Maria Montessori, una vita in prima linea

Il tredicesimo volume della Collana Italiane, scritto da Adriana Valerio ricostruisce la biografia di Maria Montessori. «Pedagogista, femminista, modernista, teosofa, ambientalista pacifista, spirito libero… ma chi è stata veramente Maria Montessori?». Comincia così il libro della teologa Valerio, tra le maggiori studiose delle donne nel cattolicesimo e delle donne nella storia dell’umanità.

«Maria, Tecla, Artemisia Montessori nacque nel 1870 a Chiaravalle, in un paese della provincia di Ancona, ma la si può definire romana d’adozione dal momento che la famiglia si trasferì nella capitale quando aveva appena cinque anni». Una vita contro quella di Montessori. Contro le rigide regole sociali del tempo in cui visse, della famiglia, della storia. «Il padre la voleva insegnante, ma i genitori − scriverà Maria − non sono interessati a quello che è il bambino, ma vogliono soltanto sapere se i figli riescono ad assorbire le loro regole e norme, cioè la cultura degli adulti. In questa riuscita si racchiude la soddisfazione dei padri. E questa soddisfazione non fu concessa perché a scuola Montessori rivelò ben presto uno spiccato interesse per le materie scientifiche e, opponendosi al padre, all’età di 12 anni, espresse il desiderio di frequentare una scuola tecnica che le avrebbe permesso di iscriversi alla Facoltà di ingegneria.
Entrò così nel 1883 nella regia scuola tecnica Michelangelo Buonarroti, fino ad allora raramente frequentata da donne. Non fu facile la condivisione della vita scolastica con maschi prevenuti e non abituati alla presenza di una ragazza che, per di più, voleva essere considerata alla pari dei compagni. Ma non fu l’atteggiamento degli amici di scuola a scoraggiarla, bensì l’insegnamento che riceveva, particolarmente rigido e monotono.

Cambiò così indirizzo di studi e nell’autunno del 1890 si scrisse all’università di fisica, matematica e scienze naturali di Roma per entrare dopo due anni nella Facoltà di medicina, una delle prime donne ad essere ammessa in questo campo tradizionalmente occupato dagli uomini. Maria, in quanto donna, non poteva andare da sola all’università, ma doveva essere accompagnata dal padre e in aula poteva entrare solo quando gli altri studenti erano seduti, dovendo limitare il più possibile i contatti con loro. […] Montessori sentiva di dover lottare sia a difesa del diritto alla conoscenza − all’epoca le donne dovevano rimanere pure, cioè ignoranti − sia contro la fredda indifferenza richiesta dal positivismo; riteneva, infatti, che l’essere umano ha bisogno non soltanto di cose materiali, ma soprattutto di stimoli emotivi, di calore, di gioia, di bellezza: in sintesi, di amore.

Nel 1894 vinse il premio che la fondazione Ettore Rolli concedeva a studenti di medicina meritevoli e iniziò a fare esperienza pratica in diversi ospedali della capitale. Lavorò come assistente volontaria presso la clinica psichiatrica dell’università, diretta dal professore Ezio Sciamanna, e fu qui che nel 1895 conobbe il giovane medico Giuseppe Ferruccio Montesano, particolarmente sensibile agli aspetti sociali del malato di mente, ritenendo che in molti casi una giusta educazione potesse correggere le sue cattive inclinazioni. Anche quello che veniva marchiato dalla società come un delinquente poteva essere recuperato grazie a una pedagogia correttiva.

A Maria nel 1896, dopo aver conseguito la laurea in medicina, venne offerto un posto come assistente all’ospedale San Giovanni dove crebbe il suo interesse per i bambini con deficit cognitivi, grazie anche alla conoscenza dei metodi che Edouard Seguin aveva applicato in Francia ai disabili mentali sviluppando in loro autonomia e indipendenza.
Nell’osservare quei bambini con ritardi, comprese che potevano migliorare se aiutati con un’appropriata educazione e se messi in condizioni idonee e, inoltre, scoprì che esisteva una chiave segreta che permetteva di penetrare nel loro spirito: il rapporto diretto, fatto di comunicazione verbale e di amore. I suoi piccoli pazienti, infatti, erano attirati non tanto dal materiale che, messo a loro disposizione, doveva stimolarli, ma dalla voce di chi si rivolgeva loro. Il veicolo della voce, attraverso il quale la sollecita attenzione del medico s’incarnava, poteva raggiungere le anime nascoste dei bambini; una annotazione, questa, che significò una rottura con quell’atteggiamento distaccato che il positivismo richiedeva allo scienziato».

