Teoria del viaggio femminile: la turista inglese

Nel 2004 la National Portrait Gallery di Londra ha celebrato le donne viaggiatrici con una mostra dal titolo significativo: Off the Beaten Track-Three Centuries of Women Travellers (Oltre il sentiero battuto – tre secoli di viaggiatrici) che raccoglieva immagini, fotografie, testimonianze femminili di vario genere. Vi erano rappresentate più di sessanta viaggiatrici di diversa nazionalità e diverso orientamento culturale. Tutte queste ladies, avventuriere, scrittrici, pittrici, scienziate e antropologhe condividevano una forte determinazione: viaggiare, immergersi nelle realtà che osservavano e condividere, attraverso le loro testimonianze, esperienze rare, lasciando preziosi resoconti che riflettono il loro punto di vista. Con determinazione e risolutezza queste donne non hanno solo realizzato i loro desideri, ma hanno anche contribuito a legittimare il viaggio e l’odeporica femminili.

Tuttavia, fino alla metà del XIX secolo i resoconti delle donne rimangono soprattutto una curiosity, una stranezza, scritti prevalentemente da esponenti della nobiltà che viaggiavano al seguito di un consorte impegnato in una qualche missione diplomatica. È questo il caso di Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese a Istanbul: nelle sue Turkish Embassy Letters (Lettere dall’Ambasciata di Turchia) descriveva non solo il mondo segreto dell’harem, ma anche l’inoculazione del vaiolo, praticata da anziane esperte, senza purtroppo trovare alcun credito in patria. Oppure, nel caso invece di Mary Wollstonecraft, un’autrice estranea alla nobiltà, è la scelta della forma epistolare a consentirle di esprimersi liberamente, rivolgendosi con tono amichevole a una persona conosciuta per narrare il suo straordinario viaggio, e di raggiungere il successo editoriale.

L’Inghilterra vittoriana invece avverte la necessità di teorizzare sia il ruolo della viaggiatrice che quello della scrittrice di odeporica. Elizabeth Rigby, Lady Eastlake, è tra le più importanti portavoce di questa tendenza: ne incarna la mentalità del tempo, dimostrando di condividerne i presupposti di dignità e rispettabilità, anche se questo la porterà a esprimere giudizi severi su altre viaggiatrici. La sua vita attraversa tutto il XIX secolo: nata nel 1809, riceve una home education, un’istruzione privata entro le mura di casa; «artista, studiosa di arte, critica letteraria, traduttrice, saggista, filantropa, vicina senza fanatismi ai movimenti delle donne, sostenitrice della Società delle Artiste e della Società per il Lavoro femminile»: così la descrive la biografa Julie Sheldon. Compie il suo primo viaggio nel 1838, quando raggiunge Reval, in Russia (oggi Tallinn, Estonia), dove abita la sorella sposata.
Nel 1841 pubblica in forma epistolare il suo travelogue: A Residence on the Shores of the Baltic (Un soggiorno sulle spiagge del Baltico). Il libro rispetta tutti i requisiti previsti per l’opera di una lady: esce in forma anonima, per non esporre il nome del marito; è arricchito dalle illustrazioni paesaggistiche dell’autrice che, come si conviene a una giovane istruita, padroneggia opportunamente il disegno. Il successo di questo resoconto le consente di iniziare a collaborare, sempre in forma anonima, con diverse riviste. Come viaggiatrice, Lady Eastlake non raggiunge mai mete esotiche; attraversa l’Europa, insieme al marito, Sir Charles, noto pittore e studioso di arte, principalmente per acquistare opere d’arte per la National Gallery, di cui il consorte era direttore.
A Londra è animatrice dell’”Eastlake Circle”, un gruppo che riunisce molte importanti personalità. Legata per nascita a rispettabili intellettuali e artisti, si conquista un ruolo di spicco nel mondo culturale vittoriano non solo grazie alle sue capacità, ma anche grazie alla sua discrezione.

“Lady Travellers” (Signore in viaggio) è un lungo articolo del 1845, pubblicato per la Quarterly Review (Rassegna trimestrale), una delle più prestigiose riviste londinesi, in cui con pragmatismo tutto britannico l’autrice recensisce, spesso con estrema severità, una dozzina di resoconti di viaggio femminili. Per noi lettrici e lettori moderni la parte più interessante di questo scritto è la lunga premessa che definisce la sua idea della viaggiatrice. Lady Eastlake esordisce ironizzando sugli eccessi delle signore in viaggio: «Francia, Germania, Svizzera e Italia non contano più nel diario di una viaggiatrice. Trieste è il suo punto di partenza, non Dover; Costantinopoli, Gerusalemme e il Cairo le città che desidera visitare… Il cavallo ha ceduto il posto al cammello e al dromedario; il convento si è trasformato in harem; le Piramidi hanno demolito il Vesuvio; Santa Sofia ha cancellato San Pietro. Le Ladies oggi ammirano i dervisci danzanti invece dei menestrelli tirolesi; sanno meglio l’arabo di quanto le loro nonne non conoscessero il francese; e flirtano con bey e pasha, non più con conti e baroni».

