Una notizia, letta durante la scorsa estate su un quotidiano sardo, ha risvegliato ricordi lontani, quando al festival di Sanremo apparve una giovane e bella cantante di nome Marisa Sannia. Ai nostri occhi, stupiti e ingenui di allora, sembrava strana una ragazza sarda alta e bionda, infatti, seguendo lo stereotipo, ci immaginavamo le donne dell’isola con i capelli e gli occhi nerissimi, sicuramente basse di statura, magari con un abito tradizionale dal corpetto ricamato, come ora d’altra parte se ne vedono solo in rare occasioni di feste e sagre. Eppure Marisa era nata a Iglesias, il 15 febbraio 1947, e, insieme a molte conterranee, praticava la pallacanestro con ottimi risultati. E cantava pure.

La mia curiosità era stata sollecitata dallo spettacolo che la cantautrice Grazia Di Michele aveva portato sulle scene il 16 settembre 2021, aprendo il festival di San Teodoro dal titolo “Musica dalle finis terrae-Musicultura world festival”, quattro giorni dedicati a omaggi musicali di ampio respiro, in una fusione fra i vari generi, ma anche fra suoni e parole. In particolare il suo originale progetto dedicato a Marisa Sannia, intitolato “Poesie di carta”, vede l’accompagnamento di quattro musicisti, fra cui Bruno Piccinnu alle percussioni, e la lettura di versi sia di autori sardi come Antioco Casula e Francesco Masala, sia di poeti stranieri come Garcia Lorca, i cui testi Marisa aveva rielaborato e su cui aveva composto appositamente.

Grazia Di Michele nel concerto interpreta alcuni brani dell’ultimo lavoro dell’artista, Rosa de papel, realizzato poco prima della scomparsa avvenuta a Cagliari il 14 aprile 2008, incentrato sull’opera del grande spagnolo: fra questi ricordiamo Laberintos y espejos, Aguila de los niños, El niño mudo. Ma canta anche quello che fu probabilmente il più grande successo di Marisa, Casa bianca, che la fece arrivare seconda a Sanremo in coppia con Ornella Vanoni, in quel lontano 1968.
Lo spettacolo, dopo l’estate, sta proseguendo il suo viaggio con repliche a livello nazionale.
In occasione dei 75 anni dalla sua nascita, volevo dunque riprendere il discorso su Marisa Sannia, la cui memoria mi pareva assai offuscata, e un po’ falsata dall’immagine di allora, quando la vedemmo timida e sperduta su quel palco che incute timore a chiunque, e ho scoperto che si è occupata in seguito di tante cose interessanti, diventando fra l’altro una raffinata compositrice.

In parallelo con l’attività sportiva nella squadra di basket “Karalis”, Marisa da giovanissima faceva parte del gruppo musicale cagliaritano “I principi” come voce solista, così si fece conoscere partecipando a varie competizioni canore con risultati incoraggianti. La svolta avvenne grazie al concorso indetto dalla Rai che vinse e le fruttò il contratto con la Fonit Cetra, grazie al quale avvicinò ― ricevendone la stima ― due personaggi importanti del panorama musicale: Sergio Endrigo e Luis Bacalov. Era il 1966 e Marisa poté partecipare alla trasmissione televisiva “Scala reale” con la canzone Tutto o niente.
Di lì a poco un altro brano, nato sulla moda delle cantanti ragazzine, dal titolo Dai, scritto, pensate, dalla regista Lina Wertmüller e da Bruno Canfora, celebre direttore d’orchestra. E un altro ancora che conferma la definitiva collaborazione con Endrigo: Una cartolina. L’anno seguente fu la volta della seconda partecipazione a Canzonissima, denominata “Partitissima”, mentre proseguivano le incisioni di brani, fra gli altri, di Endrigo e Bardotti. Il 1967 rappresentò un momento di risultati significativi: al Festivalbar arrivò terza e vinse il premio della critica con Sarai fiero di me. Grazie al bel fisico slanciato e al volto grazioso trovò spazio nel genere cinematografico, assai di moda, detto dei “musicarelli”; per chi non lo sapesse (o non lo ricordasse) erano pellicole di livello modesto, ma gradevoli, sentimentali, a lieto fine ― sempre ― basate su una trama fittizia e fragile legata a uno o più successi musicali del momento. In questo caso si trattò di: I ragazzi di Bandiera Gialla e Stasera mi butto, a fianco (udite udite) del giovanissimo Giancarlo Giannini. Non c’è da meravigliarsi: talvolta questi film furono il trampolino di lancio per interpreti dal brillante futuro, sia cantanti (Rita Pavone e Gianni Morandi, per citarne solo due) sia attori o attrici. Furono anche specchio di un’epoca fiduciosa e ingenua, irrimediabilmente finita, che a qualche lettrice e lettore porterà molti ricordi (Bandiera Gialla… la mitica trasmissione radiofonica e il grande successo di Gianni Pettenati).
Nel ’68, come abbiamo ricordato, Marisa debutta a Sanremo con Casa bianca scritta da Don Backy.

