«Le nostre città sono patriarcato scritto in pietra, mattoni, vetro e cemento». (Jane Darke, 1996)
«Quando i pianificatori non tengono conto del genere, gli spazi pubblici diventano di default spazi maschili». (Caroline Criado-Perez, 2020)
Con queste incisive citazioni si apre l’interessante e ben documentata presentazione Verso una urbanistica di genere, scritta da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, nella pubblicazione Milan Gender Atlas, prima edizione dicembre 2021. Le curatrici dell’intero volume, studiose di architettura e urbanistica, illustrano l’ampia ricerca Sex & the city – progetto risultato, nel 2020, vincitore alla call Urban Factor di Milano Urban Center (Comune di Milano con Triennale Milano) – presentando la necessità di introdurre, nella pianificazione degli spazi pubblici, punti di vista diversi, per rendere le città a misura di tutte e di tutti
Nella presentazione vengono sottolineati aspetti fondamentali: «Osservare il contesto urbano da un punto di vista di genere apre orizzonti di interpretazione non certo inediti ma fino a oggi piuttosto inesplorati. La città, con i suoi spazi, è la rappresentazione concreta della società che, nel tempo, ne ha costruiti i connotati: ogni scelta urbanistica, ogni decisione politica è il riflesso di una struttura dominante che regge l’ordine sociale. […]

La mappatura ambisce a restituire le declinazioni che la città propone rispetto alla vita delle donne. Indagandone gli usi, intercetta i servizi che a vario titolo rispondono a esigenze legate alla loro vita quotidiana: i luoghi per l’allattamento sicuro, i servizi igienici pubblici, gli ascensori in metropolitana, le aree gioco, gli asili nido, le piazze aperte. La vita quotidiana delle donne è, infatti, condizionata dalla necessità di fare fronte alla maggior parte del lavoro di cura non retribuito. Trattare la mobilità e altri aspetti della vita urbana come “questioni di genere”, tuttavia, non significa avallare lo stato delle cose: è “solo” lo stato delle cose. Viceversa, la città delle donne – se esistesse – sarebbe la città di tutte e di tutti, e aspirerebbe a una rottura dei ruoli precostituiti e conseguentemente a una equa distribuzione fra i generi dei carichi legati alle responsabilità riproduttive. […] Lo spazio pubblico è inoltre osservato nella sua dimensione simbolica: quante vie, strade, piazze, parchi, giardini, statue, edifici pubblici sono intitolate a donne o minoranze di genere? Seppure possa sembrare una questione secondaria, è anche in questo modo che lo spazio pubblico si fa portatore di significati simbolici attraverso i quali l’identità culturale di una società si radica e si trasmette. Il quadro attuale è ancora arretrato rispetto alla possibilità di una equa rappresentazione dei generi, pertanto la mappatura delle presenze femminili nella toponomastica milanese ha lo scopo di rendere esplicita la disparità, affinché se ne prenda coscienza e si agisca per colmarla. […] L’atlante è pensato non tanto come una mappatura compiuta e definitiva di spazi e soggetti, viceversa come un organismo aperto e in divenire, pronto ad accogliere la molteplicità di visioni che nello spazio prendono corpo. Il suo scopo principale è quello di mostrare la geografia legate al genere, e offrirsi come piattaforma di dialogo e costruzione collettiva di un immaginario da realizzare. […] Coerentemente con lo sguardo femminista, teso a far emergere le relazioni di potere sottesi allo spazio, lo scopo principale di questa ricerca non è tanto dare risposte ma fornire gli strumenti per porre le giuste domande».

I temi presi in considerazione per tracciare un Atlante di genere di Milano sono principalmente cinque: la violenza nello spazio domestico e pubblico, i modi della fruizione dei luoghi cittadini, l’aspetto simbolico, il sexwork e la sanità. Importate è il supporto di dati statistici, provenienti da ricerche istituzionali o professionistiche, quali, in particolare per l’analisi dell’occupazione femminile, i dati elaborati da Roberto Cicciomessere e Lorenza Zanuso, oppure di agenzie quali il Gruppo di Lavoro della Libreria delle Donne di Milano o la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, con interviste a Daria Colombo («Cittadine e cittadini hanno bisogni differenziati, spesso non sovrapponibili, ed è quindi necessario progettare azioni in ogni ambito dell’Amministrazione per far sì che le differenze non si trasformino in disuguaglianze») e Diana De Marchi («Mi sembra che progetti come Piazze aperte siano assolutamente in linea con il modello di città inclusiva che auspichiamo: una città che offra spazi di vivibilità anche per le donne in quartieri perlopiù periferici e con pochi servizi»).

