Osservando la toponomastica delle vie a Pisa possiamo notare che, come in tutte le città italiane, vi è un forte squilibrio fra le strade intitolate a uomini e quelle intitolate a donne. Ben 712, infatti, portano nomi maschili, mentre solo 45 ricordano figure femminili. Inoltre, delle 45 vie intitolate a donne, ben 15 si riferiscono a sante e beate, 4 a madonne, 1 a suore e benefattrici religiose, 1 a benefattrici laiche, 2 a figure mitologiche o leggendarie e 4 hanno toponimi riferiti a caratteristiche fisiche o mestieri tipici femminili. Solo 18 celebrano donne che si sono distinte grazie ai propri studi e al proprio talento.
Di queste 18, ben 4 sono di religione ebraica, quasi un quarto, una percentuale molto alta se si pensa che nel momento della sua massima espansione demografica la comunità ebraica pisana contava una popolazione di 600 unità sui circa 50 mila residenti a Pisa. Questa alta percentuale probabilmente è da attribuire al fatto che, in confronto alle donne cristiane del loro tempo, quelle di religione ebraica abbiano sempre goduto, all’interno della propria comunità, di maggiori diritti e opportunità: imparavano a leggere, a scrivere, avevano diritto alla proprietà della dote e a ereditare e divorziare e spesso lavoravano anche come imprenditrici in proprio. Inoltre, seppur costituisse una piccola parte dell’intera cittadinanza, la popolazione giudaica pisana ha sempre rivestito un ruolo importante nella città. Sappiamo che all’inizio del XV secolo gli strati medio alti della comunità ebraica apparivano ormai ben inseriti nella classe dirigente pisana, figurando nelle associazioni politiche e professionali, nel governo locale, nelle istituzioni in generale; cospicua, inoltre, era la presenza di docenti ebrei nell’ateneo di Pisa.

La rilevanza della comunità israelita nella città toscana a inizio Novecento era tale che fra il 1906 e il 1907 l’incarico di sindaco della città venne assolto da un ebreo, Alessandro D’Ancona. Ed è proprio fra la seconda metà del XIX secolo e l’inizio del XX che si collocano le vite delle donne delle quali portano il nome quattro strade di Pisa.
Fra di esse, un ruolo importante nell’emancipazione femminile nella società italiana lo ebbe Ernestina Paper. Fu la prima donna laureata in Italia dopo la nascita dello Stato unitario, conseguendo la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Istituto di Studi Superiori fiorentino. Nata a Odessa nel 1846 da una famiglia ebraica dell’alta borghesia, Puritz Mannassè, nel 1870 si trasferì a Zurigo, dove frequentò per tre semestri la facoltà di medicina.
L’Università di Zurigo era frequentata da molte donne dell’Est Europa, poiché, nei vari territori dell’Impero Zarista, fra cui vi era anche l’Ucraina, era concesso solo agli uomini di accedere agli studi universitari.
Nel 1872 si iscrisse all’Università di Pisa, dove frequentò la facoltà di medicina per tre anni, per poi concludere l’ultimo anno a Firenze.

Diversamente da altri Paesi europei e del Nord America, in Italia non risulta siano state introdotte norme che escludessero le donne dalle università: a tenerle lontane dalla formazione scolastica e superiore, infatti, bastarono le radicali consuetudini culturali e religiose. A tal riguardo, fra il 1877 e il ‘78, si avviò un confronto sulla questione dell’istruzione superiore per le donne, che trovò spazio sulle pagine del quotidiano La Nazione. Anche Ernestina prese parte a tale dibattito, promuovendo l’apertura di un liceo femminile a Firenze. Ernestina si può definire come promotrice di un femminismo moderato orientato in chiave emancipazionista, sebbene con prudenza; infatti, nonostante possa essere considerata di vedute progressiste rispetto al pensiero dominante dell’epoca nella quale è vissuta, la sua visione del gentil sesso era comunque influenzata dal ruolo che la società le attribuiva a fine Ottocento. In particolare, era convinta che la donna fosse nata specialmente per essere moglie e madre, tuttavia riteneva allo stesso tempo che alcune carriere professionali dovessero essere agevolate per le donne, soprattutto per coloro che lo volessero o ne avessero la necessità.
Un’altra figura femminile importante di cui porta il nome una strada pisana è Enrica Calabresi. Come Ernestina Paper, anche Enrica Calabresi non nacque a Pisa, ma fu l’università a legarla a tale città. Enrica, infatti, nacque a Ferrara nel 1891, si laureò in Scienze naturali all’Università di Firenze e insegnò Zoologia all’Università di Firenze e Entomologia agraria all’Università di Pisa.

