Editoriale. Amami per ciò che vedi ad occhi chiusi

Carissime lettrici e carissimi lettori,

nonostante tutto, nonostante le brutte notizie qui descritte vorrei che questo editoriale, ultimo del mese di luglio, il mese del solleone che cede al mese delle ferie dell’imperatore Augusto, sia dominato dall’amore e dalla giustizia perché l’amore e la saggezza lo concluderanno.

Ma iniziamo le nostre storie. Un ragazzino di quindici anni durante una lite uccide a coltellate la madre, che ha poco più del doppio della sua età, mentre il padre/compagno è in carcere anche per i reati di violenza contro la moglie/madre. Questo è successo a Catania, il 25 luglio scorso, sotto un cielo che si ostina ad essere sereno e a dare calore.

Da un’altra parte, a Milano, in un appartamento della periferia est della città, una bambina di appena sedici mesi muore, da sola, indifesa, in un lettino da campeggio. Si chiamava Diana. Quando la trovano è lì da quasi una settimana, con a fianco il biberon e una confezione consumata a metà di benzodiazepine, delle più terribili tra gli psicofarmaci. Diana muore indifesa, probabilmente per stenti e per fame e sete, incapace, per età, a proteggersi da sola. Sola c’era rimasta anche altre volte, ma ora era stata come dimenticata a casa, per quasi una settimana, mentre la persona che viveva lì con lei, la madre, se ne era andata dal suo compagno, dicendo a lui, forse, che la bimba stava al mare con la zia.

La mamma si chiama Alessia, ha 37 anni, viene da un paesino della Calabria, ma da tanti anni ha spezzato qualsiasi legame con la famiglia d’origine e vive sola nel capoluogo lombardo. Probabilmente, tra le tante bugie ora scoperte (al fornaio aveva raccontato che la madre era morta a causa del Covid e che sarebbe andata in Calabria per il suo funerale!) aveva detto una verità al compagno: che lei non era incinta. Infatti, Alessia dell’esistenza di quella bambina, che ora non c’è più, secondo il suo dire, non se ne era mai accorta. Alessia lo avrebbe capito solo quando era arrivato il momento del parto. Solo allora avrebbe preso atto dell’esistenza in lei di una vita. Tutta questa amarezza accaduta, forse alimentata da tante bugie o forse no, nonostante tutto, dimostra che la nuova vita arrivata ad Alessia è una vita non voluta, non accettata a cui occorrono conoscenze alla base, opportunità di gestione dei propri rapporti.

I due episodi di recentissima cronaca qui presentati insieme sono diversi, sembrano e sono, per un certo senso, opposti, ma parlano entrambi di un’infanzia e di un’adolescenza che soffre, che reclama dagli e dalle adulte intorno una cura e una guida al vivere sano e secondo giustizia. L’omicidio, e il femminicidio in particolare, sono atti violentissimi. Ai ragazzi e alle ragazze deve essere insegnato il rispetto reciproco. Devono capire che in una coppia di persone può terminare l’affetto, può nascere il desiderio di rivolgersi altrove e, se ci sono figli e figlie, non devono essere allontanati da nessuno dei genitori a meno che questi non siano potenzialmente idonei a procurare loro danni.  Le frasi di questo ragazzino che odia la madre per paura che l’allontani dal padre, in carcere per furto e ricettazione, e dalla famiglia del padre, non sono frasi d’amore perché questo sentimento non crea odio e morte. Ripetiamolo come una nenia: non esiste l’amore malato. Esiste il rancore, semmai la paura. L’amore non produce violenza, neppure trasversale. Questo non è stato fatto capire al ragazzino di Catania che ha scritto sui social «papà sei il mio amore, ti amo» e ancora ponendosi in un collage di fotografie del genitore scrive: «Ti amo leone, sei la mia vita a presto fuori.  Tutto questo, e ormai si dovrebbe capire, è un discorso di predominanza maschilista, di forza bruta che produce odio e sangue.