Le interviste e gli interventi raccolti nella pubblicazione sono molti e provengono da figure istituzionali o della società civile che da tempo operano nel tessuto sociale cittadino e possono parlarne con competenza e capacità di tracciare una prospettiva per il futuro. Troviamo narrate esperienze, progetti e proposte provenienti da diversi ambiti, da quello universitario – con Francesca Zajczyk dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – a quelli associativi – con Floriana Lipparini, Filomena Rosiello e Anita Sonego della Casa delle Donne di Milano; Maddalena Fragnito di SopraSotto, Maria Moïse e Giulia Alberti di Ri-Make; Sabrina Ortelli e Miriam Pasqui di Rete antiviolenza; Vincenzo Cristano di ALA Onlus e Francesca Merzagora di Fondazione Onda. La voce dell’Amministrazione è presente con l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno e la consigliera comunale, presidente della commissione Pari opportunità, Diana De Marchi.
Per l’associazione Toponomastica femminile è intervenuta Federica Chmielewski, in occasione dell’incontro Che genere di spazio pubblico? Tenutosi in Triennale Milano il 15 luglio 2020, nell’ambito del public program a cura di Sex & the city. Incontro in presenza alla base della recente pubblicazione. Federica ce ne aveva parlato sottolineando il fatto che l’incontro è stato caratterizzato anche da un bel confronto con il pubblico presente e non soltanto da un’esposizione delle attività svolte/ricerche effettuate dalle partecipanti. Essendo poi il luglio 2020, si era anche riflettuto sull’importanza di riprogettare la città e guardarla con occhi diversi alla luce della situazione pandemica e del primo lockdown dal quale si era allora appena usciti: senza ancora sapere di tutte le ricadute successive, in cui siamo ancora, purtroppo, pienamente addentro! Nel suo intervento scritto si legge: «La disparità di genere nella toponomastica è netta, ma è la rappresentazione di una disuguaglianza radicata nella nostra società. Per questa ragione l’associazione si propone di sensibilizzare a riconoscere l’importanza di far uscire dall’ombra le tante donne che hanno ben operato nei diversi ambiti professionali e sociali, anche e soprattutto a partire dalla scuola, per formare le giovani generazioni in un’ottica di educazione alla parità nell’ambito di una cittadinanza attiva».

L’Atlante di genere si conclude affermando che «Anche a Milano, come in altre città europee dove il gender mainstreaming è parte della macchina amministrativa in forma strutturata e trasversale, le tematiche di genere devono trovare spazio nella costruzione fisica e politica della città». E vengono fatti gli esempi di Vienna, dove «In particolare Eva Kail, per molti anni a capo della pianificazione urbana di Vienna, ha contribuito a più di 60 progetti orientati intorno all’uguaglianza di genere negli alloggi, nei trasporti, nella pianificazione e nella realizzazione di spazi pubblici». Di Barcellona, in cui esistono «marchas exploratorias, “marce esplorative” cui prendono parte sia amministratori sia cittadine e cittadini e permettono di osservare in prima persona le criticità dei luoghi oggetto di trasformazione». Infine di Berlino e Parigi, Berlino «con il suo Ufficio di pianificazione di genere (Gender urban planning) e la figura del Gender city manager che ne sovrintende le attività in coordinamento con tutti gli altri organo dell’amministrazione», Parigi che «con la Sindaca Anne Hidalgo – la quale ha tenuto per sé la delega sui Tempi della città – ha dato impulso a una politica attenta al genere, promuovendo la Città dei 15 minuti, e dando vita alle linee guida per la città di prossimità che nell’ultimo anno hanno visto una improvvisa accelerazione in risposta alle profonde trasformazioni della vita pubblica imposte dalla condizione pandemica».
Milan Gender Atlas, ricco di mappe che tracciano spazi pubblici, servizi, luoghi associativi e moltissime informazioni utili a uno sguardo di genere sulla città, offre infine l’informazione che la mappatura completa viene mantenuta aggiornata dalle autrici ed è disponibile online al link di un QRcode presente nel volume.

Florencia Andreola, Azzurra Muzzonigro
Milan Gender Atlas
Lettera Ventidue-Triennale Milano, 2021
pp. 256
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.
secondo me ciò che deve cambiare è l’utilizzo del tempo.
Un lavoro non può assorbire 8 ore della giornata, questo accadeva ( 8 ore x lavorare, 8 ore x dormire, 8 ore per vivere) quando un uomo aveva una donna a casa che si occupava a tempo pieno delle sue necessità e di quelle della famiglia. La giornata deve essere riorganizzata totalmente in base alle nuove esigenze. Meno ore di lavoro ( ma si lavora in due!), più tempo per vivere cioè occuparsi di se stessi e del sociale e responsabilizzarsi per le proprie e altrui esigenze. Ovvio tutto questo avrà bisogno di pensare a nuovi spazi e di modifiche dell’esistente.
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