Domani si vola!

È la settimana di Pasqua, sarebbe bello andare a Venezia in aereo; si parte giovedì e si torna venerdì. Cesare, mio fratello, ha avuto questa bell’idea di volare col suo Folder; accetto volentieri. 14 aprile: appuntamento a Locate Triulzi alle 7 di mattina sotto casa di Cesare e, con la mia macchina, direzione il campo volo di Mezzana Bigli, in Lomellina, nella provincia di Pavia. Sul tratto autostradale è necessario fare una deviazione e immetterci sulla strada provinciale; ci troviamo così a percorrere un ponte sul Ticino, in località Bereguardo: è l’antico ponte di barche che fin dal medioevo consente l’attraversamento del fiume qualsiasi sia il livello delle sue acque. Me lo ricordavo perché da ragazza ci andavamo con amici e amiche nelle gite domenicali.

Ponte di barche di Bereguardo

Che fascino l’atmosfera padana sulle rive del Ticino con le vecchie trattorie lungo il fiume! Poco distante dalla riva, ecco il famoso locale da ballo degli anni ’60, “Le rotonde”, di cui avevo spesso sentito parlare! Si riprende il percorso e si giunge al campo volo di Mezzana. Conosco il campo, conosco il responsabile, ing. Groppo, e la squadra dei fabbricatori di aerei, già al lavoro come ogni giorno. Gli aerei sono uno diverso dall’altro, secondo le caratteristiche concordate con l’acquirente; è una cosa molto bella che ognuno/a possa personalizzare il proprio mezzo come desidera. Ci dirigiamo verso l’hangar per preparare il Folder al decollo; è un velivolo ultraleggero biposto ad ala alta, costruito dalla soc. Nando Groppo s.r.l., di tipo triciclo, poggia cioè su tre ruote come i tricicli dei bambini, rendendolo più agevole nelle manovre a terra. (chi volesse avere più informazioni sull’aereo legga la nota a fine articolo).
Sono molte le operazioni da compiere, i controlli da eseguire e Cesare è scrupoloso; segue una precisa tabella, così da non dimenticare nessuna fase. Dopo circa una mezz’ora, verso le 9.00, possiamo partire; il tempo è bello e lo sarà anche domani, dicono le previsioni. Staccarsi dal suolo è sempre emozionante, è il più antico sogno dell’essere umano che si avvera.

Fratelli Mary e Cesare Borla in volo 14 aprile ’22

Si punta verso est, seguendo la rotta ben preparata da Cesare, sempre in contatto radio con l’area di copertura alla quale si comunica il tragitto. Dall’alto il paesaggio è totalmente differente da come lo si vede dalla strada, su in alto cambia il punto di vista e si colgono gli appezzamenti di terreno che, se sono recenti, hanno forme regolari come se fossero tirati col righello, oppure irregolari, se più antichi e dettati dai ruscelli. Differenti sono i colori a seconda dei diversi tipi di coltivazione; molti appezzamenti non sono ancora stati seminati perché non ha quasi mai piovuto durante l’inverno e il terreno è troppo secco, altri sono di differenti tipi di verde, e in alcuni si vedono i trattori al lavoro. Il paesaggio della pianura padana ha molte riserve d’acqua, fossi con filari di pioppi che ora hanno le loro prime foglioline verde chiaro; ci sono anche dei piccoli cimiteri e delle chiesette annesse alle cascine che una volta erano molto popolate; si vedono le loro aie quadrate, che hanno partecipato al duro lavoro dei contadini e delle contadine, così come hanno udito le loro musiche e i loro balli nei giorni di festa.
Da diversi decenni le cascine sono abbandonate, l’incuria prevale e quando i tetti crollano la distruzione è vicina; ricordano un’epoca passata, avviata dagli austriaci, intelligenti amministratori che con esse permisero una più ampia coltivazione del terreno, avendo fornito riparo ai contadini, non più obbligati a ritornare nei paesi troppo distanti dalle campagne che coltivavano. Si nota la scarsità d’acqua del Ticino e del Po poiché emergono le grandi lingue di sabbia che danno materiale alle cave. Mentre si vola si resta sintonizzati sul canale radio che manda mille comunicati.

