Su Marcelle Lentz Cornette (1927-2008), se ci affidassimo alle sole fonti rintracciabili sul web, non vi sarebbe quasi nulla da scrivere. E questo non perché il suo impegno a livello comunitario sia stato irrisorio o irrilevante, ma perché – e permane ancora oggi – esiste una forma ancora più subdola di discriminazione che affligge le donne, ovvero “l’oblio storico”. Tale forma di dimenticanza può essere imputata ad una serie di motivi tra cui: il non aver rivestito incarichi apicali, il non essere state al centro dell’interesse mediatico, l’essere proiettate verso azioni più concrete che di prestigio e così via discorrendo.
Se invece ci affidassimo ad una ricerca di tipo tradizionale la situazione apparirebbe leggermente meno nebulosa, ma ad ogni modo poco soddisfacente. Ricercare documenti relativi alla storia delle donne negli archivi istituzionali risulta essere un’impresa non sempre agile. I documenti che pure, piano piano, è possibile rinvenire sono spesso non ordinati e catalogati univocamente – trattandosi, nella maggioranza dei casi, di tematiche considerate di secondaria importanza – sono spesso conservati in fondi e archivi differenti. Questo implica che una ricerca su una donna necessita, per forza maggiore, di un più intenso impegno e di più ingenti risorse. Ecco, dunque, un ulteriore motivo che potrebbe minare la buona volontà di studiose e studiosi nell’impegnarsi in siffatti percorsi di studio.
Nel caso specifico di Marcelle Lentz, anche se si tratta di una prima ed iniziale ricerca, i documenti sono stati rivenuti principalmente negli Archivi Storici dell’Unione Europea di Firenze e presso gli Archivi Storici del Gruppo del Partito popolare europeo (Ppe) al Parlamento europeo (Pe). Di estrema utilità sono risultate essere alcune risorse come: le riviste dell’epoca come “CD Europe” e “Donne d’Europa”, i report ufficiali prodotti dal Gruppo del Ppe e i documenti ufficiali delle sedute plenarie del Parlamento europeo.