La cura di sé e di chi si dovrebbe prendere la responsabilità di mettere al mondo sapendo di farlo, e di crescere in armonia con la vita è anche il problema di Alessia, la trentasettenne che ha lasciato morire la bambina che aveva messo al mondo. Ne abbiamo già parlato: la maternità deve essere una scelta cosciente e matura, voluta e che non annulla completamente la vita della madre. Allora è facile che nasca un rifiuto, che nulla toglie alla colpevolezza dell’atto di uccisione della propria creatura. Ma, ne abbiamo parlato nell’editoriale di qualche settimana fa (link) noi abbiamo la possibilità di scegliere le nostre azioni e dobbiamo avere gli strumenti per mettere in atto la nostra scelta nel migliore e più pacifico dei modi. Così si andrà verso un mondo più umanizzato.

Secondo noi è una sconfitta vera e propria (che ci sarebbe voluto poco ad evitare) quella avvenuta in Senato con la bocciatura dell’emendamento proposto dalla senatrice Alessandra Maiorino che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta. La proposta che puntava a introdurre nel Regolamento «l’utilizzo di un linguaggio inclusivo» è stata votata, secondo noi appositamente, a scrutinio segreto e ha ottenuto nell’aula di Palazzo Madama 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti. Nel suo intervento di presentazione la senatrice aveva detto, compiendo anche una sorta di breve e sintetica Storia della filosofia del linguaggio: «Da sempre il linguaggio è stato oggetto di studio e riflessione – ha detto al Senato -. Fin dagli antichi filosofi, a partire da Eraclito, per andare a Platone, passando per Aristotele ed Epicuro e a Cicerone. Fino ad arrivare ai moderni linguisti e filosofi del linguaggio come Saussure e Chomsky, per citare soltanto i nomi più noti. Ebbene delle tante teorie sull’origine e la funzione del linguaggio susseguitesi nei secoli su una cosa tutti questi pensatori sono sostanzialmente d’accordo: che il linguaggio è il frutto della cultura che lo esprime. Che analizzando il linguaggio è possibile capire molto di quella cultura. Il linguaggio descrive la realtà, ma non solo la rende comunicabile, comprensibile, narrabile. Può anche plasmarla o mistificarla. La forma più semplice e diffusa di mistificazione è l’omissione. Alla riunione c’erano Paolo e Daniele. C’era anche Francesca ma io non la menziono. Il mio interlocutore penserà che non c’era. Non ho mentito, l’ho semplicemente omessa. Ecco questo è quello che oggi fa il linguaggio con le donne nella stragrande maggioranza dei casi. Nel linguaggio burocratico amministrativo persino in quello istituzionale che dovrebbe invece davvero includere e rappresentare tutte e tutti… Lo spirito e l’obiettivo del regolamento dell’istituzione del Senato della Repubblica – continua – è figlio di un periodo in cui le donne erano una presenza sporadica ed eccezionale all’interno delle istituzioni e della rappresentazione democratica. Oggi non è più così…bisogna cogliere (ma non lo si è fatto n.d.r.) questo cambiamento…. cogliere questa occasione di modifica per aggiornare anche il linguaggio che includa esplicitando le donne e non omettendo le donne. Badate so bene che non tutti sono d’accordo e che vi sono anche donne che preferiscono essere chiamate il presidente, il direttore o il segretario. Ma potranno continuare a farlo! É la scelta che manca oggi perché il regolamento contempla solo il maschile. Là dove esiste la scelta c’è democrazia, là dove il 52% della popolazione è espresso, è rappresentato, c’è democrazia».

