Veronica Stolte-Hèiskanen (1934-1994) rappresenta un moderno esempio di cosmopolitismo culturale. La sua biografia apolide s’intreccia con la storia internazionale e i suoi mutamenti; è nata a Budapest, ma dopo la Seconda guerra mondiale, la sua famiglia è fuggita prima in Germania, poi negli Stati Uniti; dopo aver studiato alle Università di Columbia e Chicago, si è trasferita in Finlandia, dove ha sposato un collega finlandese. È stata una vera ambasciatrice della sociologia finlandese, pioniera degli studi scientifici empirici e un’esperta riconosciuta a livello internazionale in studi sociali su scienza e tecnologia.

Come studiosa, ha collezionato più di un primato: ha conseguito il dottorato nel 1967 come seconda sociologa presso l’Università di Helsinki, ed è poi diventata professoressa di Sociologia presso l’Università di Tamperèn ylìopisto nel 1982, e prima vicerettrice della stessa università nel 1990. Ha presieduto come prima donna l’associazione professionale dei sociologi finlandesi, la Società Westermarck, nel periodo 1974-1977 ed è stata eletta al Comitato esecutivo dell’Associazione Internazionale di Sociologia.
Veronica Stolte-Hèiskanen ha influenzato in modo significativo e in molte sedi la nascita e l’ampliamento della ricerca scientifica e tecnologica in Finlandia; ha studiato infatti la valutazione della ricerca, l’utilizzo dei suoi risultati, l’etica della ricerca, i problemi rilevabili nei sistemi di ricerca dei piccoli Paesi e la posizione delle donne nella scienza.
Pioniera e accanita sostenitrice dell’analisi scientifica, ha dedicato parte della sua riflessione sociologica alla potenziale ‘incompatibilità’ tra il ruolo della donna nella sua duplice funzione di scienziata e di moglie-madre cui compete il lavoro produttivo e riproduttivo. Nell’immaginario collettivo, infatti, prevaleva, e in gran parte prevale ancora oggi, la retorica della scelta dirimente per una donna che decide di intraprendere il percorso scientifico, ‘avulso’ da responsabilità familiari.
Nel 1983 pubblica, con Terttu Luukkonen-Gronow, un fruttuoso lavoro dal titolo Myths and Realities of Role Incompatibility of Women Scientists (Acta Sociologica),in cui analizza la presunta incompatibilità dei ruoli nell’unire una carriera nel campo della scienza con quello di poter costituire una famiglia; ciò spiegherebbe la disuguale posizione femminile nella scienza. Attraverso dati empirici, analizza storie di vita di scienziate, le loro responsabilità familiari e la partecipazione professionale nella comunità scientifica. I dati sono il frutto dell’indagine su un campione di giovani ricercatrici dell’Accademia di Finlandia, che comprende sia donne che uomini da un lato, mentre dall’altro si giova delle risposte all’annuncio comparso su un giornale da parte di un eterogeneo spaccato di scienziate. Le evidenze a cui lo studio giunge sono ben lontane dal dimostrare incompatibilità tra la ricerca scientifica e la famiglia: seppure il carico di lavoro risulti ovviamente maggiore, si dimostra che il matrimonio, ma anche una relazione affettiva stabile, sembra avere un effetto positivo sulla vita professionale delle scienziate. Sia nel caso delle donne che degli uomini, infatti, l’essere in relazione rappresenta un vantaggio.
Questo approccio, come ricorda in dettaglio Alessandra Sannella, docente di Sociologia all’Università di Cassino e Lazio Meridionale, estimatrice della studiosa, ha riguardato anche molti degli studi di Veronica Stolte-Hèiskanen che nel 1991 ha svolto una straordinaria ricerca transnazionale; ha proposto, infatti, un’analisi sulla situazione delle donne nella scienza in 12 Paesi europei, tra cui quelli dell’Europa orientale ed ex comunisti, tra cui il suo luogo di nascita (Jugoslavia, Ungheria, Bulgaria ma anche Grecia e Turchia) di cui, alla fine del secolo scorso, poco si sapeva riguardo alla partecipazione femminile alla scienza. La sua attenzione è rivolta ad analizzare gli ostacoli e le opportunità che vengono proposte alle donne nell’accesso a posizioni di responsabilità. Il suo lavoro è stato condotto dal Centro di coordinamento europeo per la ricerca e la documentazione delle scienze sociali, quindi pubblicato con il titolo Women in science: token women or gender equality? in collaborazione con Rǔza Fürst-Dili
for the European Coordination Centre for Research and Documentation in Social Sciences. Considerando le donne come preziose risorse scientifiche e tecnologiche nazionali, ogni articolo descrive la situazione in un particolare Paese, oltre a identificare le tendenze generali che si traducono in ostacoli che impediscono l’occupazione femminile e i programmi che in quelle società tendono invece a promuoverlo.
Il percorso degli studi e l’originalità della sua ricerca sono andati di pari passo con le spinte femministe europee e americane, e i passi in avanti dell’Unione europea. Grazie anche all’impegno di Urho Kekkonen, eletto Presidente della repubblica nel 1956, schieratosi a favore della neutralità in campo internazionale, la Finlandia ha potuto ospitare infatti nel 1975 la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, mentre il nuovo Presidente, Mauno Koivisto, ha sviluppato la politica che ha consentito alla Finlandia di agganciarsi all’Europa, con l’ingresso nel Consiglio d’Europa nel 1989 e nell’Unione europea nel 1995, un anno dopo la morte della studiosa.

