Presso il Collegio Ghislieri di Pavia si è svolto un interessantissimo convegno di studi dal titolo Scrittrici italiane dal Novecento a oggi, realizzato dall’Associazione Zefiro di Monza, in collaborazione e con il patrocinio del Collegio pavese. Le giornate di studio, 12 e 13 maggio 2022, hanno visto la partecipazione di diversi relatori e relatrici delle università e docenti di scuola superiore nel pubblico. Il convegno è avvenuto in presenza e contemporaneamente in modalità on line, favorendo la partecipazione anche di chi non ha avuto la possibilità di essere in presenza, come nel mio caso.

Ho seguito entrambe le giornate con interesse e grande curiosità verso gli spunti che ne sarebbero derivati, ma soprattutto verso le modalità di approccio alle opere delle scrittrici proposte in relazione alla loro non del tutto sufficiente, se non scarsa, visibilità nel panorama di studi e di ricerche e nel canone proposto nelle scuole. È stata un’esperienza formativa arricchente e di pregio, che condivido con entusiasmo, nella speranza che ci possano essere sempre più occasioni di condivisione e crescita professionale di questo livello, soprattutto per noi docenti di scuola superiore. A tal proposito, la partecipazione a questa preziosa occasione ha consolidato ancor di più in me la convinzione che la formazione e l’aggiornamento degli e delle insegnanti debbano essere ambiti imprescindibili per chi svolge questa professione, ma liberi da logiche aziendalistiche di mercato, sempre più imperanti oggi nella scuola, bensì indirizzati verso il consolidamento culturale, civico e sociale di docenti e studenti, perché la scuola è «luogo di elaborazione culturale e di trasmissione dei saperi, di crescita umana, di rapporti autentici e significativi» (cito dal Manifesto per la nuova scuola, elaborato da un gruppo di insegnanti di tutta Italia insieme a esperti dell’età evolutiva, sottoscritto da docenti di università e intellettuali come Alessandro Barbero, Luciano Canfora, Mario Capasso, Ivano Dionigi, Chiara Frugoni, Carlo Ginzburg, Francesco Guccini, Edoardo Lombardi Vallauri, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Ana Millán Gasca, Tomaso Montanari, Filippomaria Pontani, Adriano Prosperi, Massimo Recalcati, Lucio Russo, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky).
Degli undici interventi ben otto erano di donne. Attraverso relazioni chiare, interessanti, ricche di spunti di ricerca e riflessione, il tempo è trascorso veloce e l’ascolto è stato appassionante. Grazie agli interventi di Pietro Cataldi, Laura Fortini, Silvia Zangrandi, Giovanna Rosa, Beatrice Manetti, Monica Farnetti, Riccardo Castellana, Raffaele Donnarumma, Marianna Marrucci, Elisa Gambaro, Isabella Pinto, si sono approfonditi aspetti delle opere di Amelia Rosselli, Grazia Deledda, Elsa Morante, Maria Bellonci, Antonia Pozzi, Natalia Ginzburg, Clara Sereni e in ultimo Elena Ferrante. Si sono, inoltre, svolti un excursus sulle poete del secondo Novecento, alcune giovanissime e viventi, e un itinerario sulla forma del “narrar breve” attraverso figure come Anna Banti, Maria Corti, Anna Maria Ortese, Caterina Percoto. Hanno moderato Giuseppe Antonelli e Daniela Bini, mostrando cura e attenzione anche per coloro che erano collegati a distanza.
Premesso che ogni intervento è stato prezioso e pregiato per gli addetti e addette allo studio della letteratura, le relazioni che, a mio avviso, sono risultate particolarmente incisive per una rilettura di genere sono state quelle di Cataldi, Donnarumma, Castellana e Zangrandi. L’intervento del prof. Pietro Cataldi (Università per stranieri di Siena) intitolato Cambiare prospettiva: le donne della letteratura, è stato come una boccata d’ossigeno: partendo dalla considerazione che si debba aggiornare e ampliare il cosiddetto canone letterario, Cataldi ha affermato quanto sia assolutamente necessario operare un cambio di prospettiva per coloro che insegnano letteratura, ovvero mettere in rilievo quanto il modello patriarcale abbia provocato ferite enormi nelle nostre società, che continuano a sanguinare ancora oggi. Si è fatto riferimento all’episodio degli Alpini che nel corso di un’adunata svoltasi dal 5 all’8 maggio tra Rimini e San Marino, hanno praticato molestie fisiche e verbali contro decine di donne: Cataldi ha definito «scempio» il loro comportamento. Ha, inoltre, sottolineato come anche l’uso del linguaggio corretto e adeguato contribuisca a un cambio di passo: quando si afferma di voler essere nominate direttore e non direttrice, in realtà non si sta difendendo il buon gusto, ma un modello precostituito e mai messo in discussione, e per chi è privilegiato essendo maschio, etero, bianco e ricco è difficile poter intravedere con attenzione le disuguaglianze.
