Marisa Cinciari Rodano, 101 anni di vita e di ideali

Il 21 gennaio, Marisa Cinciari Rodano, parlamentare della I legislatura, ha compiuto 101 anni.

La sua è stata un’esistenza dedicata alla politica, nel senso più alto e nobile: deputata per venti anni, senatrice per altri cinque, è stata la prima donna a ricoprire il ruolo di vicepresidente della Camera (1963-68), al tempo del governo di Giovanni Leone. È stata pure parlamentare europea, sempre fedelissima a un ideale e a una ideologia, quella comunista, rappresentata dalle varie sigle con cui il partito via via ha mutato nome: Pci dal 1946 al ’91, Pds 1991-98, Ds fino al 2007.

Ma partiamo dall’inizio della sua vita bella, piena, ricca, lunga, riflettendo su quella data che ci porta a un importante anniversario: la sua nascita corrisponde esattamente al giorno in cui a Livorno è nato il Partito comunista d’Italia (poi Pci), come sezione italiana dell’Internazionale Comunista, in seguito alla separazione dal Partito socialista dei futuri dirigenti (Gramsci, Bordiga, Terracini, in primis), al cosiddetto “biennio rosso” e alla Rivoluzione d’ottobre.

Il congresso di Livorno

Una data profetica dunque, per Maria Lisa, detta Marisa. Un destino condiviso.

Figlia di una ebrea e di un imprenditore, podestà di Civitavecchia, studia al liceo classico e poi Lettere all’università; sta per laurearsi quando le vengono sottratti tutti gli appunti per la tesi: bruscamente quindi interrompe il percorso e lascia. Si impegna fino da giovane nell’antifascismo di matrice cattolico-marxista e, per la sua attività, viene brevemente imprigionata nel 1943; fa parte dei Gruppi di difesa della donna che pubblicano opuscoli e agiscono nella propaganda, ma anche ― e soprattutto ― per dare assistenza sia alle famiglie sia alle forze partigiane. 

Marisa ha raccontato nell’interessante autobiografia Memorie di una che c’era di non aver mai combattuto e di essersi limitata a trasportare armamenti e munizioni, durante la sua «resistenza senza armi». Ma veramente ha fatto e rischiato assai di più: «Affiggevamo manifesti di notte ― ha ricordato in un’intervista a Chiara Raganelli ― seminavamo chiodi a tre punte lungo le strade percorse da mezzi tedeschi, cercavamo di organizzare nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole iniziative di protesta contro gli occupanti, il sabotaggio della produzione di guerra, la liberazione degli arrestati e dei razziati, la cessazione dei bombardamenti, la distribuzione del pane, la dichiarazione di ”Roma città aperta”, l’aiuto alle famiglie degli arrestati e dei razziati, i rapporti con il Cln e altro». 

Finita la guerra, allo scioglimento di Sinistra cristiana (a cui aderisce dal 1941 al ’46), si iscrive al Pci, dopo aver contribuito alla fondazione dell’Udi con cui svolge una capillare campagna a favore della partecipazione femminile alle prime elezioni, quelle del ’46, lieta di vedere tante donne in fila ai seggi. 

17 dicembre 1946

A proposito della scelta della mimosa per celebrare la Giornata internazionale della donna, solitamente attribuita a Teresa Mattei, ha raccontato in una intervista a Vittoria Tola, già responsabile nazionale dell’Udi: «Era il primo 8 marzo che si celebrava nell’Italia ormai libera e la scelta della mimosa come fiore della Giornata Internazionale della donna venne da sé». Tutto è avvenuto a Palazzo Giustiniani in una riunione del Comitato direttivo dell’Udi dove si discuteva della necessità di scegliere un fiore-simbolo: «Rammento che passammo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano, già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convincente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta senza costi sulle piante che crescevano selvatiche. Fu così — è questo il fotogramma che rivedo — che disegnai un approssimativo rametto di mimosa con l’apposito punteruolo che incideva la cera, sul cliché, con il quale sarebbe stata ciclostilata la circolare per i comitati provinciali». 

Noi Donne”, 14-21 marzo (a sinistra) e 12 dicembre 1948 (a destra)

Nonostante i mille interessi, i continui viaggi, gli impegni istituzionali che l’accompagnano per gran parte dell’esistenza, diventa moglie e madre: nel 1944 sposa Franco Rodano (1920-83), intellettuale cattolico-marxista, teorico appartenente al Partito comunista e in particolare legato al segretario Enrico Berlinguer, di cui fu ascoltato consigliere; la coppia avrà ben cinque fra figli e figlie, una delle quali, Giulia, è stata impegnata in politica a sua volta, come assessora della regione Lazio.

1953

Marisa Cinciari viene eletta fin dalle prime elezioni amministrative consigliera comunale nella sua città (1946-56), deputata dal 1948 al ’68, poi senatrice fino al ’72, quindi consigliera provinciale dal 1972 al ’79. Dal 1979 al 1989 è stata parlamentare europea. Ha fatto parte fino al 1994 del Comitato Centrale del Pds; eletta il 4 luglio 1991 Presidente dell’Assemblea delle donne del Pds, è stata membro della Commissione delle donne del Partito del Socialismo europeo.
Nel Congresso del Pds del 1994 è stata eletta nel Consiglio dei Garanti e rieletta nel gennaio 2000. Dopo il Congresso dei Democratici di Sinistra avvenuto a Pesaro non ha ricoperto più alcun incarico di partito e, in seguito al Congresso di Firenze che ha deciso la confluenza nel Partito democratico, non è iscritta ad alcun partito. Impegnata anche nelle vicende sociali e umanitarie, è stata pure segretaria dell’Associazione di solidarietà con il popolo del Sahara occidentale (Saharawi), dal 1989 al 2010. 