Il 1975, dichiarato l’anno internazionale della donna dall’Onu, è anche l’anno in cui inizia il ciclo delle Conferenze internazionali sulla donna che hanno stabilito un confronto fra la situazione nei Paesi europei, nord-americani e in quelli allora definiti in via di sviluppo; le Conferenze hanno offerto quindi uno scenario internazionale per affrontare i numerosi e diversi problemi legati alla questione femminile; dal 1975 è partito il decennio delle Nazioni Unite per la donna, «sembra su ispirazione di una parlamentare finlandese presidente di una associazione femminile non governativa» (Ginevra Conti Odorisio). La prima Conferenza si è svolta a Mexico City, purtroppo oggi ricordato come uno dei luoghi a più alta densità di femminicidi e violenza sulle donne, la seconda a Copenhagen nel 1980, la terza a Nairobi nel 1985, l’ultima, conclusiva, come è noto a Pechino nel 1995. L’azione dell’Onu s’intreccia con quella dell’Europa; nel quarto programma d’azione della Comunità europea, iniziato nel 1982, che va dal 1996, quindi subito dopo Pechino, al 2000, fra le asimmetrie inaccettabili per le democrazie, quali il persistere delle disparità salariali, la disoccupazione femminile, accentuatasi dopo la pandemia, la femminilizzazione della povertà, anch’essa una costante, le violenze contro le donne passate da emergenza a problema strutturale, vengono annoverati il persistere di stereotipi sessisti e la rigidità di ruoli fra vita pubblica e privata. Quella presunta incompatibilità dunque già sottolineata da Veronica Stolte-Hèiskanen nei suoi studi sulla struttura sociale, i modelli familiari, le influenze interpersonali in relazione ai gruppi di ricerca, la produttività e le problematiche di valutazione.
In Italia, su equità e pari opportunità nell’apprendimento delle scienze e nella valutazione delle ricerche condotte da donne, abbiamo avuto fra le più attive rappresentanti Rossella Palomba, demografa sociale, direttrice di ricerca presso l’Irpps; si è occupata per più di trenta anni di pari opportunità, coordinando progetti di ricerca nazionali ed internazionali nel campo delle politiche sociali, equità e pari opportunità di genere nelle carriere scientifiche, per l’abbattimento degli stereotipi sulla scienza e le/gli scienziate/i. Nel suo libro Le figlie di Minerva (2003), anche in edizione inglese, ha esaminato la cooptazione maschile nei gruppi di ricerca diretti da uomini ampiamente finanziati e accreditati nei diversi settori scientifici. Durante la sua carriera al Cnr, è stata componente del gruppo di esperti Ec su Genere e Eccellenza scientifica e Ambasciatrice Eu per le pari opportunità nella scienza, ruolo analogo a quello rivestito da Veronica Stolte-Hèiskanen. In assenza di rimozione degli stereotipi e di politiche sociali adeguate, gli old boys network valutano con parametri che non tengono conto del lavoro familiare, di cura e di riproduzione svolto dalle donne, penalizzate nella quantità e nella costanza senza interruzioni della produttività, parametri vigenti anche in Italia nei sistemi di reclutamento universitari.
La figura di Veronica Stolte-Hèiskanen ricorda il ruolo precorritore e fieramente autonomo di Ipazia, le cui vicende misurano anche il tempo trascorso: Ipazia muore tragicamente per mano di sicari nel rivendicare l’indipendenza delle scienze; nel film del regista cileno-spagnolo Alejandro Amenábar, Agorà, uscito nel 2009, la scienziata, per illustrare la sua differenza ad uno degli allievi più prestigiosi, raccoglieva un fazzoletto macchiato del mestruo e lo mostrava affermando che quella era la sua differenza, in definitiva pagata con la morte; la studiosa finlandese ha invece condotto egregiamente i suoi studi, lottando proprio per eliminare le differenze sociali e politiche fatte passare per differenze ontologiche, in cui la differenza sta non per ‘diversità’, ma per ‘minorità’. Una delle madri in definitiva dei programmi cosiddetti Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics), di matrice europea, che mirano a eliminare lo stereotipo ancora presente nelle stesse giovani studenti, ovvero quello di avere minore inclinazione e capacità di un coetaneo, a parità di condizioni.
Qui le traduzioni in francese, inglese e spagnolo.
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Articolo di Fiorenza Taricone

È Ordinaria di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Cassino e Lazio Meridionale, dove insegna anche Pensiero politico e questione femminile. Ha fatto parte della Comm. Nazionale Pari Opportunità. È autrice di saggi, particolarmente centrati sull’associazionismo in Italia tra Ottocento e Novecento. Fa parte del Comitato Scientifico delle Fondazioni Nilde Iotti, Anna Kuliscioff e Turati-Pertini.