Sorvolando la pianura Padana

Eccoci nel mantovano, si vede il fiume Mincio e il suo canale, circondato da campi verdognoli di colza. Si entra nella zona di Padova e lì cambia la voce dei controllori che chiedono di identificarci e mandano indicazioni sulla quota e la rotta. Si oltrepassano i colli Euganei e poco dopo si vede il mare veneto e il Brondolo, il canale che conduce a Chioggia e da lì a Venezia. In un attimo mi torna alla mente il bel ricordo di quella volta che con mio marito avevamo fatto la Pavia-Venezia sul Po con un piccolo motoscafo e avevamo percorso il Brenta e un tratto del canale Brondolo, dopo aver superato le chiuse vinciane del dislivello delle acque. La laguna veneta è bellissima col suo Lido, striscia di terra lunga e stretta con le sue case, la sua spiaggia, i suoi hotel favolosi, ricordo di epoche da favola.

Aeroporto Nicelli

Eccoci giunti al nostro aeroporto, il Nicelli; si chiede e si ottiene il permesso di atterrare: sono le 10.45. Questo aeroporto è stato utilizzato regolarmente per la città di Venezia sino al 1961 quando ha iniziato a funzionare il Tessera. L’aeroporto di Venezia-Lido “Giovanni Nicelli” (un tempo chiamato aeroporto di Venezia-San Nicolò) è situato nella parte nord dell’isola. La pista in erba è di 994×45 m, è dotato anche di eliporto, con area di atterraggio in erba di 25×35 m. Il primo volo di un aeroplano su Venezia, un Farman II francese, pilotato dal campione automobilistico Alessandro Umberto Cagno, risale al 1911 e fu il risultato di una iniziativa pubblicitaria della Compagnia Italiana Grandi Alberghi per attirare e divertire la ricca clientela di allora. Dopo la guerra, il 18 agosto 1926, dalla pista dell’aeroporto di San Nicolò al Lido decollò il primo volo di linea italiano, operato dalla Società Anonima Transadriatica, gestita dall’ingegner Renato Morandi; era diretto a Vienna via Klagenfurt ed era effettuato con trimotori Junkers G 24.

Foto di Giovanni Nicelli, in aeroporto

L’aeroporto del Lido fu poi battezzato “Giovanni Nicelli” in onore del pilota Nicelli, nato il 27 ottobre 1893 e sin dalla giovane età appassionato di motori , tanto che partecipò all’invenzione di un motore a benzina per velivoli. Con la 79ª Squadriglia prese parte, nell’autunno del 1917, alla battaglia di Caporetto, durante la quale abbatté due velivoli austro-ungarici, venendo decorato con la Medaglia d’argento al valor militare. Il 30 gennaio 1918 conseguì la sua sesta vittoria, venendo insignito con una seconda Medaglia d’argento al valor militare. Il 4 maggio 1918 affrontò una formazione nemica composta da sette aerei, abbattendone uno e costringendo gli altri a darsi alla fuga. Quello stesso giorno, in un’altra azione, abbatté un altro aereo nemico. Il giorno successivo però, il 5 maggio 1918, il suo Nieuport Ni.27 ebbe un cedimento strutturale in volo durante una manovra acrobatica, precipitò al suolo e rimase ucciso sul colpo. Divenne quindi un eroe valorizzato dal regime. Qui al Nicelli ci fu il primo incontro tra Hitler e Mussolini nel giugno del ’34; Hitler voleva conoscere Mussolini e imparare come diventare un bravo dittatore. Negli anni Cinquanta però, per l’aeroporto iniziò il declino poiché tutte le compagnie che vi operavano si trasferirono, prima a Treviso (1953), poi al nuovo aeroporto di Tessera (1960). Nel 1974 anche le Officine Aeronavali vennero spostate a Tessera. L’aeroporto, per anni, rimase attivo solo grazie al locale Aeroclub. La sua aerostazione è l’unica in Italia a essere rimasta indenne dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e lo testimonia il tipico stile architettonico delle aerostazioni anni ’30; all’interno vi sono affreschi raffiguranti aerei del periodo.

