Nella corsa all’esplorazione spaziale tra Stati Uniti e Unione Sovietica un punto di svolta è stata la passeggiata di tre giorni, dal 16 al 19 giugno del 1964, di Valentina Tereškova che è diventata così la prima donna a superare i confini dell’atmosfera. L’allunaggio avverrà cinque anni dopo, ma ci è voluto più di un decennio da quella vittoria sovietica prima che anche la Nasa si decidesse a cercare candidate per una missione spaziale. Nel 1977 viene pubblicato un annuncio per esaminare nuovi e nuove potenziali astronauti e astronaute: sono necessarie salute perfetta, prestanza e una profonda conoscenza di fisica e meccanica. Sally Kristen Ride ha 26 anni quando legge l’annuncio della Nasa sul giornale del college.

Nata il 26 maggio del 1951 a Los Angeles, California, Ride ha una sorella minore, Karen, ed è figlia di Dale Burdell Ride, un professore di Scienze politiche presso il college di Santa Monica, e Carol Ride-Anderson, emigrata norvegese e volontaria presso la chiesa presbiteriana frequentata dalla famiglia. Fin da piccola si dimostra eclettica: studia chimica e astronomia per conto proprio – una passione che lascia un po’ increduli i suoi genitori, che tuttavia non smettono mai di incoraggiarla; colleziona francobolli ed è una eccellente tennista, al punto da potersi permettere di frequentare costose scuole grazie alle borse di merito legate a questo sport, allenata da leggende come Alice Marble. È giocando a tennis che incontra colei che diventerà anni dopo l’amore della sua vita, Tam O’Shaughnessy.
Sempre il tennis le consente di ottenere una borsa di studio presso lo Swarthmore College in Pennsylvania, nel 1968. Qui Sally brilla nello studio e in tutti gli sport che è incoraggiata a perseguire, ma la nostalgia di casa la porta a tornare nel 1970. Entra nell’Università della California lo stesso anno, frequentando corsi su Shakespeare e la meccanica quantistica – dove era l’unica ragazza – ottenendo sempre ottimi risultati al punto che decide di abbandonare il sogno di diventare una tennista professionista per dedicarsi alla scienza, rimasta la sua altra grande passione. Si trasferisce poi all’Università di Standford dove completa gli studi pagando la retta grazie a lezioni di tennis e partecipando a eventi sportivi – di notevole rilevanza è stata la gara tra lei e Dennis Van der Meer contro la tennista professionista Billie Jean King e Dick Peters, direttore del campus.
È sul giornale di Standford che legge del reclutamento della Nasa per una futura missione spaziale, poi rinominata STS-7. Anni dopo racconterà che prese la decisione di presentarsi ai provini mentre stava cucinando delle uova strapazzate, senza realmente credere che sarebbe stata scelta. L’ottima forma fisica e i risultati accademici, tuttavia, convincono gli esperti della Nasa che la chiamano a partecipare dopo aver esaminato oltre 8000 candidature; verranno individuati infine 35 potenziali nuovi astronauti, tra cui Ride e altre 5 donne. L’addestramento è duro, ma Ride supera qualunque aspettativa: diventa un’esperta pilota del jet T-38 Talon, aiuta a progettare il braccio robotico che userà nella missione e partecipa da terra a due missioni come controllora di volo specializzandosi nell’uso del sistema di comunicazione della Nasa, il CapCom. Tutto ciò, unito alla sua capacità di lavorare in gruppo e all’affabilità, porta la Nasa a sceglierla come la prima donna americana ad andare nello spazio, annunciando l’evento al mondo nel 1982.
Il peso di essere destinata a quel compito si fa sentire molto presto: i media cercano inutilmente di intervistarla per mesi e l’unica occasione in cui hanno modo di parlarle è alla conferenza stampa ufficiale del 24 maggio 1983, dove le pongono domande imbarazzanti come: «Il volo avrà un impatto sui tuoi organi riproduttivi?» o «Quando fai un errore al lavoro piangi?»; anche la Nasa stessa si rende protagonista di figuracce come quando le chiede di aiutare nella creazione di un kit di trucchi da portare con sé a bordo pensando che sia indispensabile anche per un’astronauta, o quando le suggerisce di avere con sé 100 assorbenti interni. Nonostante questi episodi, Sally Ride prosegue sulla sua strada: al decollo dello space shuttle Challenger dal Centro spaziale Kennedy il 18 giugno del 1983 diventa la prima donna americana ad andare nello spazio, terza nella storia mondiale e la più giovane astronauta del suo Paese. L’obiettivo della missione STS-7 è di installare due satelliti per la comunicazione e studiare l’influenza della gravità su diverse leghe metalliche nello spazio contenute in un altro satellite, lo SPAS-1, collegato al Challenger. Ride usa il braccio meccanico da lei progettato per collegare e scollegare lo SPAS-1 alla stazione spaziale. Rimane in orbita 6 giorni, 2 ore, 23 minuti e 59 secondi assieme ai suoi colleghi; quando torna sulla Terra viene accolta in trionfo.