Sul profilo personale di Marcelle Lentz non è stato rinvenuto molto, ma se ne condividono le principali note biografiche affinché possano essere d’aiuto a future studiose e, si spera, anche futuri studiosi. Sappiamo che è nata il 2 marzo 1927 a Niederkorn e che ha conseguito un dottorato in Chimica alla Sorbona. Prima di giungere al Parlamento europeo è stata insegnante, consigliera comunale di Belvaux e assessora comunale. Il 10 giugno del 1979 viene eletta alla Camera dei deputati lussemburghese per poi assumere l’incarico, il 5 marzo del 1980, di europarlamentare in rappresentanza del Partito cristiano sociale del Lussemburgo in sostituzione dell’on. Jean Spautz che viene, a sua volta, designato Ministro dell’Interno.
In realtà nel 1979, sebbene Lentz sia tra le candidate alle elezioni a suffragio universale, è un’altra la donna che viene eletta per il Lussemburgo. Su un totale di 6 seggi il granducato vede, a ridosso degli scrutini del giugno 1979, l’elezione dell’on. Colette Flesch, del Partito democratico – classe 1937 e tuttora vivente – dimessasi dal Parlamento Europeo il 22 novembre 1980. Colette Flesch è, inoltre, la seconda donna lussemburghese, ed ancora prima delle elezioni a suffragio universale, a sedere nell’Assemblea Europea.
La prima donna in assoluto, invece, a rappresentare il Lussemburgo è la celeberrima Astrid Lulling, esponente del Partito cristiano sociale. Ma Astrid Lulling (classe 1929 e vivente) non solo è la prima lussemburghese a sedere nel Parlamento europeo (seppure ancora non eletto a suffragio universale) nel 1965, ma è anche una delle pochissime (forse l’unica) personalità che si è vista intitolare una sala di un’istituzione europea prima della propria morte, ovvero la sala di lettura, accessibile ai soli membri del Parlamento, posta al piano terra della sede del Parlamento europeo di Bruxelles. Simone Veil e Louise Weiss hanno dovuto attendere molto di più, ad esempio, per vedersi riconoscere la prima l’Agora Simone Veil, nel 2017, adiacente all’entrata dell’edificio Altiero Spinelli del Parlamento a Bruxelles e la seconda il nuovo edificio del Pe a Strasburgo inaugurato nel 1999.
Ma torniamo a Marcelle Lentz Cornette. Marcelle è dunque la terza lussemburghese a sedere nel Parlamento Europeo e, a partire dal marzo 1980, viene coinvolta nei lavori di alcuni Commissioni come: la Committee on the Environment, Public Health and Consumer Protection in veste di membro ufficiale e la Commissione sui diritti delle donne in veste di membro supplente. In quest’ultimo caso, sebbene non sia tra i membri ufficiali della Commissione temporanea costituita nell’ottobre del 1979, ne segue attivamente vicissitudini e iniziative. Partecipa attivamente anche ai lavori che conducono il 10 e l’11 febbraio del 1981 alla discussione, e alla votazione in seduta plenaria del Pe, del Rapporto finale prodotto dalla Commissione ad hoc ed anche noto, dal nome della relatrice, come Rapporto Maij Weggen.
In quel rapporto – che rappresenta la pietra miliare della storia dei diritti delle europee prima nella Cee e poi nella Ue – Marcelle Lentz interviene senza negare i propri valori e prospettive politiche. Afferma, ad esempio, che l’aborto a suo avviso vada visto come un «dramma e una sconfitta individuale e sociale» e che è necessario limitarne il ricorso tramite apposite misure di prevenzione e di educazione sessuale. Rammenta, inoltre, che è non è sufficiente focalizzare l’attenzione solo sulle donne che svolgono un’attività professionale e che l’emancipazione femminile passa in primo luogo dalla famiglia. Certo la questione dell’aborto (ma ce ne sono altre) rappresenta uno dei temi più annosi che la Commissione ad hoc si trova ad affrontare. Se questo è innegabile, è altrettanto vero che le europarlamentari dimostrano di saper affrontare ogni questione nel giusto modo – consapevoli anche delle diverse prospettive di ogni componente – e ponendo sempre al centro, innanzitutto, i diritti delle donne europee.
In particolare, sono le elette del 1979 a poter essere definite le pioniere dell’attuale Commissione Femm al Parlamento europeo. Grazie alla loro capacità di fare rete e di trovare un punto di accordo e di mediazione, senza rinnegare i loro valori e diverse visioni politiche, non solo il Rapporto Weggen viene approvato (molte furono le opposizioni soprattutto degli uomini circa la questione dell’aborto, già citata), ma la stessa Commissione ad hoc, con natura temporanea, non viene soppressa. Al suo posto, nel 1981, viene istituita una seconda Commissione temporanea – la Commissione d’Inchiesta sui Diritti delle Donne (anch’essa temporanea) e nel 1984 la Commissione sui Diritti delle Donne con status di Commissione permanente. L’attuale Commissione Femm del Parlamento europeo (commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere) è, dunque, la diretta discendente del lavoro e del contributo delle donne della Prima legislatura.

Vi è, infine, un’ultima annotazione da fare e che potrebbe risultare utile per chi volesse in futuro approfondire la figura e la biografia di questa donna. Marcelle Lentz in alcuni documenti dell’epoca viene confusa con un’altra europarlamentare della Prima legislatura ed ovvero la tedesca Marlene Lenz (membro della Cdu): anch’ella coinvolta nella Commissione ad hoc e membro del Gruppo del Ppe al Pe. Un’assonanza che potrebbe rendere ancora più insidiosa la ricerca e l’analisi dei documenti d’archivio. Dunque, è questo un aspetto al quale dedicare dovuta attenzione.
Intanto dopo il 1979 la carriera politica di Marcelle prosegue. Viene eletta al Pe nel 1984 (II legislatura 1984-1989) e, a seguire, riceve dei mandati al Consiglio d’Europa (1989-1999). Lì è altrettanto attiva nei lavori di alcune commissioni e nella predisposizione di studi, report e analisi. Si occupa ad esempio, nei primi anni Novanta, della condizione in Albania, dopo la caduta di Enver Hoxha, del rispetto dei diritti umani in Turchia e della situazione politica in Iran.
Dopo questa data, a causa della mancanza di reperimento di fonti, le tracce di Marcelle Lentz Cornette si perdono. L’ultimo elemento che è stato possibile rinvenire sul sito ufficiale del Pe è la data della sua scomparsa: il 29 gennaio 2008.
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Articolo di Maria Pia Di Nonno

Dottoressa di Ricerca in Storia dell’Europa presso la Sapienza Università di Roma. Promotrice di un progetto di ricerca sulle Madri Fondatrici dell’Europa, ha ricevuto prestigiosi premi come, nel 2018, il Premio Altiero Spinelli della Commissione Europea.