Nella sua lunghissima e appassionante carriera, Marisa ha sempre avuto una attenzione particolare per tutte le tematiche femminili, di cui si è occupata non solo in Parlamento, ma pure in convegni e commissioni ovunque in Europa e nel mondo, affrontando questioni scottanti come: le famiglie monoparentali, il divorzio, l’acquisizione della cittadinanza, la parità sul lavoro e nei salari. In alcuni casi è stata relatrice, in altri vicepresidente, in altri ancora presidente di prestigiose istituzioni, fra cui la commissione sulla Situazione della donna in Europa (1981-84) e la commissione Diritti delle donne (1984-89). 

Con il marito, 1981

 È stata rappresentante del Parlamento Europeo alla Conferenza del decennio della donna dell’Onu a Nairobi (1985), ha fatto parte della delegazione italiana alla Conferenza mondiale della donna dell’Onu a Pechino (1995) e alla Commissione per lo Status della donna dell’Onu a New York, ogni anno, dal 1996 al 2000; nel giugno 1999 ha rappresentato il governo italiano al Seminario sui problemi di genere dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) a Vienna. All’interno della Commissione nazionale di parità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha seguìto, tra l’altro, le tematiche connesse con la dimensione di genere nella cooperazione allo sviluppo. Ha presieduto le riunioni dell’Accordo comune per la democrazia paritaria che coordina oltre 50 associazioni attive per la promozione della presenza femminile in politica; è inoltre co-fondatrice, insieme a Daniela Carlà, dell’associazione Noi Rete Donne. 

Il 22 aprile 2012 al teatro “La Nuova Fenice” di Osimo è stata insignita del premio dell’Anpi intitolato a Renato Benedetto Fabrizi. L’8 marzo 2013 ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Nel 2015 è stata nominata cavaliera di Gran Croce dal Presidente della Repubblica Mattarella su proposta dell’allora Presidente del Consiglio Renzi; nel 2019 ha ricevuto la menzione speciale alla V edizione del premio Standout Woman Award.

La laurea honoris causa, 2013

Merita senz’altro la lettura della sua autobiografia, pubblicata dall’editore Il Saggiatore nel 2010, perché fatti, ricordi, incontri vengono presentati senza filtri, con freschezza e sincerità, un po’ come accade in altre belle narrazioni al femminile, testimonianze sempre vive del XX secolo (penso ad esempio alla biografia di Luciana Castellina, dal titolo provocatorio Amori comunisti, e a quella di Rossana Rossanda: La ragazza del secolo scorso).

Marisa Rodano, Memorie di una che c’era. Una storia dell’Udi, Il Saggiatore, Milano, 2010

Qui in particolare Marisa, più che parlare di sé, ricostruisce la storia dell’Unione donneitaliane (Udi). Richieste, lotte, discussioni, conquiste nel susseguirsi degli anni: dal diritto di voto al nuovo diritto di famiglia, dalle prime emozionanti elezioni al divorzio fino alla regolamentazione dell’aborto, dalle manifestazioni per il diritto al lavoro stabile e qualificato al femminismo degli anni Settanta. Fra i tanti episodi e personaggi, emerge il leader comunista Togliatti quando affermò, nel 1945, che «la democrazia ha bisogno della donna e la donna ha bisogno della democrazia» o, l’anno dopo, denunciò la «mentalità arretrata» del Pci, proclamando: «Non siamo né puritani né frati». Ma non dimentica neppure l’intrecciarsi dei grandi eventi internazionali: dalla Guerra fredda al Sessantotto, dalla caduta del muro di Berlino alle battaglie politiche e sociali più recenti.

Una figura esemplare, ancora vivace e lucida, Marisa Cinciari Rodano, e lo ha dimostrato egregiamente in occasione dei festeggiamenti per il secolo di vita, nel 2021, nonostante la situazione sanitaria che imponeva regole severissime per una persona fragile nel fisico, ma vigorosa nell’animo. La salutarono le più care amiche, femministe, ideologhe, intellettuali e politiche alla Casa internazionale delle donne a Roma e ricevette auguri da ogni parte. Ma conoscendo il suo spirito caustico e la sua libertà di pensiero, da donna dotata di acume e capacità critica, che mal si accordano con onori e omaggi di circostanza, condividiamo piuttosto una sua riflessione recente sulle ragioni di certe giovani inconsapevoli che rifiutano l’eredità del femminismo: «Primo, perché si sentono libere da un lato, e, dall’altro, non sanno che la parità acquisita non è “naturale” ma ha richiesto battaglie durate decenni; secondo, perché condividono “paritariamente” coi coetanei maschi il grande dramma di questi anni, la precarietà; terzo, perché vivono, come tutti noi, in un’epoca segnata da un feroce individualismo» (dal sito dell’Enciclopedia delle donne -voce a cura di Graziella Rivitti). Quanta saggezza! E come darle torto?

Ce ne fossero di donne così nel quadro politico attuale…

Foto storiche tratte dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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