Nonostante la scarsità delle fonti circa la storia di Agnodice, giovane ateniese del IV secolo a.C., la sua vita e le sue vicende sono arrivate fino a noi viaggiando su antichi manoscritti e libri per più di duemila anni. Ciò che sorprende di più di questa straordinaria donna dell’Antica Grecia è sicuramente la sua passione per la medicina che l’ha spinta a combattere le convenzioni sociali pur di poter esercitare la professione medica.

Si narra infatti che Agnodice abbia deciso di travestirsi per mesi da uomo pur di frequentare la scuola di medicina di Atene. Una volta appresa l’arte medica, accade un episodio interessante. La giovane infatti è chiamata ad assistere una donna che rifiuta qualsiasi aiuto da parte della medica —in quanto la crede un uomo — e non vuole assolutamente farsi visitare per la vergogna. Di fronte a questa donna pudica e imbarazzata Agnodice compie la scelta di rivelare il suo segreto e confessa alla paziente di essere anche lei una donna, guadagnandosi in questo modo la sua totale fiducia e disponibilità.
In città si sparge la voce e da quel momento tutte le donne vogliono farsi visitare da Agnodice, mantenendo ovviamente il segreto sull’identità della ragazza. I medici della città, sospettosi, notando che le donne non si rivolgono più a loro, accusano Agnodice pubblicamente di sedurre le pazienti. È questo secondo loro l’unico motivo per cui le ateniesi si rivolgono al medico così bravo.

Il processo presso l’Aeropago di Atene è lungo e dibattuto ma alla fine la moltitudine dei medici riesce a far condannare la povera Agnodice per seduzione e infrazione al giuramento di Ippocrate. La giovane è pertanto con le spalle al muro e non può fare altro che confessare pubblicamente e svelare la sua femminilità a tutti.
L’indignazione dei medici e dell’Aeropago è massima e, dopo averla inevitabilmente assolta dall’accusa di seduzione, la condannano comunque in quanto donna. Ed è qui che questa storia riserva un colpo di scena. Le ateniesi infatti, udita la sentenza, si rivoltano in massa e minacciano di uccidersi tutte se Agnodice non verrà rilasciata. Di fronte a questa insurrezione al femminile l’Aeropago e la democratica città di Atene non possono far altro che salvare la competente medica.
È in tal modo che, secondo Gaio Giulio Igino, l’unico storico a raccontarci di lei, nascono la ginecologia e l’ostetricia, due scienze mediche esclusivamente destinate alle donne. E a fondarle è stata proprio lei, Agnodice di Atene nel IV secolo a.C.
Ma Agnodice non è solo, secondo alcune fonti, la prima ginecologa della storia; la giovane donna infatti è un primissimo esempio di quello che oggi modernamente chiamiamo crossdressing. Per chi non lo sapesse il crossdressing letteralmente significa “vestire in modo opposto”, abitudine di indossare per svariati motivi abiti che in un determinato ambito socio-culturale sono comunemente associati al genere opposto al proprio. La medica si veste da uomo per accedere ad un qualcosa che le convenzioni sociali le negano in quanto donna. La letteratura, la filmografia e l’arte in genere sono ormai ricche di esempi di questo tipo, ma la storia di Agnodice risulta essere una delle prime attestazioni. È infatti sempre affascinante la storia di una di noi che sfida le regole della società per un obiettivo più grande.
Realtà o leggenda, semplicità o retorica, questo è quello che raccontano della giovane ateniese, che sarà stata di ispirazione per molte giovani.
La vita di Agnodice risulta tuttavia attuale anche per le donne di oggi e permette una riflessione più profonda. Quante di noi infatti, soprattutto in ambito accademico, scientifico o lavorativo, si nascondono dietro un nome al maschile per accedere ad un determinato ruolo? Quante preferiscono ‘vestirsi’ del nome di avvocato, magistrato, medico, architetto per poter dare la giusta importanza alle proprie mansioni?

Sono passati 2400 anni ma siamo ancora in difficoltà nel metterci a nudo in quanto donne e a farci chiamare con i nostri ‘abiti’ al femminile: avvocata, magistrata, medica, architetta. Anche noi, un po’ come Agnodice, ‘vestiamo’ abiti o nomi maschili per sentirci — forse inconsapevolmente — più sicure ed autorevoli.
Pertanto, forse, non viviamo ancora in un’epoca in cui possiamo realmente ‘svestirci’ e sentirci noi stesse, libere e fiere di poter svolgere le nostre professioni al meglio. La strada verso la parità è molto lunga, ma la speranza è che non passino migliaia di anni.
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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!