Il racconto dell’ancella – The handmaid’s tale 

Il mondo intero ha assistito il 24 giugno scorso al ribaltamento della sentenza Roe Vs Wade che garantiva il diritto di aborto a livello federale negli Stati Uniti. Una Corte Suprema composta da sei giudici conservatori su nove ha di fatto cancellato anni e anni di lotte per l’autodeterminazione e la libertà di scelta, portando il Paese indietro di cinquant’anni. 

Ogni Stato potrà quindi decidere se permettere l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) o vietarla in toto. Con la caduta della Roe vs Wade, tornano di fatto in vigore in alcuni Stati leggi emanate prima degli anni ‘70 che punivano l’aborto e chi lo praticava come un omicidio. 
Non solo, ogni gravidanza che non si conclude con un parto potrà essere oggetto di indagine, in quanto spesso non è possibile capire se l’aborto sia spontaneo oppure procurato con farmaci o altri dispositivi. Basterà anche solo trovare nella cronologia internet la ricerca per le pillole abortive o informazioni sull’ivg e la persona potrà essere indagata per svariati reati. La patria dei diritti, della democrazia e delle libertà ha deciso di mettere un cappio al collo a metà della sua popolazione. 

L’8 luglio il Presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo in cui si ribadisce che l’aborto farmacologico deve continuare a essere riconosciuto a livello federale, che le persone non possono essere perseguite per aver abortito in altri Stati in cui l’ivg è legale e che le organizzazioni che garantiscono l’accesso all’aborto in telemedicina devono tutelare l’anonimato delle loro pazienti. 
Tutto questo però non basta. Migliaia di persone dovranno percorrere chilometri per vedersi riconosciuto un diritto, senza contare le spese a cui andranno incontro e la perdita di giorni di lavoro. Nonostante l’impegno di diverse aziende, tra cui Amazon, Apple, Google, Meta, Disney e Starbucks, a sostenere le spese per le lavoratrici che vorranno interrompere la gravidanza, saranno comunque migliaia le persone che non avranno accesso all’aborto sicuro e legale. 

Limitare o addirittura vietare l’ivg è un atto sessista poiché colpisce tutte le persone con utero, razzista e classista perché, come è immaginabile, chi appartiene a un ceto sociale medio-basso non avrà le possibilità economiche per permettersi di abortire in sicurezza e lo farà illegalmente, rischiando la vita. L’aborto è una pratica medica sicura, efficace e che salva vite umane, come ribadito anche dall’organizzazione mondiale della sanità, dal Royal college of obstetrics and gynaecologist, dal fondo delle nazioni unite per la popolazione (Unfpa) e da una miriade di altre organizzazioni che si occupano di diritti umani e riproduttivi. La stessa Onu ha inserito la gravidanza forzata nella lista dei crimini contro l’umanità. 

Ma come è stato possibile arrivare a questo punto? 
La colpa non è tutta da ascrivere ai repubblicani, ma, anzi, l’immobilismo e l’indifferenza dei democratici non hanno mai portato a convertire la sentenza Roe vs Wade in una legge federale e suggellare il diritto di aborto. Ora si sta correndo ai ripari, cercando di mettere toppe dove si può, come ha tentato di fare il Presidente Biden con il suo ordine esecutivo. Ma le toppe non bastano, in quanto un diritto mutilato non è un diritto. Una persona texana che deve percorrere chilometri per poter abortire in sicurezza in un altro Stato, non si accontenterà che le venga concesso di non essere perseguita penalmente al suo ritorno. Non è trasformando i diritti in concessioni che i democratici possono salvare le apparenze. È sempre bene ricordare che un diritto non è un qualcosa che qualcuno ci concede, ma un qualcosa che nessuno può toglierci. E spiace dover rinfrescare la memoria anche a chi sta seduto dalla parte dei democratici progressisti. 

Il 15 luglio scorso la Camera ha approvato la legge che garantisce l’accesso all’aborto a livello federale, ma il Senato promette battaglia, in quanto il partito repubblicano è in maggioranza e non permetterà mai che questa norma possa diventare effettiva. Ora si punta alle elezioni di mid-term del prossimo novembre, in cui Biden auspica la nomina al Senato di due figure appartenenti all’ala progressista. In questo modo ci sarebbero i numeri per permettere l’approvazione di questa nuova legge federale.

