Pochi campi di studio sono caratterizzati dalla distanza fra mondo accademico e mondo reale come quello degli studi di genere. Chi fino all’avvento del web 2.0 non aveva mai neanche pensato potesse esistere una differenza fra genere e sesso biologico rimane sconvolto quando legge definizioni di parole mai sentite prima di allora: non binary, binarismo di genere, intersessualità, terzo genere. Per un profano, il panorama del dibattito sul rapporto fra genere, sesso biologico e società oggi è una palude, in cui si continua a rimanere impantanati da notizie esagerate o mal riportate, ricerca di sensazionalismo, e vere proprie menzogne.
Anche per una persona più esperta, destreggiarsi fra nuove definizioni e differenze culturali nell’espressione di mascolinità e femminilità non è sempre facile. E sempre più numerosi sono coloro che si stanno approfittando della confusione sull’argomento per poterne trarre vantaggi personali.
Come mostrano i dibattiti infuocati attorno alla possibile introduzione di desinenze neutre nelle lingue che non hanno un genere grammaticale neutro, sul transgenderismo, sulle persone che scelgono volontariamente un aspetto androgino e che rifiutano di identificarsi come solo uomini o solo donne, è più che mai necessario riportare ordine, e cercare di colmare la distanza fra il mondo accademico e quello profano.
Vediamo di sfatare alcuni miti:
Genere e sesso biologico sono la stessa cosa.
È ormai comunemente riconosciuto anche negli ambienti più conservatori che identificare il genere con il solo sesso biologico sia una definizione limitante, se non sbagliata. Per quanto biologicamente non si discuta che nella specie umana si possa essere solo maschi e femmine – anche se il dibattito sul considerare gli intersessuali, ossia le persone nate con caratteristiche biologiche di ambo i sessi, un terzo sesso, non si è mai esaurito del tutto – dal punto di vista del genere, è ben più difficile definire cosa renda ‘donna’ una donna e un ‘uomo’ un uomo. Le società cambiano nel tempo, e con esse cambiano le definizioni da dare a ogni ruolo al suo interno, e ciò include cosa definisce donna e uomo. Ciò che oggi pensiamo sia unico delle donne un tempo o in altri luoghi può essere associato agli uomini, e viceversa. L’aspetto biologico influenza sicuramente l’aspetto culturale, ma non lo determina.
Il terzo genere è un’invenzione delle nuove generazioni per sentirsi speciali.
Falso. L’idea di poter andare oltre il femminile e il maschile è sempre stata presente in tutte le culture, basti pensare al mito dell’androgino. Non è neanche invenzione odierna l’essere non-binary, un termine ombrello che indica persone che non si identificano nel binario uomo-donna. Le culture non europee hanno tutte, in gradi diversi, un terzo genere: persone né solo donne né solo uomini, spesso associate a riti religiosi, e tenute in gran conto dalla loro comunità.
Nelle epoche passate tutto questo non c’era. È sicuramente solo una moda passeggera.
Falso. La narrazione attorno al terzo genere è inesorabilmente legata al mondo LGBT+, in quanto non conforme all’idea di uomo o donna eterosessuale che si identifica pienamente col proprio sesso biologico: se le persone LGBT+ sono ostracizzate o apertamente discriminate, è difficile riuscire a parlare anche del terzo genere.
Oggi, internet ha offerto spazi in cui poter esprimere il proprio non binarismo senza ripercussioni nella vita reale. Non essendo spazi chiusi, anche le persone che mai prima di allora avevano sentito parlare del terzo genere si imbattono in queste comunità online: c’è chi ha un senso di rigetto nei loro confronti; chi sente di essere riuscito finalmente a dare un nome ad una sensazione che lo accompagna da tutta la vita; la maggioranza è molto confusa, e cerca informazioni altrove.
Internet non ha creato un fenomeno: ha dato la possibilità a persone con simili caratteristiche di riunirsi in comunità e, per la prima volta, li ha messi sotto gli occhi del mondo senza che qualche censura potesse intervenire prima.
Ed è proprio dall’incontro con queste comunità online che nasce la mia curiosità sulla loro storia prima dell’avvento di internet. Inizialmente sono mere ricerche su Wikipedia, un cliccare su link dopo link senza seguire una logica. E più leggo più questo argomento mi affascina, al punto che decido di portarlo come argomento di tesi.
È un progetto significativo per una laurea triennale: analizzare la storia del terzo genere nel continente europeo, a partire dall’antichità fino ai tempi odierni.
In italiano c’è molto poco, ma il materiale in inglese è sconfinato: la maggior parte della mia bibliografia sarà in lingue straniere, segno di quanto gli studi di genere ancora fatichino a trovare il loro posto in Italia.
Perché limitarsi al continente europeo?
Salvo per una questione di vicinanza culturale e la reperibilità delle fonti, ad una ricerca anche veloce salta subito all’occhio una peculiarità, per quanto riguarda l’Europa: non è che le culture europee non hanno un terzo genere, è che lo hanno represso o forzato nel binario uomo-donna.
È un unicum, rispetto ad altre culture non europee. L’androginia è vista con fascino misto a spavento: è accettata entro certi limiti nel campo artistico e letterario, ma appena c’è anche solo il rischio che sia visibile nel quotidiano subito viene repressa.
Inoltre, solo in Europa si assiste al ruolo decisivo della medicina: con la rivoluzione scientifica, la scienza inizia prendere il posto della religione nel determinare cosa sia appropriato o no; il peccato diventa patologia.