Fu un esordio così importante che arrivò a 500.000 dischi venduti. La canzone fu poi inserita nella colonna sonora di un vero film di qualità: Alfredo Alfredo di Pietro Germi, una consacrazione per l’artista appena ventunenne. In breve tempo propose alcuni brani interessanti, fra cui Io ti sento composto da Armando Trovajoli, pubblicò il primo 33 giri e divenne testimonial per una nota marca di dolciumi. Fece la fotomodella e l’indossatrice, non mancò neppure di comparire in alcuni fotoromanzi, genere di pubblicazioni molto popolari che oggi ci appaiono incredibilmente superate. Mentre continuava la carriera ben avviata e la partecipazione a numerosi festival italiani ed internazionali, Marisa si dedicava alla musica pop, più facile e di sicuro gradimento, ma era anche attenta a quella di qualità, fu così che eseguì canzoni di Vecchioni, Lauzi, Minghi, De Gregori e pubblicò un intero album con brani di Endrigo. Nel ’69 lanciò La compagnia di Mogol-Donida, in seguito ripresa da Lucio Battisti e Vasco Rossi, e ritornò due volte a Sanremo, nel ’70 e nel ’71. Si cimentò pure sul palcoscenico teatrale con due opere-folk di Tony Cucchiara che riscossero un notevole successo: Caino e Abele (’73) e Storie di periferia (’75). Sempre negli anni Settanta si avvicinò al genere musicale per l’infanzia, collaborando ancora con Endrigo e il grande Vinicius de Moraes, e realizzò un 33 giri con le più belle melodie tratte dai cartoni animati della Disney. Nel ’76 due eventi fondamentali: esce il primo album come cantautrice dal curioso titolo La pasta scotta e nasce la sua unica figlia, dopo il matrimonio con Mauro Di Martino avvenuto in maniera molto riservata a Cagliari l’8 settembre 1969; Marisa coglie al volo l’opportunità e decide di lasciare le scene. In varie interviste ebbe a dichiarare di essere stanca di esibirsi: chi interveniva ai concerti la voleva toccare quasi fosse la Madonna, scherzava; con le case discografiche non sempre il rapporto era costruttivo, specie quando volevano solo pezzi popolari con testi banali e avrebbero preteso per lei le nozze religiose, per accontentare il “suo” pubblico. Da persona schiva quale era, non gradiva poi interferenze nella vita privata di cui era molto gelosa. A distanza di tempo, nel 1984, tuttavia ritornò a Sanremo con Amore amore, ma non si trattò di una esibizione fortunata, anche se la riportò, pur brevemente, alla ribalta.
Da questo momento iniziano per Marisa Sannia un nuovo percorso artistico e una nuova vita, di cui forse la maggior parte di noi non sospettava l’esistenza. Continuando ad abitare nella sua terra, si era infatti avvicinata alla poesia in lingua sarda di Antioco Casula, detto Montanaru (1878-1957), e nel 1993 aveva composto la musica per i versi Sa oghe de su entu e de su mare, per cui ricevette il premio Silanus.
Nel biennio successivo fu nelle repliche dello spettacolo teatrale Memorie di Adriano con Giorgio Albertazzi, nel ruolo in precedenza appartenuto alla celebre conterranea Maria Carta.

Ancora legata alle tradizioni sarde l’esperienza del successivo disco, del 1997: Melagranàda, in collaborazione con il poeta Francesco Masala (1916-2007) e, per la parte grafica, con l’artista Maria Lai; uno dei brani di cui Marisa compose la musica, Bellita bellita, fu inserito poi nella colonna sonora del notevole film Sos laribiancos-I dimenticati, del regista olbiese Piero Livi.
Sempre nel ’97 una ulteriore conferma del suo talento di autrice con la canzone Stella che non brilla con cui vinse il festival “Bimbo Star”. Superando la propria riservatezza decise di partecipare, nel 2002, al concerto e al successivo disco che il Premio Tenco realizzò come omaggio al suo grande amico ed estimatore Sergio Endrigo; nell’occasione ne cantò il brano Mani bucate. Qualche anno dopo, alla morte del cantautore, intervenne al concerto in suo ricordo in cui eseguì La rosa bianca e Come stasera mai.
Ma la Sardegna era sempre nel suo cuore e nelle sue corde, così compose una serie di canzoni con testi in sardo e musiche sue per l’album Nanas e janas (2003) che la portarono a esibirsi di nuovo in pubblico non solo nell’isola, ma anche sul “continente” e all’estero con il recital “Canzoni tra due lingue sul cammino della poesia”.

Nel 2007 partecipò al festival di Perfugas “Mille e un nuraghe” dove unì nuovamente musica e versi, in lingua sarda, riprendendo testi di Casula e Masala, e leggendo una prosa lirica di un altro autore isolano: Giulio Angioni (1939-2017); sempre raffinata e giovanile, così riferiscono le cronache, in quella occasione e al successivo Premio Tenco volle dare un’anticipazione del lavoro che aveva in corso, proprio quello di cui abbiamo parlato all’inizio. Rosa de papel, composto da 12 brani ispirati alla produzione giovanile di Garcia Lorca, venne pubblicato postumo per la sua morte improvvisa, causata da una malattia veloce e implacabile. Pochi mesi dopo, nell’agosto 2008, le fu assegnato alla memoria il Premio Maria Carta. Bellissimo e significativo l’omaggio della straordinaria artista Maria Lai (1919-2013), che le era stata amica, quando la volle celebrare con un evento pubblico, nel settembre 2009, a Ulassai, nel piazzale di fronte al Museo di arte contemporanea-Stazione dell’arte, da lei stessa fondato e allestito con le proprie opere.
Ora il testimone è passato a Grazia Di Michele che ha avuto il merito di ridare voce e canto a Marisa Sannia, riportandola fra noi.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume e Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
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