Affreschi all’interno dell’aeroporto

Ci accoglie una signorile e accogliente hall ben arredata con tavoli, sedie, divani e con un buon servizio bar e ristorante. Io e Cesare compiamo le operazioni di picchettaggio per garantire un parcheggio sicuro dell’aereo e ci avviamo al Bed & breakfast prenotato.

Dipinto alle pareti interne dell’aeroporto

Il terreno dell’aeroporto confina con il cimitero ebraico di Venezia che troviamo chiuso, ma dal cancello si vedono le sue antiche tombe ormai oblique, recanti a volte le pietre del saluto lasciate da chi ha fatto visita.

Cimitero ebraico Lido di Venezia

Il nostro alloggio è B&B Castellani, via Bragadin, a poco più di un chilometro, ma è piacevole camminare sul Lido, dove si respira un’atmosfera vacanziera e tranquilla. Ci accoglie la proprietaria, un’anziana signora desiderosa di fare conversazione con due milanesi; ci racconta della sua vita a Venezia, della sua azienda di vetri a Murano e poi della sua attuale attività al Lido. L’arredo della casa con mobili di famiglia anni ‘30 conferma ciò che ci ha raccontato, in particolare apprezzo gli splendidi pezzi di vetreria di Murano di varie epoche. Cesare mi aveva lasciato l’onore di organizzare il tempo libero e quindi lo richiamo subito perché alle ore 14.00 abbiamo programmato l’ingresso alla Sinagoga di Venezia e ci si deve quindi affrettare per prendere il traghetto. Dopo tanti anni che non venivamo a Venezia non pensavamo che il biglietto fosse così caro, 7,50 € a tratta, ma è sempre gradevole viaggiare in vaporetto in una splendida giornata primaverile.
Dopo un lungo giro eccoci alla fermata in corrispondenza del sestriere Cannareggio, dove dal XIII secolo dovevano risiedere gli ebrei. Ci rechiamo alla libreria ebraica dove vedo moltissimi libri ebraici, ne acquisto anche uno della mia adorata Etty Hillesum, poi, formatosi il gruppo di visitatori per la lingua italiana, si inizia la visita del ghetto e della sinagoga. La guida ci mostra la piazza del ghetto dove vivevano gli ebrei che si dovevano distinguere per un berretto rosso e che avevano il permesso di svolgere solo tre tipi di lavori, medici, stampatori e mercanti. Nei giorni di massima espansione arrivarono a essere in 700.000, mentre oggi, dopo la deportazione e la successiva nascita dello stato di Israele, oltre che per l’assenza di scuole ebraiche superiori, non raggiungono i 52.000.

Affreschi all’interno dell’aeroporto Nicelli

La guida ci accompagna in una delle sinagoghe presenti in Venezia che si affaccia sulla piazza del ghetto, è quella attualmente frequentata dagli osservanti. Ha cinque grande finestre per distinguerla dalle comuni abitazioni, all’interno ha l’arca armadio contenente la Torah, incastrata nella parete orientale, che guarda verso Gerusalemme, mentre il pulpito del lettore gli sta di fronte, al centro della sala, sopra una piattaforma leggermente alzata e per le donne vi è un matroneo, dove rimangono separate dagli uomini durante le funzioni. Attualmente in Italia gli ebrei seguono il rito Ortodosso, cioè quello più tradizionalista, a differenza della Francia dove prevale la linea liberale, a guida di una giovane rabbina.
Nel tardo pomeriggio rientriamo al Lido e scegliamo un ristorante per la cena, proprio vicino alla nostra camera; è il ristorante Andri con specialità di pesce: colori, arte, artigianato e quell’accoglienza che ci fa sentire ospiti graditi. È un luogo avvolgente con tanti dettagli unici; noto, appena entrata, che i vetri, i bicchieri, le brocche, i paralumi sono bellissimi pezzi di Murano. Ottimi i piatti di pesce, molto gentile il personale. Il proprietario desidera fare conversazione con noi parlandoci della sua infanzia al Lido, dell’epoca d’oro, con un turismo d’élite, con importanti sport come il tennis e il canottaggio, ma anche arricchita da eventi speciali come quello, ricorda, dell’acrobatica del 1987. Ma i racconti si fanno ancor più intensi quando rievoca i raduni di attori, attrici, registi e registe che venivano nel suo ristorante nei giorni del Festival del cinema. Gli chiedo di parlarci di un regista che lo ha colpito in modo particolare e così ci fa vedere dove sedeva Wim Wenders e le attrici e attori che lavoravano con lui. Ricorda che lasciava loro un bottiglione di vino per la nottata, quando il team rimaneva sveglio per discutere della trama e della sceneggiatura del film che stavano girando. Era l’anno 1986, quello che precedette, per Wenders, la premiazione come migliore regista per il film Il cielo sopra Berlino, viaggio in compagnia di angeli nello spazio di una metropoli, luogo emblematico della storia del novecento europeo.