Nell’ambito della letteratura, Cataldi ha evidenziato tre snodi fondamentali da cui partire per una decostruzione degli stereotipi di genere:
1. il riconoscimento della violenza patriarcale perpetrata in moltissime opere letterarie;
2. la minorizzazione delle donne nel canone letterario e dunque, di contro, la disponibilità a riconoscere il valore delle donne;
3. la riconsiderazione delle poetiche, poiché le scrittrici da sempre si sono dovute adattare a poetiche elaborate da uomini.
Mi soffermerei in modo particolare sul primo punto, per il quale Cataldi ha condotto un percorso di rilettura di genere di alcuni grandi classici della letteratura che mi è piaciuto moltissimo e che io stessa da docente ripropongo ai miei e alle mie studenti. Le pastorelle, dunque, sono componimenti medievali che raccontavano di violenze, del diritto feudale dei cavalieri a usare le donne popolane, diventato diritto reale degli uomini a sfruttare qualsiasi donna che non fosse socialmente pari a loro; I Promessi sposi sono un romanzo di stupro mancato – don Rodrigo vuole possedere Lucia – così come l’opera Pamela di Samuel Richardson; l’Orlando furioso ci mostra le peripezie di Angelica, una donna letteralmente perseguitata che fugge da uomini che la vogliono violentare; nella Gerusalemme liberata di Tasso, Tancredi compie un vero e proprio femminicidio nei confronti di Clorinda, dalla cui morte comincia l’ascesa vittoriosa dei cristiani e la storia ci viene mostrata secondo il punto di vista che è solo quello di Tancredi; D’Annunzio, nel Trionfo della morte, attua l’omicidio-suicidio come punizione della donna che lo ha trascinato in un rapporto di soggiogante lussuria; Zeno Cosini si mostra come personaggio patriarcale in modo imbarazzante. Questi esempi – e non solo – dimostrano quanto si possa avere la possibilità di provare a non essere complici di questa cultura androcentrica, storicizzando le opere, ma nello stesso tempo evidenziando gli abusi di genere al fine di denaturalizzarli: questo non può che accrescere il valore delle opere stesse – afferma Cataldi – e ci permette di poter dare diritto di parola alle personagge della letteratura, conferendo loro valore di extralocalità, come suggeriscono gli studi di Michail Bachtin: «Nel campo della cultura, l’extralocalità è la più possente leva per la comprensione. Una cultura altrui, soltanto agli occhi di un’altra cultura si svela in modo più completo e profondo (ma non in tutta la sua pienezza, poiché verranno ancora altre culture che vedranno e capiranno ancora di più). Un senso svela le proprie profondità, se si incontra ed entra in contatto con un altro, altrui senso: tra di essi comincia una sorta di dialogo, che supera la chiusura e l’unilateralità di questi sensi, di queste culture» (da M. Bachtin, L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze umane, Einaudi, Torino 1988). Insegnando la letteratura e leggendo i testi in questa prospettiva, renderemmo un grande servizio alla visibilità delle donne nella storia, ma soprattutto – come suggerisce il prof. Cataldi – mostreremmo agli occhi delle giovani generazioni come non naturali e intrinseci tutti gli abusi, le violenze, i condizionamenti, l’oblio culturale che le donne subiscono dagli albori dell’umanità. E ciò non è poco, perché «il diritto di rappresentare l’universale lo abbiamo riconosciuto solo ai maschi, ora dobbiamo darlo alle donne se non vogliamo essere sordi e ciechi» (Cataldi).
