Sto volando
sto volando libera nel cielo
immetto dentro di me a pieni polmoni
l’aria che mi entra
e respiro
respiro pienamente
senza groppi in gola
senza brividi lungo la schiena
brividi di terrore
brividi di orrore
brividi di dolore
provocati dalla violenza e dal sangue.
Ho vissuto la mia brevissima vita
privata degli affetti più importanti:
Cosa Nostra mi ha portato via il padre e il fratello
mi ha portato via la speranza
di credere in un futuro diverso,
un futuro che avesse i colori caldi
del sole, delle fragole, dei frutti freschi dell’estate
e non il grigiore e i colori freddi
di pistole, mitragliette ed eroina.
A tirarmi fuori dall’oscurità
per prendere in mano
la mia fragile e preziosa esistenza
ci sono state delle donne coraggiose e determinate:
Piera e le giovani giudici Morena e Alessandra.
Mia cognata Piera
non si è lasciata piegare
non si è lasciata irretire
non si è lasciata incatenare
dai lacci della morte e dell’omertà,
ha creduto nella Giustizia
e ha raccontato tutto,
tutto quello che sapeva
tutto quello che aveva udito
tutto quello che aveva visto.
Così mi sono decisa anche io,
ho rotto il cordone ombelicale
che mi teneva ancora flebilmente legata
alle radici dell’utero materno.
E ho incontrato un Giusto
un uomo di Giustizia
un uomo di vero Onore
un padre che mi ha voluta bene
come una picciridda.
Lo chiamavano “professionista dell’antimafia”,
ma lui per me è stato Maestro
e mi ha insegnato
che l’unica speranza è non arrendersi mai,
che bisogna dire ai giovani come me,
intrappolati dentro il sistema di Cosa Nostra,
che fuori dalla mafia esiste un altro mondo
fatto di cose semplici ma belle, di purezza.
Forse un mondo onesto
– pensavo – non esisterà mai,
ma chi ci impedisce di sognare…
Forse se ognuno di noi prova a cambiare
forse ce la faremo.
Per un po’ di tempo ho assaporato
la parvenza di una vita comune
felicemente normale
ho continuato anche a studiare,
se solo avessi potuto farlo ancora…
studiare è una potente arma
contro l’oscurità
contro l’ignoranza
contro la disperazione.
Poi un bel giorno d’estate
soffocante, afoso, rovente,
un’esplosione, l’ennesima…
boom…
e tutto è finito.
Paolo è volato via, saltato in aria,
insieme a Emanuela, Walter, Agostino, Vincenzo e Claudio.
E così sono volata anche io.
E volo ancora, finalmente libera
dalle trappole, dalle convenzioni, dalla malvagità,
volo sulla mia tomba dilaniata
volo sulla mia Sicilia
volo lontana nel vento e osservo
quest’atomo opaco del male
su cui pensavo albergassero
cose semplici ma belle.
Mi chiamavo Rita,
avevo diciassette anni,
ero nata a Partanna,
sognavo una vita fatta di sole,
di musicassette da ascoltare a voce alta,
di amici, di amori, di granite.
Ho spiccato il volo
per raggiungere Paolo
e mio padre e mio fratello Nicola.
Non chiamatemi pentita,
non ho fatto nulla di cui pentirmi,
non ho ammazzato nessuno,
non ho premuto il pulsante di alcun detonatore.
Chiamatemi Rita la picciridda
e ricordatemi come
Testimone Verace di Giustizia.
Nota bene: le frasi in corsivo sono tratte dal tema che Rita Atria scrisse in occasione degli esami da privatista che sostenne a Roma, mentre era sotto falsa identità, sotto il programma di protezione dell’Alto commissariato per la lotta alla mafia. La fonte è il libro Le ribelli. Storie di donne che hanno sfidato la mafia per amore di Nando dalla Chiesa, edito da Melampo, che contiene un capitolo sulla storia di questa coraggiosa e giovanissima testimone di giustizia.
A maggio di questo anno è stato pubblicato il libro Io sono Rita – Rita Atria: la settima vittima di via D’Amelio, edito dalla Casa editrice Marotta & Cafiero, un’inchiesta della giornalista del Tg1 Giovanna Cucè, di Graziella Proto, attivista antimafia, e di Nadia Furnari, co-fondatrice dell’Associazione antimafia intitolata a Rita Atria, che ricostruisce con documenti dettagliati la storia di Rita e fa emergere alcuni lati oscuri che riguardano il suo suicidio.
Nadia Furnari ha depositato insieme ad Anna Maria Rita Atria, sorella di Rita, un esposto presso la Procura di Roma per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di una delle prime testimoni di giustizia italiane.
Un monologo toccante in omaggio a Rita Atria viene messo in scenda da diversi anni in un reading della compagnia “Le ribelli contro la mafia”, composta da donne della Banca del Tempo di Melegnano (MI) che interpretano ognuna la storia di donne che si sono ribellate alle cosche mafiose.
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Articolo di Valeria Pilone

Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.