L’essere donna non recò alcuna conseguenza negativa alla sua carriera professionale; lo stesso non si può certo dire per la sua appartenenza religiosa. Infatti, in seguito alle leggi razziali del 1938, fu dichiarata decaduta dall’abilitazione alla libera docenza di zoologia perché “appartenente alla razza ebraica”. Dal ’39 al ’43, quindi, insegnò scienze nella scuola ebraica di Firenze. Fu sua allieva anche Margherita Hack, testimone della sua cacciata dopo l’introduzione delle leggi razziali. Arrestata nel ’44 e poi condotta nel carcere di Santa Verdiana, da cui sarebbe poi stata trasferita ad Auschwitz, si sottrasse al destino del lager ingoiando il contenuto di una fialetta di fosfuro di zinco. Fu, quindi, un simbolo di grande resistenza e coraggio.
Come Enrica Calabresi, anche Myriam Nissim Plotkin, altra donna ebrea di cui porta il nome una via pisana, si oppose al fascismo e al nazismo. Infatti, insieme al marito Giorgio Nissim, svolse un’importante attività di sostegno e protezione di profughi e profughe ebree provenienti dal nord Italia e da altri Paesi europei.
Giorgio Nissim, infatti, dal 1939 svolse il ruolo di delegato della Delasem, un’associazione nata in quell’anno per l’assistenza di ebree ed ebrei stranieri profughi o internati in Italia. Essi operarono nell’area della Toscana e in particolare della Lucchesia, fornendo carte d’identità false e sostenendo le spese di sostentamento dei rifugiati.

Per la distribuzione di documenti falsi, i due coniugi poterono contare su una fitta rete di amicizie e disinteressate collaborazioni, come quella di Ferdinando Martini (onorevole lucchese, 1889-1953) e del ciclista Gino Bartali, che nascondeva nella canna della bicicletta i fogli che poi recapitava in giro per le campagne toscane, riuscendo a eludere i controlli con la scusa degli allenamenti. Oltre a questa importante opera di salvataggio di numerosi ebrei, Myriam Nissim Plotkin svolse la professione di pediatra nella città di Pisa.
Come Enrica ed Ernestina, anche Myriam, di origine lituana, fu legata a Pisa grazie all’università. Come ricordano i figli, ha allevato generazioni di bambini e bambine facendosi apprezzare e amare per la sua competenza e umanità.
L’ultima delle quattro donne di religione ebraica presenti nella toponomastica femminile pisana è sicuramente quella più legata a Pisa perché si è distinta maggiormente per la sua attività a favore della città e di chi vi abitava.

Quest’ultima nacque con il nome di Maria Fishmann a Odessa, in Ucraina, nel 1868. Come Ernestina Puritz, anche lei si trasferì in Svizzera per proseguire gli studi prima a Ginevra e poi a Berna. Infine, nel 1892 si traferì a Pisa, dove si laureò in Medicina nel 1893. Fu la prima donna laureata in Medicina dell’ateneo pisano, con una tesi in cui rivendicava una corretta formazione igienica delle donne. Come si evince già dalla tesi, fu impegnata su diversi fronti per l’emancipazione femminile: a favore del suffragio universale, contro la disparità di stipendio fra i due generi, a favore della regolamentazione della prostituzione e della ricerca della paternità per figlie e figli illegittimi.
A tal riguardo, nel 1908 presentò una tesi dal titolo La tutela dei lattanti, in cui proponeva la creazione di asili per incentivare l’istruzione e l’attività femminile fuori casa e per sconfiggere l’abbandono della prole illegittima. Si impegnò, inoltre, a favore di una corretta educazione sessuale da impartire sia alle donne che agli uomini. Diede anche vita ad alcune iniziative educative e assistenziali, tra cui l’organizzazione di un ricreatorio per i figli e le figlie dei richiamati, l’istituzione di una colonia scolastica a Marina di Pisa e l’organizzazione di un servizio di assistenza materna presso la clinica pediatrica.
Ripercorrendo la vita delle quattro donne ebree ricordate dalla toponomastica pisana, possiamo vedere che esse hanno lasciato un’impronta importante nella città e nella storia dell’emancipazione femminile; da Ernestina Paper, che fu la prima laureata in Italia e che promosse l’apertura di un liceo femminile a Firenze, rappresentando un esempio da seguire per tante donne che sognavano di realizzarsi al di fuori dell’ambito domestico, a Maria Fishmann, che si impegnò su numerosi fronti per promuoverne l’emancipazione femminile. Esse, in quanto donne ebree, condivisero gli svantaggi legati al proprio genere di appartenenza in Italia, con l’ulteriore fardello di essere parte di una minoranza doppiamente discriminata. Alcune di loro ebbero la sfortuna di assistere e essere vittime delle leggi fasciste contro gli ebrei. Nonostante ciò, non si piegarono di fronte e tali imposizioni, rappresentando un esempio di coraggio e resistenza, come Enrica Calabresi, e aiutando altri ebrei a sfuggire alla deportazione, come Myriam Nissim. Esse, quindi, meritano di essere ricordate e stimate sia per i traguardi professionali che sono riuscite a raggiungere e per la loro azione a favore dell’emancipazione femminile sia per il loro contributo e la loro opposizione alla discriminazione razziale, che subirono sulla propria pelle.
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Articolo di Francesca Ricci

Nata a Pisa il 24 Aprile 1996, si diploma al Liceo Classico e, in seguito, si Laurea in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Pisa. Nutre una grande passione fin da piccola per temi geografici e antropologici. Manifesta grande interesse anche per la fotografia documentaria legata a temi antropologici e a tal riguardo segue da qualche mese un corso di foto-giornalismo.