Mentre ci giunge in questi giorni una notizia molto bella, che la Banca centrale europea e le singole banche nazionali centrali, compresa la nostra Banca d’Italia, hanno sottoscritto una carta che riguarda la parità, la diversità e l’inclusione, un’importante banca italiana, che si proclama nel nome nazionale, propone ai clienti (non so se anche alle clienti!) un’assicurazione sulla vita che lascia davvero perplessi ,e direi soprattutto perplesse, chi ne legge il volantino della pubblicità, puntigliosamente distribuito nelle sue filiali italiane. La promozione detta per un avvenire protetto e intende: «Proteggere le persone a cui vuoi bene nel caso della propria scomparsa e assicurare gli uomini chiave della propria azienda sono gesti di grande responsabilità». Correda l’annuncio un disegno che mostra tre piattaforme su cui si reggono tre uomini vestiti secondo tre lavori diversi: un impiegato o dirigente, vestito in giacca e cravatta, un pasticcere con cappello e torte sulle mani e un contadino o meccanico con la zappa e la tuta. Su una quarta piattaforma appare una signora che tiene per mano un bambino e sembra palesemente che rappresentino una coppia madre/figlio, già questa molto un clichè. Dovrebbero essere loro due, questa madre con il suo bambino che ci appare spensierato, che l’assicurazione, se stipulata, dovrebbe proteggere! Si ritornerebbe, così, anni indietro, con le donne a crescere i figli e le figlie. Una contraddizione bella e buona, lontana dal patto di parità e rispetto reciproco, fuori da qualsiasi stereotipo voluto dalla Banca centrale europea con tutte le banche centrali nazionali.

Nell’ultimo editoriale, quello di sabato scorso, abbiamo parlato di Toro Seduto. Abbiamo letto il suo valore e la sua saggezza, di questo uomo che seppe sconfiggere i “bianchi”. Oggi il viaggio di papa Francesco ci ha fatto sentire con lui l’ingiustizia ricevuta. Questo viaggio papale, che fa vedere a credenti e non credenti la fragilità di un uomo che siede su una sedia a rotelle, ci è sembrato un pellegrinaggio di perdono chiesto da ciascuno/a di noi. Ho voluto mettere, come promesso all’inizio di questo scritto, un messaggio d’amore e di saggezza. che ci viene dai Nativi d’America. Ho cominciato a leggere e ascoltare testi che troverete, come me, in rete. Sono davvero stata in difficoltà nella scelta. Avrei voluto porgervele qui tutti, così belli e pieni di intenso pensiero le ho trovate. Ne ho scelti anche questa volta due per regalarveli (e regalarle a una mia amica modenese che affettuosamente me le ha chieste). La saggezza lo esige. E queste due poesie sono davvero un limpido esempio di saggezza, bellezza e una grande lezione di etica. Perché i fatti narrati oggi non accadano più.

(i link messi tra le due poesie sono il primo legato alla poesia sottostante, una preghiera all’amore. Il secondo è una vera e propria preghiera con tutta la spiritualità adatta a ogni mente)

Poesia indiana

Tieni stretto ciò che è buono,
anche se è un pugno di terra.
Tieni stretto ciò in cui credi,
anche se è un albero solitario.
Tieni stretto ciò che devi fare,
anche se è molto lontano da qui.
Tieni stretta la vita,
anche se è più facile lasciarsi andare.
Tieni stretta la mia mano,
anche quando mi sono allontanato da te

Amami

Amami ma non fermare le mie ali se vorrò volare, 
non chiudermi in una gabbia per paura di perdermi. 
Amami con l’umile certezza del tuo Amore ed io non andrò più via. 
E se sarò in un cielo lontano ritroverò la strada del tuo pensiero, 
e se sarai con me ti insegnerò a volare 
e tu mi insegnerai a restare. 
Amami con ogni parte di te perché io possa appartenere all’anima e non al corpo quando ti abbraccerò o bacerò le tue forme. 
Amami senza nascondere quella tenerezza che ti fa bambina sulle mie pupille e non vergognarti mai se ti dirò “Ti amo”. 
Amami qualunque sia l’aspetto che assumerà il nostro Amore o il luogo in cui ci scambieremo un altro sguardo. 

Amami anche se ti sembrerà selvaggia la mia passione ed i miei modi a volte risulteranno bruschi o forti. 
Amami per quello che sono ed io ti seguirò lungo i passi della dolcezza e proteggerò dal mondo la tua fragilità. 
Amami e accompagnerò ogni tuo gesto senza bisogno di parole. 
Amami un po’ di più di quanto non chiederò al tuo cuore perché lo stesso farò io camminandoti accanto. 
Amami e non guardare il mio aspetto trasandato o le mie forme che non sanno di bellezza 
non indugiare sul colore dei miei occhi o su ciò che mi fa grande o piccolo o debole o forte. 
Amami per ciò che vedi ad occhi chiusi o per quello che senti quando resto in silenzio nelle tue mani stretto, amami per questo e non per le cose che la gente dirà di me. 
Amami perché lo vivi il nostro Amore e non farne un bisogno per non sentirti sola e nemmeno per convincerti che sarà per sempre. 

