratuita per figli e figlie dei contadini e dei meno abbienti intorno al 1868. La scuola era ubicata a Bivigliano, vicino Firenze, in alcune sale della villa dove lei risiedeva e fu denominata “Scuola Pozzolini”. Era aperta sia di giorno che di sera per permettere soprattutto a chi lavorava di potere studiare nelle poche ore libere a disposizione. La domenica tutte le classi si riunivano o per letture collettive o per esercitarsi nel canto. Così all’epoca scrivevano di quella particolare e benemerita attività didattica: «… La signora Pozzolini fa non di rado con i suoi allievi dei viaggi istruttivi. Un giorno fa loro fare una piccola gita in ferrovia, un altro li conduce a vedere la galleria dei quadri o anche qualche opera d’arte…». Gesualda era nata a Livorno nel 1809 in seno ad una famiglia benestante. Si trasferì a Firenze quando nel 1828 sposò Luigi Pozzolini. Patriota e filantropa, oltre che generosa era molto colta, fra le poche socie ordinarie della Società Geografica Italiana. Ricevette anche una medaglia per la sua attività di insegnamento, nel 1870, dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione. A Bivigliano una strada porta il suo nome.

A Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri si deve la fondazione, il 4 novembre del 1880, del primo ospedale chirurgico per l’infanzia in Italia. Coraggiosa ed intraprendente, nacque a Napoli nel 1826 da nobile famiglia. Come tutte le aristocratiche del tempo era esclusa, in quanto donna, dalla scena della politica ufficiale e convogliò la propria energia nel campo della beneficenza. Sottrasse alla miseria numerose famiglie indigenti sostenendole economicamente per regalare loro una vita dignitosa. Teresa e Paolina Craven Laferonnays, un’altra nobildonna, quando nel 1873 si diffuse il colera, raccolsero dalla strada ragazze e ragazzi a cui insegnarono a scrivere e a leggere e spesso li assunsero nelle loro case come domestici e domestiche. Appassionata di teatro organizzò spettacoli il cui ricavato della vendita dei biglietti veniva devoluto in beneficenza. Quando perse l’adorata figlia Lina, Teresa decise di costruire un ospedale per le malattie infantili, il “Santobono”, mettendo a disposizione gran parte della sua dote. A marzo di quest’anno la città di Napoli le ha intitolato una strada nel quartiere Chiaia vicino a quell’ospedale.

Sempre a Napoli, ma nel 1946, Litza Cittanova fu la prima donna a organizzare un sit-in nella città partenopea per reclamare uno spazio da destinare ai comitati per la salvezza di bambine e bambini napoletani. Litza era un’attivista comunista nata a Tunisi nel 1917 da una famiglia borghese di origine italiana. Il padre Jacques e la madre Ines Fiorentino erano ebrei. Si laureò a Parigi e, dopo aver insegnato per breve tempo in un liceo, venne espulsa a causa delle leggi razziali. Decise così, contro il volere paterno, di aderire al Partito comunista tunisino, iniziando una vita di battaglie politiche e di clandestinità. Nel 1942 fu incarcerata nel Forte di Sidi Kassen e una volta libera arrivò a Napoli proprio negli anni delle lotte antifasciste; in quella città si sposò con Maurizio Valenzi che in seguito ne diventò il sindaco. Nel dopoguerra profuse tutte le sue energie nel “Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli” creato per sollevare dai gravi disagi, dalla fame e dalla povertà questa fascia debole della popolazione.

A Laura Solera Mantegazza si deve la fondazione a Milano del primo ricovero italiano per lattanti nel 1850 e la prima Scuola Professionale Femminile laica con finanziamenti pubblici nel 1870. Fu anche la prima donna ad essere inserita nella lista dei “cittadini benemeriti nella storia patria”. Nacque a Milano il 15 gennaio 1813 in un’agiata famiglia borghese originaria di Luino. Studiò in un collegio femminile e nel tempo libero insegnava a figli e figlie dei domestici di casa a leggere e scrivere. Fu data in sposa, nel 1830, a Giovan Battista Mantegazza, figlio del podestà di Monza. Fu una patriota attiva durante le Cinque giornate di Milano, prestando assistenza ai feriti e raccogliendo il denaro necessario per curarli. Organizzò anche un servizio di lettighe per poterli trasportare più agevolmente. Molto probabilmente conobbe e frequentò Giuseppe Mazzini. È certo, comunque, che con lui intrattenne un rapporto epistolare. Quando a Luino si verificò lo scontro cruento tra un gruppo di patrioti e alcuni soldati austriaci, Laura si recò da Garibaldi per mettere a disposizione la sua casa per curare i feriti, in seguito si adoperò per raccogliere i fondi necessari per organizzare la spedizione dei Mille. Insieme ad altre donne fondò un’Associazione Generale di Mutuo Soccorso per le operaie milanesi e nel 1868 un ricovero per la prole delle sigaraie. Morì nel 1873 ed un’epigrafe sulla sua casa così la ricorda: «In questa casa abitò molti anni e istituì il primo ricovero dei bambini lattanti Laura Solera Mantegazza vera madre del povero». Nel 1906 i suoi resti vennero seppelliti nel famedio.
La ricordano una via a Milano, a Roma, a Padova.

Elizabeth Fry fu la prima donna a visitare le prigioni britanniche agli inizi del 1800 e la prima donna chiamata a testimoniarne le condizioni inumane. Nata il 21 maggio 1780 a Norwich, nel Regno Unito, sin da ragazza si interessò delle misere esistenze delle detenute e spesso si preoccupò di rifornirle personalmente di vestiti pesanti e di paglia pulita. Organizzò anche una scuola dove le detenute potevano cucire, lavorare a maglia e vendere questi loro prodotti rendendosi autonome economicamente. Fu proprio Elizabeth a promuovere la riforma del sistema carcerario inglese. Creò pure dei ricoveri per i senzatetto di Londra dopo essere rimasta molto colpita dalla visione del corpo senza vita di un ragazzo morto per assideramento. Nel 2001 la sua effigie è stata stampigliata su una banconota britannica da cinque sterline.
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Articolo di Ester Rizzo

Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici, Donne disobbedienti e Il labirinto delle perdute.