Dora Gabe

Isidora (Dora) Gabe nasce nel 1888 dai coniugi Ekaterina Samoilova e Peter Gabe che si erano trasferiti dalla Russia in Bulgaria, vicino al Mar Nero, in una zona di ricche fattorie, e qui Dora trascorre la sua infanzia e i primi anni della giovinezza. Già da bambina suo padre, giornalista e professore al ginnasio, le dà solide basi e la spinge alla lettura. Compie gli studi in Bulgaria, dove conseguirà una laurea in Scienze Naturali all’università di Sofia (1904); nel biennio 1905-6 studia Filologia francese a Grenoble, a Parigi, e poi all’università di Ginevra in Svizzera. Ritornata in Bulgaria si lega al circolo intellettuale di poeti già famosi come Pencho Slavejkov, Mara Belceva e Margarita Stoiceva, pianista, con cui organizzano serate per godere della grande musica, a cominciare da Beethoven.
Sposa nel 1909 il poeta Boyan Penev, critico e storico della letteratura bulgara e slava, che apparteneva alla nuova élite di giovani intellettuali che condividevano l’interesse per la letteratura. Con Boyan trascorre un breve periodo in Polonia, dove lui teneva corsi sulla letteratura bulgara, e frequentano insieme i più illustri scrittori polacchi. Dal 1911 al 1914 i coniugi viaggiano molto: oltre la Polonia visitano Monaco, Berlino, Como, Brunate, Praga, etc… A Praga Dora incontra il grande poeta boemo Viteslav Nezval, che influenzò positivamente le sue poesie e le sue novelle.

Nel 1917 inizia il suo lavoro di grande traduttrice, attività che Dora ha continuato per il resto della vita, a cominciare appunto dalla pubblicazione di una antologia di poeti polacchi, composta da diversi volumi, che curò per anni.

Intanto si rende conto che il matrimonio le sta togliendo quasi la sua identità: «Non ho vissuto la mia vita interiore, ma la sua», afferma, e prepara le carte per il divorzio, ma Boyan muore proprio un mese prima dell’udienza. In seguito si rammaricava di avergli permesso il controllo sulle sue passioni e interessi: «Purtroppo il mio sviluppo è avvenuto solo dopo la sua morte».

Continuò da sola i suoi viaggi per conoscere la cultura europea – Vienna, Varsavia, Parigi, Bruxelles, Londra, la “sua” Svizzera ovviamente, ma anche l’America. Questi viaggi sono la chiave della sua ritrovata libertà di donna e di scrittrice. Infatti anche dalle sue opere traspaiono finalmente la sua originalità e l’indipendenza di donna moderna. Fu una ferma sostenitrice dei diritti umani, lottò a favore dell’infanzia: «Dobbiamo guidare un bambino senza mai terrorizzarlo, altrimenti ne uccideremo lo spirito, e questa è la cosa più terribile che esista». Continua nel frattempo il suo lavoro di traduttrice instancabie per poeti di fama nazionale, e promuove sempre nelle sue conferenze la cultura bulgara. Tra l’altro, su richiesta del Ministero dell’Educazione bulgaro, allestisce la prima Biblioteca per i più giovani. Nel 1927 fonda il Bulgarian PEN Club, con un gruppo di scrittori che promuovevano la scrittura creativa, una delle prime associazioni internazionali non governative a sostegno dei diritti umani, della libertà di espressione e della letteratura.

Gli anni 1920-1935 sono il suo periodo di scrittura più fruttuoso: poesie per bambini e adulti, recensioni di teatro e letteratura, saggi politici, racconti e altro ancora. Bellissime le sue fiabe, alcune delle quali ho potuto leggerle per gentile concessione della biblioteca di Anzio, l’unica in Italia ad avere il testo in italiano. L’amore per la sua terra, la Dobrugia, dove ha vissuto da bambina, viene fuori da ogni pagina delle sue storie (come Il gallo Retko, Le stelle, La vecchia quercia, Il lupo) insieme alla nostalgia per i campi di grano da mietere, i papaveri, i pranzi consumati sotto le fronde, le stelle ammirate, stando stesi sui covoni, il gallo più bello e grande di tutti allevato dal nonno, ect..
Dora è stata anche editrice di due riviste per bambini e bambine, Window e Usignolo, pensate proprio per la scuola. Ha scritto molto per l’infanzia con un linguaggio narrativo privo di artificiosità, sincero e naturale. L’autrice dipinge con grande delicatezza il modo in cui avviene la scoperta del mondo intorno, con tutte le sue paure e misteri, mostrando di saper interpretare bene la psicologia infantile.
Dopo la Seconda guerra mondiale dal 1947 al 1950 lavora all’ambasciata bulgara a Varsavia come consigliera per gli affari culturali, una posizione importante per una donna in quel periodo. Mentre teneva come relatrice internazionale molte conferenze in patria e all’estero, cresceva la sua fama di poeta e, per esempio, la sua raccolta Aspetta, sole veniva tradotta e pubblicata in decine di Paesi, dall’Argentina al Canada, al Vietnam.