Il/la sodomita, la persona che compie atti sessuali senza il fine procreativo, diventa l’omosessuale o la tribade: condizioni patologiche che provocano pulsioni sessuali verso persone del proprio sesso. I corpi vengono ispezionati alla ricerca di malformazioni, sono determinate misure standard dei genitali sotto i quali si deve parlare di persona appartenente ad un terzo sesso.
Nel frattempo, viene scoperto il legame fra le gonadi, le ovaie e i testicoli, e la riproduzione. Quando vengono scoperte persone con gonadi di entrambi i sessi, i rigidi canoni di rispettabilità e divisione dei generi causano una frenetica ricerca di ulteriori differenze biologiche fra uomo e donna. Quando queste differenze non sono nette, ma determinate da quantità variabili, la scienza medica diventa ancora più smaniosa di cercare altre caratteristiche determinanti dell’essere biologicamente uomo o donna.
Non c’è ancora differenza, in questa epoca, fra orientamento sessuale, sesso biologico e genere: tutto viene racchiuso in un terzo sesso, che identificava chiunque non fosse eterosessuale e conforme a determinati canoni per essere considerato maschio o femmina.
Ovviamente, l’opinione dei pazienti non viene mai neanche presa in considerazione. Le conseguenze, spesso, erano per loro drammatiche, come mostra il caso di Herculine Barbin: le venne assegnato in genere femminile alla nascita, e fu cresciuta come una donna; raggiunta la pubertà non ha le mestruazioni, è molto alta e robusta per essere una donna, ha tratti insolitamente spigolosi. Il medico che l’ha in cura, Ambroise Tardieu, si insospettisce e fa esami più profondi, ed ecco la scoperta: Herculine non ha ovaie, ma testicoli. È in realtà un uomo, afferma Tardieu, e senza il benché minimo riguardo per la privacy della sua paziente, manda il suo fascicolo medico a tutti i dottori della Francia. La notizia giunge alla stampa, che impazzisce quando si scopre che Herculine, che hanno ribattezzato l’ermafrodita, ha una relazione con un’altra donna. Vengono coinvolti i giudici, che obbligano Herculine a cambiare nome e a vestire abiti maschili.
Herculine cerca di opporsi a tutto questo: non si sente uomo, non vuole vivere come un uomo, anche se ama altre donne. Sotto il peso mediatico, della morbosa curiosità dei medici, e della povertà in cui il ‘successo’ l’aveva lasciata, Herculine porrà fine alla sua vita.
Ed è qui che bisogna ricordarsi che questi dibattiti coinvolgono persone reali, che non possono essere ridotte alla loro storia medica, e le cui voci e storie devono essere amplificate.
La storia dell’intersessualità, del transgenderismo e del travestitismo sono intrinsecamente legati a quella dell’omosessualità, per quanto non siano da confondere li uni con l’altro. Ed è per questo che la mia tesi ha un così ampio spettro di argomenti trattati.
Il primo capitolo è una introduzione che fornisce definizioni, un breve confronto con le culture extra europee, e pone i quesiti a cui la tesi si propone di rispondere.
Il secondo capitolo è dedicato all’Europa precristiana, ai tanti miti che hanno come protagonista un androgino e di come, nella vita reale, qualunque manifestazione di un possibile ermafroditismo fosse legato al mostruoso e all’ira divina. Vengono inoltre spiegate le prime teorie mediche nate per spiegare l’esistenza degli ermafroditi.
Il terzo capitolo è dedicato al Medioevo e al Rinascimento. Sono illustrate la sorprendente androginia dei santi e delle sante cristiane, il travestitismo nella letteratura e in casi reali, e il problema posto dalla Genesi sulla vera natura sessuale dell’uomo. Nel Rinascimento, l’ambiguità di genere gode di ottima fama nella letteratura, nell’arte e nei teatri, mentre si moltiplicano i casi di donne scoperte a vivere come uomini.
Il quarto capitolo è dedicato alla rivoluzione medica del XVII secolo: la scienza comincia a sostituire la religione nel dettare quali siano i buoni comportamenti, riponendo fin troppa fiducia nel metodo scientifico. Il peccato diventa, lentamente, patologia. L’androginia continua a godere di grande successo nel campo artistico.
Nel capitolo quinto, che parte dal XIX secolo e finisce dopo la Prima guerra mondiale, si dimostra come il nazionalismo abbia profondamene influenzato i ruoli di genere. Il caso di Herculine Barbin segna l’avvento dell’uso della medicina per patologizzare chiunque non fosse eterosessuale e si identificasse a pieno nel ruolo di genere assegnatogli alla nascita. L’omossessuale sostituisce il/la sodomita. L’antropologia criminale crede di poter identificare un omosessuale o una lesbica semplicemente analizzando il loro aspetto. Nel mentre, il nazionalismo esaspera la mascolinità e la femminilità. È l’inizio di una vera e propria paranoia verso tutto ciò che non poteva essere ricondotto al binario uomo-donna.
Nel sesto capitolo si affronta il XX secolo. Viene mostrato il caso di Lily Elbe, la seconda donna transgender ad aver subito un’operazione di cambio di sesso. L’avvento dei fascismi arresta qualunque progresso sugli studi di genere, che si spostano negli Stati Uniti d’America. Qui, dal dopo guerra a oggi, si concentrano la maggior parte degli sudi sull’argomento.
Il capitolo settimo è dedicato alla questione della rappresentanza nei media contemporanei, al fenomeno del bury your gays, e della richiesta di una migliore rappresentazione delle minoranze.
L’ultimo capitolo è dedicato alle mie conclusioni. Segue una appendice di immagini che bene illustrano lo sviluppo dell’androgino in Europa nel corso del tempo.
Qui il link alla tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/164_Pulcini.pdf
***
Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.