Chi pratica yoga, in tutto il mondo, utilizza i termini in sanscrito per riferirsi ai nomi delle esatte posizioni di mani e corpo che si vogliono assumere o anche di tipi di respirazioni diverse oppure di determinate sequenze di movimenti. Alcune parole non sono direttamente traducibili, perché questi suoni vengono usati appositamente per indicare un certo significato inscindibile dal suono. La filosofia dello yoga richiede l’intonazione di particolari canti di buon auspicio rituale, che in molte palestre e istituti ginnici abbiamo iniziato a conoscere, e che contengono spesso parole quali karma, pranayama, kundalini, chakra, ayurveda, namaste, om, shanti.
La maggior parte dei termini sanscriti che conosciamo in Occidente riguarda lo yoga, ma ci sono anche concetti meno noti, che fanno comprendere come possano essere espressi simbolicamente: gavisti è uno di quelli, significa letteralmente desiderio di più mucche e indica la guerra in senso lato, dato che nel periodo pastorale della società vedica il bestiame era simbolo di ricchezza, infatti durante questo periodo furono combattute molte guerre tra i vari clan che si rubavano il bestiame per arricchirsi a vicenda. Gavisti può anche significare la passione o il desiderio, teniamo presente che una stessa parola in sanscrito può avere fino a undici significati diversi a seconda del contesto!

Il sanscrito è una lingua dotta e viva, che continua a produrre una miriade di letteratura in poesia e in prosa; molto interessanti sono i particolari che fanno riferimento nella storia dello yoga. Il sanscrito più antico è quello vedico che risale agli inni dei Veda (1000 a.C.), mentre successivamente viene chiamato sanscrito classico quello delle opere Mahabharata e Ramayana (terzo secolo a.C.). Non fu mai comunque una lingua di un solo Paese, ma legata alle caste dei sacerdoti brahmana e dei guerrieri ksatryia. Veniva distinta dal prakrta, insieme delle lingue naturali parlate dalle classi incolte.
Molti praticanti di yoga, che intendono studiare il sanscrito, devono sapere che esso ha il potere di trasmettere attraverso la vibrazione delle sillabe il significato di una parola. Naturalmente non è uno studio semplice, l’alfabeto è formato da sillabe chiamate matrika (piccola madre) e ogni sillaba ha la capacità di manifestare e creare energia benefica arrivando alla vera essenza del significato della parola. È considerata una lingua meravigliosa ed evocativa che crea armonia e consapevolezza nel corpo, nella mente e nella coscienza, in quanto c’è piena corrispondenza tra il suono e il significato, che, come un idioma perfetto, vuol dire “perfezionato”.
Ci sono varie curiosità da conoscere, a partire dalla complessità del suo sistema linguistico: otto casi, verbi con diverse diatesi e sintassi sofisticata che l’hanno reso un punto di riferimento per studiare la filogenesi delle lingue europee. Viene pertanto considerata una lingua “grammaticale”, capace di analizzare ogni meccanismo linguistico e al contempo capace di modificare la sua struttura profonda, per adeguarsi alle trasformazioni del pensiero e della cultura di una civiltà.

Come lingua grammaticale e logica secondo alcuni ricercatori sarebbe l’ideale per la programmazione di software per computer (Rivista Forbes, 1987). Nel 1985 Rick Briggs studioso di Intelligenza Artificiale affermò che ha una grande somiglianza con le reti semantiche, che è capace di trasmettere concetti logici precisi per interfacciarsi coi moderni sistemi informatici. Il motivo sta nel fatto che consentirebbe di tradurre più accuratamente e senza ambiguità le frasi come se fosse un tipo di “linguaggio macchina” di tipo matematico estremamente regolare, tanto che la sua scrittura viene chiamata Devanagari o lingua degli dei.
La letteratura vedica, i testi classici dello yoga e il Vedanta sono scritti in sanscrito e così anche testi storici, astrologici e scientifici. Le parole vengono costruite a partire da un certo numero di radici, parti iniziali della parola che non cambiano, ognuna delle quali contiene un determinato significato intrinseco. Vi sono tredici vocali (svara) e 34 consonanti (vyanjana), si scrive da sinistra a destra e non sono usate maiuscole e minuscole. Le sue parole sono sintonizzate a livello sottile con l’universo vivente, capace direttamente di realizzare la verità come manifestazione cosmica essenziale.
Tutte queste caratteristiche hanno destato interesse in ambito di filologia e studi orientali, e William Jones (1746-1794), magistrato britannico, linguista e orientalista, in un celebre discorso a Calcutta nel 1786 disse che il sanscrito è più perfetto del greco, più ricco del latino e più squisitamente raffinato di entrambe.
Gli otto casi di questa lingua sono: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, strumentale, ablativo e locativo; chi ha studiato il latino e il greco vede le affinità con il latino arcaico, che ha sette casi, e quello classico, che ha sei casi, perché lo strumentale è confluito nell’ablativo.
Chi ha studiato il greco antico vede le affinità dei tre numeri, singolare, duale e plurale e dei tre generi, maschile, femminile e neutro. Anche il verbo è complesso, ma presenta delle lievi differenze; inoltre oltre all’attivo e al passivo esiste una forma media non più presente nel greco classico e nel latino.
Il sanscrito è un antico linguaggio indiano considerato l’avo della famiglia dell’Indoeuropeo. Da esso derivano molte delle lingue moderne dell’India e si venne diffondendo in Europa nel corso del diciottesimo secolo per spiegare le trasformazioni fonetiche di determinate parole, come per esempio madre, che in sanscrito è mata, in latino mater, in greco mèter, in inglese mother, in tedesco mutter.
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Articolo di Nuria Kanzian

Docente di filosofia, amante dello yoga, giornalista freelancer, musicista e scrittrice, ha pubblicato opere di poesie, sceneggiature e saggi filosofici quali Autobiografia e conoscenza del sé e Cosmologia vedica. In qualità di Presidente dell’Associazione Noumeno culture, club di pratiche filosofiche, organizza progetti di formazione nel sociale.