Una relazione molto originale è stata quella della prof.a Silvia Zangrandi (Università Iulm di Milano), incentrata sull’analisi del romanzo Annalena Bilsini di Grazia Deledda. Zangrandi mette in rilievo in modo efficace e accattivante la connessione vitale tra natura ed essere umano che permea la poetica di Deledda. La natura come organismo autonomo rispetto agli esseri umani è, infatti, una protagonista assoluta dell’opera della scrittrice sarda. La protagonista del romanzo, Annalena, è una figura femminile forte, giovane, risoluta, una matriarca che lotta per difendere la natura dai soprusi dell’uomo: così, sullo sfondo del paesaggio padano-emiliano, Annalena incarna i valori primigeni dell’umanità, ovverosia la terra e il lavoro, e restituisce la bellezza di un’esperienza profondamente ecologica e moderna – come rilevato dalla prof.a Zangrandi – che emerge da altre opere di Deledda, come Canne al vento, Cenere, Il vecchio della montagna, in cui ritroviamo, attraverso i protagonisti e le protagoniste delle vicende, quel senso di profonda saggezza ecologica che mostra come proteggere la natura significhi prendersi cura di noi esseri umani stessi/e. Dunque, la letteratura in questo caso assolve alla sua funzione di attivatrice della «percezione del rischio» di perdita dell’armonia biologica tra natura ed esseri umani: un tema estremamente contemporaneo che si può esplorare e approfondire in ottica interdisciplinare con studenti a scuola e in università.
Non posso non fare menzione, altresì, dell’illuminante relazione sulla poesia di Antonia Pozzi del prof. Riccardo Castellana (Università di Siena), intitolata «Altre cose intendo»: aspetti della poesia di Antonia Pozzi. Partendo dalla Prefazione di Eugenio Montale all’edizione delle poesie di Pozzi intitolata Parole, Castellana rileva come l’analisi del grande poeta novecentesco, pur avendo il pregio di accendere, finalmente, i riflettori sulla poesia scandalosamente trascurata e dimenticata della giovane poeta milanese, ignora però il fatto che l’elemento confessionale che la caratterizza non sia affatto prerogativa della poesia femminile, perché non dipende dal genere: «dire che la poesia femminile è intimistica ha senso quanto dire che la poesia maschile è più assertiva. Archiviamo questo stereotipo» (Castellana). Lo studioso invita a leggere la poesia pozziana in chiave non solo strettamente biografica o come puro sfogo lirico, ma limitandosi a percepire il dato del testo che può dirci molto di questa poeta, non ancora del tutto ampiamente esplorata. A riguardo, potentissimo è il ruolo dell’eros all’interno dei versi di Antonia Pozzi, che non possono essere analizzati solo con la lente della sua sofferente esperienza amorosa, ma portano in sé qualcosa di molto più profondo, universale: l’eros è dedizione assoluta all’altro, ma nello stesso tempo annientamento di sé, minato dall’impossibilità e dalla tristezza, fino all’estrema rappresentazione gelida del suo corpo nudo, statico, mortuario: «E un giorno nuda, sola,/stesa supina sotto troppa terra,/starò, quando la morte avrà chiamato», da Canto della mia nudità.
Sulla stessa linea di riscoperta e rilettura meno superficiale delle poete si colloca l’intervento del prof. Raffele Donnarumma sull’invito alla lettura di Amelia Rosselli, dal titolo Leggere Amelia Rosselli. Poeta non facile e straordinaria, Rosselli si colloca nel panorama del Novecento come figura di indiscutibile valore, eppure – sottolinea il prof. Donnarumma – risulta grave che nelle indicazioni ministeriali per i programmi della scuola superiore compaia solo il nome di Elsa Morante. Donnarumma si sofferma in modo particolare sull’analisi della poesia Tutto il mondo è vedovo, componimento che chiude la raccolta Variazioni belliche del 1964, mostrando come non sia scontato considerarla una poesia d’amore se, alla luce della biografia di Amelia, leggiamo quel tu non solo come riflesso di Rocco Scotellaro: in realtà Rosselli mette insieme sullo stesso piano tutte le figure maschili che si possono intravedere nei suoi versi (padre, fratelli, amante).
Tutte le altre relazioni sono state interessanti, accurate nelle analisi, di ampio respiro e aperte a riflessioni e discussioni, così come un convegno di studi si speri possa sempre essere: un volano di interpretazioni e confronti fecondi tra il mondo universitario e il mondo della scuola.
La registrazione completa del convegno può essere riascoltata al canale YouTube del Collegio Ghislieri (https://www.youtube.com/user/collegioghislieri/videos).
Quando la sinergia tra coloro che si occupano di studi e ricerche letterarie si apre e si offre ai/alle insegnanti della scuola superiore, il risultato di eccellenza è garantito. Auspichiamo ci possano essere molte altre occasioni di arricchimento culturale come questo convegno, il cui pregio è stato soprattutto aver mostrato come sia possibile ripensare la storia spostando il focus interpretativo incentrato sul patriarcato, ridando dignità artistica alle donne della letteratura in qualità di autrici e di personagge.
In copertina: Natalia Ginzburg.
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Articolo di Valeria Pilone

Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.