Ancora una volta, si assiste a campagne elettorali fatte sulla pelle e sui diritti delle persone.  
Negli ultimi 50 anni quanti democratici hanno preferito girarsi dall’altra parte e relegare l’aborto e i diritti riproduttivi ad argomenti di serie B? Come diceva Martin Luther King: «Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi, ma l’indifferenza dei buoni» e risulta drammaticamente chiaro a chiunque che la noncuranza da parte di chi dovrebbe proteggere i diritti sia la concausa della terribile situazione a cui si assiste oggi. 

Il romanzo di Margaret Atwood dal titolo Il racconto dell’ancella (Adriano Salani editore, 2004) racconta la storia di una giovane donna che vive negli Stati Uniti fino al momento della presa di potere da parte di una teocrazia fanatica ed estremista che ha tolto fin da subito i diritti alle donne, vietando loro di lavorare, studiare, possedere denaro e bandendo l’aborto. La protagonista è un’ancella che non è una donna, non è una persona, ma un contenitore atto solo alla procreazione. Le ancelle devono vestire di rosso e portare una cuffia bianca in testa con delle alette ai lati, in modo che non sia visibile il loro volto. Durante il momento della Cerimonia, l’ancella viene immobilizzata dalla moglie del Comandante, uomo potente e ricco, e costretta a subire un rapporto sessuale. L’ancella che rimane incinta e dà un figlio al Comandante e sua moglie sarà premiata, mentre chi non riuscirà a portare a termine l’obiettivo sarà mandata nelle Colonie, dove vengono isolate le Nondonne, donne non fertili o troppo anziane per procreare, fino alla morte.  
Dal libro è stata tratta la fortunata e pluripremiata serie tv The Handmaid’s Tale che riprende il titolo originale dell’opera letteraria. 

Durante le marce di protesta per i diritti riproduttivi, si trova spesso il richiamo al libro e alla serie tv: donne vestite come le ancelle sfilano con cartelloni, diti medi alzati e disegni stilizzati dell’apparato riproduttivo femminile. Sia nel libro che nella serie televisiva, il potere patriarcale e maschilista cerca di ristabilire l’ordine instaurando la “legge morale”, sostenendo che a causa della troppa libertà di scelta la società finisca per implodere. 
Sebbene sia ritenuto un romanzo distopico, gli ultimi avvenimenti possono portare a considerarlo più come un avvertimento e una critica al mondo contemporaneo. In questa terribile società teocratica, l’aborto è un omicidio e punito con la pena di morte. I medici che lo praticano vengono uccisi e il loro cadavere appeso a un muro, come monito per chiunque cerchi di ribaltare l’ordine e sfuggire alla volontà di Dio. 
Un libro crudo, in cui la speranza è definitivamente morta e la voglia di riscatto cede il passo alla rassegnazione. La paura e il terrore regnano sovrani. 
Paura e terrore: i sentimenti che prova qualunque persona intenzionata a interrompere una gravidanza in uno Stato in cui questo è diventato illegale. 

Nel suo articolo per The New Yorker, Jia Tolentino scrive: «Se un feto è una persona, si può inventare un quadro giuridico che richiede a una donna che lo porta in grembo di fare tutto ciò che è in suo potere per proteggerlo, compreso accettare di morire. Leggi simili giustificano la criminalizzazione della gravidanza, in base alla quale le donne possono essere arrestate, detenute e costrette a subire l’intervento dello Stato per aver intrapreso azioni potenzialmente dannose per il feto. […] I medici degli Stati proibizionisti hanno già cominciato a rifiutare di assistere le donne che hanno un aborto spontaneo, per paura che il trattamento possa essere classificato come aborto volontario». 

Oggi risuonano più vere che mai le parole della scrittrice, filosofa e insegnante femminista Simone de Beauvoir: «Non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti, dovete restare vigili durante tutto il corso della vostra vita». 

***

Articolo di Elisabetta Uboldi

Laureata in Ostetricia, con un master in Ostetricia Legale e Forense, vive in provincia di Como. Ha collaborato per quattro anni con il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli di Milano. Ora è una libera professionista, lavora in ambulatorio e presta servizio a domicilio. Ama gli animali e il suo hobby preferito è la pasticceria.

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