Adriana Valerio ripercorre la vita personale e professionale di una delle donne più importanti del Novecento. «Maria Montessori comprese subito che l’attenzione per i bambini andava coniugata con una diversa sensibilità nei confronti della condizione femminile. Non poteva rimanere estranea ai fermenti emancipazionisti di fine Ottocento. Per questo, quando, a partire dal gennaio 1899, il ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli la invitò a tenere ad aspiranti insegnanti alcune conferenze sui metodi di educazione per i bambini ritardati, Maria colse l’occasione per parlare anche di uguaglianza sessuale e della necessità di creare una “donna nuova”, invitando le donne a entrare nel campo della scienza, che non era certo nemica del genere femminile; lo erano piuttosto gli scienziati maschi che ne propagandavano un’immagine decurtata e avvilente».

Montessori «fu intellettuale libera da posizioni dogmatiche, desiderosa di conoscere, interessata alle dinamiche dello spirito e, cosa straordinaria per l’epoca, attenta allo sviluppo della vita interiore che lei vedeva presente già a partire dalla prima infanzia. La nostra pedagogista era inserita in una vasta corrente di rinnovamento orientata, da una parte, al riconoscimento dell’importanza delle scienze per il progresso umano e, da un’altra, incline a superare i vecchi modelli antropologici, perlopiù ristretti in una angusta visione religiosa, per aprirsi a ridefinire la donna nuova nel più ampio orizzonte di una spiritualità universale».

La biografia scritta da Adriana Valerio apre nuovi spunti di riflessione, rilegge le scelte di vita e di pensiero di una donna che seppe cambiare la società in cui visse aprendola a nuove visioni di vita e di libertà. Non solo educatrice e pedagogista, ma filosofa, medica, neuropsichiatra infantile e scienziata, il cui metodo educativo che prende il suo nome, è adottato ancora oggi in tutto il mondo. 

Adriana Valerio
Maria Montessori
Lucca, Pacini Fazzi 2019
pp. 77

Adriana Valerio

Laureata in Filosofia (Napoli 1975) e in Teologia (Napoli 1982) ha insegnato Storia del Cristianesimo e delle Chiese all’Università degli Studi di Napoli Federico II. È stata delegata ONU (presso le sedi di Ginevra e di Vienna) e responsabile dei rapporti internazionali per conto della St. Joans International Alliance e ha diretto per tre anni (1998-2002) il Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa delle donne. Consigliera presso la Consulta Regionale Femminile della Regione Campania, è tra le fondatrici del Coordinamento delle teologhe italiane, dal 2003 al 2007 è stata presidente dell’AFERT (Associazione Femminile Europea per la Ricerca Teologica) e presidente emerita della Fondazione Valerio per la Storia delle Donne, (2003-2013), quest’ultima nata nel 2003 dall’esigenza di incentivare e sostenere gli studi relativi alla storia delle donne nei suoi molteplici e variegati aspetti.

In copertina. Disegno Fonte Shutterstok (particolare).

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Articolo di Nadia Verdile

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Nadia Verdile è nata a Napoli, vive a Caserta, le sue origini sono molisane. Scrittrice e giornalista, collabora con il quotidiano «Il Mattino». Ha diciannove libri all’attivo, molti suoi saggi sono stati pubblicati in riviste nazionali  ed  internazionali. Relatrice in convegni e seminari di studio, come storica, da anni, dedica le sue ricerche alla riscrittura della Storia delle Donne. È direttrice della Collana editoriale “Italiane” di Pacini Fazzi Editore.

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