Dora ha imparato molte lingue nei suoi viaggi ed è stata in grado di tradurre opere di autori famosi, ricevendo vari riconoscimenti; ma è stata sempre la poesia il suo obiettivo. Si studiano ancora oggi in Bulgaria le sue poesie, considerate un pilastro della letteratura bulgara, e si trovano tradotte in 24 lingue diverse. Dire che quando pubblicò la sua prima raccolta di versi, a soli 16 anni, poesie sentimentali col titolo di Fiale (1908), non ebbe grande successo! Infatti per un periodo di circa 20 anni non pubblicò niente. Poi nel 1928 arrivarono i primi riconoscimenti con Zemen pat (La strada della terra), una raccolta in cui prevale il motivo del suo legame con la terra, la nostalgia delle esperienze giovanili; poi apparve Lunaticka (Lunatica) nel 1932, che contiene la prima opera poetica in cui sottolinea in modo molto discreto la sua appartenenza alla cultura e al pensiero ebraico. Prima di allora Dora non aveva mai manifestato né nel comportamento, né nella sua poesia il suo essere ebrea. Si racconta che fu camminando a Venezia, sulle tracce di Mozart e di altri grandi della musica e dell’arte europea, che Dora si era ritrovata casualmente nel ghetto e ne fosse ispirata per la poesia Drugoverka (Di altra fede). Racconta il suo incontro con un venditore ebreo di libri, che la riconduce appunto alle origini ebraiche. Ne riporto alcuni versi:

«Prende dallo scaffale un pesante e vecchio libro antico e lo apre.
Mi sono subito ricordata quello che mio padre
Mi disse prima di morire:
“Non dimenticare mai che sei nipote del re Davide!”
Nel tuo cuore pesa una offesa di duemila anni
E nei tuoi occhi sono rimaste le stelle della Terra Promessa.
E mi pareva tutto possibile e il pericolo ha gettato il suo fardello e il sonno apre gli occhi e mi pareva che Dio di nuovo creasse il mondo con il verbo».

La sua tomba, al cimitero centrale di Sofia

Con grande maestria l’autrice riesce a ricomporre la duplicità della sua identità personale, unendo la patria biblica immaginaria e la sua patria reale della sua giovinezza: «Non è nelle mie forze portare due destini in un così piccolo cuore».
Tra le sue ultime raccolte, pubblicate in anni vicini a noi, ricordiamo Aspetta il sole (1967), Silenzio denso (1973), Il mondo è un segreto (1982), in cui si nota un cambiamento nel linguaggio poetico e una ricerca filosofica ed etica che la avvicina a Tagore.
Dora Gabe muore il 16 novembre 1983 a Sofia, all’età di 95 anni.

È annoverata tra le/i grandi intellettuali della Bulgaria, riconosciuta come portatrice di un linguaggio poetico alto e moderno, che non è ancora abbastanza capito e apprezzato. Tanti i riconoscimenti ricevuti, come la Croce d’oro al merito (dalla Polonia), la nomina di diplomatica onoraria del Consiglio di Pace, la Croce d’Oro per il suo lavoro di mediazione tra Bulgaria e Polonia; inoltre premi importanti per il suo contributo letterario e artistico alla letteratura per giovani e infanzia.
Ancora oggi, dal 2003, in Bulgaria viene assegnato il Premio letterario per l’eccellenza nella scrittura, quinquennale, che porta il suo nome.
Voglio concludere con alcuni versi tra i più famosi di Dora Gabe, scritti per celebrare la partigiana Vela Peeva:
«…Un canto canterà la partigiana,
Vela; un canto di popolo.
E il nostro giorno turbinoso
lo tramanderà
al secolo avvenire
e sotto sarà inciso
con lettere di fuoco».
(Antologia della Lirica Bulgara, volume secondo, a cura di Luigi Salvini)

***

Articolo di Giulia Basile

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Fondatrice della Sezione Comunale Avis di Noci (Bari) ed ex sindaca dello stesso Comune, si dedica con tenacia, da sempre, al difficile compito della formazione. Convinta attivista sociale, collabora con molte associazioni territoriali e nazionali. La creatività espressa in molte sue pubblicazioni di poesia e prosa e la cura nel trasmettere l’amore per la cultura sono il fiore all’occhiello del suo percorso

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