Amami ogni giorno come se davvero fosse unico ma non l’ultimo. 
Solo così ogni volta conoscerai la mia bellezza.

Buona lettura di pace e di tutto l’amore umano possibile a tutti e a tutte.

È arrivato il momento di presentare gli articoli che leggerete questa settimana. Di interruzione volontaria della gravidanza e dell’arretramento della legislazione in tema di aborto negli Usa tratta Il racconto dell’ancella – The handmaid’s tale, che, partendo dal libro e dalla serie televisiva che portano lo stesso titolo, riflette sulle preoccupanti conseguenze sul corpo delle donne della sentenza Roe vs Wade. La donna di Calendaria è Concepción Arenal, «scrittrice, saggista e femminista spagnola, nonché giurista e sociologa ante litteram», precorritrice del lavoro sociale e attenta alle condizioni delle donne nelle carceri.  Di una donna molto sensibile e dall’infanzia sfortunata, di cui in questa settimana ricorre l’anniversario della morte, potrete leggere in Norma Jean e Marilyn. Le nostre serie continuano con La donna nell’Ottocento, un articolato e approfondito articolo che ci guiderà nella conoscenza della situazione giuridica femminile e di alcune figure che si sono opposte al cliché dominante; l’autrice di Viaggiatrici del Grande Nord ci porterà Nel labirinto dei fiordi norvegesi, ancora insieme a Luisa Bruschetti Sant’Andrea; il nostro itinerario culturale questa volta non riguarda una via della città del Palio ma ne propone un’intitolazione a una figura di spicco dell’associazionismo femminile senese e ce la fa conoscere in Siena. Imperiera Serpieri Matteucci. Il pane greco è un’altra puntata della serie sul pane che, come sempre, insieme alla ricetta, ci farà incontrare delle donne eccezionali e poco conosciute, parlandoci di pace in questi tempi cupi.
«Trovare le donne nella Storia non è, come pensano alcuni, cercare quel famoso unico ago nel pagliaio: è cercare infiniti aghi fra infiniti fili di paglia, solo che quegli aghi sono blindati in una corazza impenetrabile e mimetica, chiusa da una precisa volontà egemone di celarne la memoria». Questo scrive Mariapia Ercolini nella Prefazione al prezioso Dizionario biografico delle donne modenesi di Roberta Pinelli, edito da Colombini, recensito nell’articolo che ha lo stesso titolo. Si spera che lavori di questo genere possano essere replicati in tanti territori del nostro Paese. Sempre di libri scrive l’autrice di Torneo letterario di Robinson: la sfida fra i romanzi italiani sta procedendo, che ci aggiorna sul gruppo di lettura della nostra rivista e sui libri recensiti dai sottogruppi in cui si è suddiviso. Il Movimento femminista in Italia. Esperienze, storie, memorie di Fiamma Lussana è l’altro libro recensito in questo numero. Di una Mostra, ospitata fino al 4 settembre all’Ara Pacis di Roma, scrive l’autore di Robert Doisneau, fotografo umanista, che preferiva tra tutte le sue fotografie quelle più aperte, che non raccontavano una storia fino alla fine ma lasciavano allo spettatore l’opportunità di continuarla e concluderla come preferiva: «una specie di trampolino nel sogno». Della 59ima Esposizione Internazionale d’arte di Venezia, più conosciuta come Biennale ci riferisce l’autrice di 2022: una Biennale al femminile, in cui scopriamo con piacere che la curatrice ha per la prima volta selezionato in numero maggiore opere femminili per l’edizione che quest’anno porta il titolo Latte di sogni.

Si conclude il ciclo dedicato al Tour educational sul Salento con la presentazione di un ricchissimo e gustosissimo itinerario gastronomico.

Chiudiamo con la nostra ricetta marinara, Medaglioni di pesce e patate, che «aiuta a non sprecare gli avanzi di pesce, dando loro una seconda vita e una valorizzazione che ne fanno un piatto nuovo e fresco».
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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