La sua presenza è richiestissima ma Ride, da sempre molto attaccata alla sua vita privata, partecipa a poche occasioni pubbliche. Ha l’opportunità di conoscere a Budapest nel settembre di quell’anno Sveltana Savitskaya, la seconda donna ad andare nello spazio; grazie alla conoscenza dell’inglese di Savitskaya le due possono parlare e instaurano un rapporto amichevole, scambiandosi anche regali e autografi. Poco dopo Sally Ride è assegnata alla missione STS-41-G, che la rende la prima americana ad andare per una seconda volta nello spazio – la prima in assoluto fu Savitskaya. Il 5 ottobre del 1984 sale una seconda volta sul Challenger, ormai una veterana conscia delle proprie capacità ed esperta della strumentazione che la circonda, compreso il suo braccio robotico. Completati gli esperimenti – tra cui la dimostrazione che i satelliti potevano essere riforniti anche in orbita – rientra sana e salva il 13 ottobre, dopo aver compiuto il giro della Terra 132 volte.
La sua successiva missione viene annullata a causa del disastro del Challenger il 28 gennaio del 1986, quando lo shuttle di disintegra poco dopo la partenza uccidendo tutti gli astronauti a bordo. Viene istituita una commissione d’inchiesta guidata dall’ex segretario di Stato William P. Rogers per indagare sulle cause dell’incidente; Ride è l’unica astronauta e l’unica dipendente della Nasa all’interno della commissione. Anni dopo la sua morte viene rivelato che fu lei a passare le informazioni chiave che chiarirono la dinamica dell’incidente – un guasto alla guarnizione, un O-ring, divenuto troppo rigido a causa delle basse temperature e che si è rotto al momento del decollo, causando una fuoriuscita di fiamme che ha raggiunto il serbatoio – e a rivelare che la direzione della Nasa volle procedere al lancio nonostante fosse stata avvertita dagli ingegneri del potenziale rischio.

È stata l’unica a dimostrare pubblico supporto a Roger Boisjoy, l’ingegnere che ha spiegato al mondo i problemi tecnici all’origine del disastro, ignorati prima e messi a tacere poi. A seguito dell’indagine Ride è assegnata agli uffici nella Nasa a Washington, dove viene posta a capo di progetti che davano priorità all’esplorazione sulla Terra rispetto ad un potenziale viaggio su Marte, con enorme contrarietà dei dirigenti della Nasa. Nel 1986 si riunisce definitivamente con O’Shaughnessy, sua vecchia amica d’infanzia e ora compagna per la vita, e pubblica un libro per l’infanzia scritto assieme a Sue Okie, pure lei una vecchia conoscenza del liceo, intitolato To Space and Back.

Nel maggio del 1987 Ride lascia la Nasa per dedicarsi ad un progetto sulla difesa dalle armi nucleari presso il Centro internazionale di sicurezza e controllo delle armi all’Università di Standford, dove collabora anche con la futura segretaria di Stato Condoleeza Rice, all’epoca esperta in geopolitica sovietica. Due anni dopo diventa professoressa di Fisica presso l’Università della California a San Diego e direttrice del Centro spaziale californiano. Sarà coinvolta in altri due programmi per la Nasa, l’ISS EarthKAM e il GRAIL MoonKAM, progetti che consentono ai ragazzi e alle ragazze delle medie di richiedere foto della Terra o della Luna direttamente dai satelliti. Assieme a O’Shaughnessy si trasferisce a La Jolla dove vivono unite per il resto della vita.

Dal settembre del 1999 al luglio del 2000 è presidente del sito web d’informazione dedicato allo spazio Space.com; fonda poi la Sally Ride Science assieme a O’Shaughnessy, una compagnia dedicata alla creazione di programmi di intrattenimento legati alla scienza e alla pubblicazione di libri per l’infanzia. L’obiettivo è incoraggiare i bambini e soprattutto le bambine a studiare le materie scientifiche. Continua a rendersi disponibile come consulente sia per l’incidente del Challenger che per quello del Columbia, avvenuto nel 2003. Nel 2011 le viene diagnosticato un cancro al pancreas, che la porterà via un anno dopo, il 23 luglio del 2012, a 61 anni. Sally Ride ha avuto una vita straordinaria durante la quale ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti, fra cui il premio von Braun della National Space Society e il premio Theodore Roosevelt della Ncaa.
La Nasa l’ha onorata inserendola nella National Women’s Hall of Fame e nella Astronaut Wall of Fame, dandole pure due medaglie per i suoi viaggi spaziali. Numerose scuole sono a lei dedicate anche in nome del costante impegno nel far conoscere la scienza a bambini e bambine. A lei è dedicata pure una nave della Marina statunitense, la Rv Sally Ride. I premi non hanno smesso di arrivare neanche dopo la sua morte: O’Shaugnessy in nome dell’amata partecipa ai numerosi tributi a lei dedicati come quello al JFK Center for the Performing Arts a Washington il 20 marzo 2013, dove il presidente Barack Obama ha assegnato post mortem a Ride la medaglia della libertà, il più importante premio al merito per un/a civile negli Usa.

Anche la comunità Lgbtq+ celebra Ride, nonostante non abbia mai fatto coming out in vita, gelosa della propria vita privata: il suo nome è nella Legacy Walk di Chicago, che ricorda famosi membri della comunità a partire dal 2014, e da quest’anno il suo volto apparirà sulle monete da un quarto di dollaro facendo di Ride la prima persona queer raffigurata sulla moneta statunitense.
La sua storia e il suo impegno hanno ispirato decine di ragazze ad avvicinarsi alla scienza e a tentare la carriera di astronauta. La prima donna di discendenza ispanica arrivata nello spazio, Ellen Ochoa, ha dichiarato riguardo ai suoi incontro con Ride: «Mentre ci riunivamo attorno al tavolo scoprii che tutte le donne in quella stanza erano state in qualche modo influenzate da Sally Ride. E nonostante la sua presenza fosse richiestissima ovunque, Ride trovava sempre tempo per scambiare una parola con le giovani che sognavano di diventare astronaute».
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.