Se si dimostra assai critica verso gli eccessi delle sue contemporanee, disapprovando soprattutto le signore che viaggiano nel lusso al seguito di mariti facoltosi, l’autrice è però ben lontana dal considerare inutile la presenza delle donne in viaggio, alle quali riconosce una serie di doti indispensabili in tutti gli ambienti esotici. Innanzitutto, secondo Lady Eastlake, le finalità maschili e quelle femminili all’estero sono sostanzialmente differenti: per gli uomini il viaggio è un passatempo (il termine che usa è proprio hobby) che «mette loro il paraocchi», lasciando vedere solo le «impressioni esteriori», mentre le donne «dimostrano una capacità di valutare le esperienze interiori». Inoltre, solo loro sono in grado di «notare ogni genere di dettagli», per cui sono pronte a comprendere anche gli eventi accidentali, perché dotate di maggiore sensibilità e accuratezza. Da dove viene alle donne questa capacità di osservare, annotare e rielaborare i particolari? Lady Eastlake espone con sicurezza la sua teoria: è l’esperienza di vita quotidiana, più che l’istruzione, a renderle così attente. Lo dimostra nella pratica l’odeporica femminile, che si avvale della capacità esercitata durante le attività casalinghe, «contando i punti della tela», e si traduce in una scrittura precisa e capace di comunicare, con un tocco leggero, brillante e allo stesso tempo chiaro, la verità. «Ogni paese ha una vita familiare, così come una vita pubblica; conoscere la prima è indispensabile per interpretare la seconda. Perciò ogni paese, per essere compreso completamente, necessita di cronisti di entrambi i sessi», afferma l’autrice, aggiungendo che la presenza femminile è essenziale «anche solo per il bene del pubblico lettore».

Di fronte all’obiezione riguardante la mancanza d’istruzione femminile, in primo luogo l’autrice dubita che sia così scarsa come si crede, ma soprattutto non la ritiene un elemento importante durante i viaggi; anzi, l’assenza di una finalità precisa, che deriva proprio dall’istruzione carente e occasionale, rappresenta uno dei maggiori elementi di fascino della narrativa odeporica femminile. Le donne, infine, conoscono meglio la natura umana e le lingue moderne, quindi nel complesso, per quanto riguarda il viaggiare, «la bilancia pende decisamente in favore delle donne».
Un altro aspetto particolarmente positivo è la quasi totale mancanza di responsabilità rispetto al pubblico della scrittrice, che scrive il suo resoconto anonimamente, solo per divertire i figli o compiacere una sorella più giovane, al più per soddisfare la richiesta di una scuola; il fatto di non pubblicare per la fama rende quindi le donne del tutto libere di scrivere ciò che ritengono più opportuno. Pertanto, se il lavoro risulterà divertente e grazioso, il pubblico presto dirà che è un peccato che sia anonimo; in caso contrario, la colpa ricadrà sull’oggetto della narrazione e non sull’ignota autrice.
Tuttavia, pur celato dall’anonimato, «il carattere» della turista è rivelato dal suo stile: «Le nostre country gentlewomen [signore di campagna] sono qui pienamente rappresentate, anche se accidentalmente». Lady Eastlake elenca le numerose doti della signora inglese, solo apparentemente contrapposte tra loro, ma in realtà complementari: la capacità di adattarsi a contesti esotici pur senza perdere le abitudini quotidiane; il coraggio patriottico e la naturale riservatezza; il «cuore puro» e la razionalità, la libertà d’azione e il decoro nei modi, la cultura e la semplicità, la franchezza e la maturità, il buon senso e la sollecitudine.

Infine, Lady Eastlake si fa portavoce dello sciovinismo particolarmente diffuso nell’Inghilterra del suo tempo: sottolinea il primato della viaggiatrice inglese su tutte le altre, descrivendola con una serie di neologismi che ne evidenziano sia le capacità di adattamento che la perfetta costituzione fisica: donne che si alzano presto («early-rising»), amano disegnare bozzetti («sketch-loving»), sono leggiadre camminatrici («light-footed»), di vita sottile («trim-waisted»), con cappelli di paglia («straw-hatted»), segno di semplicità in contrasto con la vanità di chi si affanna a seguire la moda. Il confronto tra la viaggiatrice britannica e quelle di altri Paesi ne conferma il primato: le tedesche sono solo capaci di osservazione interiore, per cui il lettore non apprende molto dai loro resoconti; quanto alle francesi, Lady Eastlake cita sia M.me de Staël sia M.me Dudevant, affermando che non descrivono dei veri itinerari, ma la tristezza, la solitudine del viaggio. Solo la donna inglese sa combinare «le quattro virtù cardinali del viaggio ― la dinamicità, la puntualità, il coraggio, l’autonomia». Infatti «ci sono modi di vivere per i quali la natura e l’educazione inglesi sono particolarmente adatti ― il viaggiare è uno di questi, il vivere all’estero un altro. […]

Rallegriamoci del fatto che un lungo periodo di pace, la graduale scomparsa dei pregiudizi, la forza del nostro carattere e la fiducia nell’onestà britannica non solo ci hanno permesso di raggiungere paesi prima difficilmente accessibili, ma anche comprendere e fruire delle piacevoli abitudini esotiche. […] Non ci preoccupiamo tanto di provare la superiorità intellettuale della donna inglese su tutte le sue sorelle straniere, quanto la solidità dei suoi principi e l’onestà dei suoi sentimenti, senza i quali il più brillante dei libri femminili, come la più arguta autrice, lascerebbe una sensazione di vuoto». Il suo evidente campanilismo è comprensibile solo se si considera l’espansione coloniale inglese di quel periodo, ciò la porta a concludere che «tutto ciò che rende [le inglesi] adatte a vivere nel loro paese, le rende ugualmente adatte a visitare tutti gli altri».

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Articolo di Rossella Perugi

Laureata in lingue a Genova e in studi umanistici a Turku (FI), è stata docente di inglese in Italia e di italiano in Iran, Finlandia, Egitto, dove ha curato mostre e attività culturali. Collabora con diverse riviste e ha contribuito al volume Gender, Companionship, and Travel-Discourses in Pre-Modern and Modern Travel Literature. Fa parte di DARIAH-Women Writers in History. Ama leggere, scrivere, camminare, ballare, coltivare amicizie e piante.

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