Nel cognome della madre

Con una sentenza storica, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime tutte le disposizioni che finora riconoscevano l’automatica attribuzione del cognome paterno ai nuovi nati.
Di fronte all’immobilismo del Parlamento, la Consulta, chiamata a intervenire in una nuova questione sollevata nell’ambito di un procedimento, partito nel 2020 a Lagonegro, in Basilicata, scrive una pagina decisiva e scardina ulteriormente un sistema che ancora oggi risultava contrastante con principi costituzionali e comunitari.
Una coppia si era rivolta al tribunale perché voleva dare al figlio solo il cognome della madre, come avvenuto per i fratelli (riconosciuti dal padre solo in un secondo momento) ma la legge non lo consentiva.

Non sono bastate le parole nette usate qualche tempo dalla Corte per dare al Parlamento la forza di compiere uno scatto di reni, nemmeno concetti come «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» o «tramontata potestà maritale non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale tra uomo e donna» oppure ancora «irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell’unità familiare».

L’ultimo intervento del 2016 aveva aperto un importante ma ancora incompleto solco verso la parità riconoscendo la possibilità, fino ad allora preclusa, di assegnare alla nascita il doppio cognome, restando tuttavia in piedi una duplice falla non di poco conto: era infatti indispensabile il consenso di entrambi i genitori (cioè del padre) e il cognome materno poteva essere solo aggiunto, mai anteposto né tanto meno utilizzato in via esclusiva. 

Un esempio concreto e personale può aiutare alla comprensione del regime esistente fino a ieri: chi scrive è padre di due figlie nate una nel 2015 e l’altra nel 2019. Alla prima non è stato possibile attribuire il cognome della madre fin dalla nascita ma ho dovuto presentare insieme a mia moglie apposito (e motivato!) ricorso al Prefetto per ottenere l’aggiunta del cognome, sottoposta alla valutazione di un Ufficio e all’attesa dei tempi e dei costi burocratici; la secondogenita, nata dopo la sentenza del 2016, ha potuto avere, invece, fin dalla nascita anche il cognome della madre, ma sarebbe bastata la mia contrarietà a impedire quella che fino a ieri era una vera e propria concessione.
Ora questa preclusione viene a cadere. Cosa accade ora.

In attesa di leggere il contenuto della sentenza, fanno sapere dall’Ufficio stampa della Corte che la regola sarà quella del doppio cognome nell’ordine che i genitori concorderanno, a meno che questi ultimi non decidano di darne uno solo, che potrà comunque essere quello della madre. In caso di disaccordo, si potrà ricorrere a un giudice che deciderà in conformità con l’ordinamento.
Restano in piedi diverse incognite su cui un Parlamento completamente ingessato rispetto ai temi dei diritti avrà il dovere di pronunciare una parola di chiarezza, soprattutto decidendo come si procederà nella trasmissione dei cognomi alle future generazioni, magari prendendo spunto da Paesi come la Spagna che da decenni seguono questa tradizione, ma intanto la notizia è di quelle belle.

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Articolo di Sergio Tatarano

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Avvocato e assessore comunale si è sempre impegnato per la promozione dei diritti individuali e delle libertà; ha promosso l’adozione del linguaggio non sessista in ambito amministrativo nonché le intitolazioni femminili di parchi. Ha pubblicato il saggio giuridico Fine vita: ragioni giuridiche a sostegno di una legge.

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