Ingresso alla mostra Homo faber

La mattina successiva, 15 aprile, è dedicata alla visita della mostra Homo faber, allestita sull’isola di San Giorgio, prima del ritorno nel pomeriggio. 

L’isola di San Giorgio è proprio di fronte a San Marco ed è occupata dalla basilica maggiore, opera di Andrea Palladio, e dal monastero che ha un bel giardino a labirinto.

Labirinto a San Giorgio, 15 Aprile ’22

Siamo subito attratti dal campanile simile a quello di piazza San Marco e la salita ci offre un panorama splendido di Venezia e di tutta la laguna veneta. 

Canal Grande del campanile di San Giorgio

Poi entriamo nel percorso della mostra interamente dedicata all’arte dell’artigianato, dal titolo Homo Faber, termine originariamente coniato nel Rinascimento che coglie ed esalta la straordinaria creatività dell’uomo e della donna. Moltissimi stand hanno proprio donne come artiste con le loro meravigliose manifatture, quale ad esempio la lavorazione dell’oro per i cinturini degli orologi Piaget o l’intaglio delle pietre preziose. 

Lavorazione dei bracciali in oro per orologi da polso

L’artigiana/o è un artista che produce qualcosa che si lega al nostro quotidiano, a cui ci si affeziona, con cui si crea un legame e questa esposizione vuole fornire una panoramica sul meglio dei mestieri d’arte europei, mettendo l’accento su un aspetto particolare: quello che gli esseri umani sanno fare meglio delle macchine. Mi hanno colpito in particolare il laboratorio Magnae Chartae, mostra dedicata alla lavorazione della carta e l’importanza delle varie lavorazioni nei relativi processi creativi, in particolare degli origami.

Origami giapponesi

Dal Giappone viene la fotografa Rinko Kawauchi, che mostra in Gli atelier delle meraviglie una serie di scatti sugli atelier dei Tesori Nazionali Viventi del Giappone, per dimostrare, più di come si fa in Italia, la cura che hanno nel preservare gli oggetti e i loro artefici ancora viventi.

Lavorazione della creta in Giappone

Sarei stata più a lungo a visitare la mostra, ma Cesare mi richiama alla necessità di rientrare all’aeroporto per il ritorno a casa. Si paga il parcheggio di una notte che è di soli 14 €, si compiono le operazioni di rito e, infilate le cuffie, si decolla.

Cesare all’aereoporto Nicelli

Cesare mi dice che l’inclinazione dell’aereo, nonché la posizione del sole alle nostre spalle, consentirà di avere un’ottima visuale su Venezia e in particolare su Chioggia: «Così la laguna non l’hai vista mai!» Mi gusto la vista di Chioggia, faccio molte foto alla bell’isola della laguna di Venezia che ha acque molto basse, dove le persone camminano nell’acqua, ma sembrano sopra l’acqua.

Lasciando Chioggia

C’è anche chi pesca camminando. A Chioggia ci sono le macchine, che a Venezia non ci sono. Ma devono andare piano, quasi non ci stanno. Il nostro volo continua, tutto a ovest, nella rotta contraria a ieri. Spesso Cesare entra in contatto, via radio, con le torri di controllo, prima di Padova e successivamente di Linate; mi spiega che chi effettua questo servizio lo fa nelle ore di luce in cui è consentito agli ultraleggeri di volare, allo scopo di coadiuvare i piloti evitando loro incidenti. Mi incuriosisco al linguaggio utilizzato e mi accorgo che è un codice, sul quale Cesare ha dovuto sostenere anche un esame a Roma. Non devono, infatti, esserci mai dei fraintendimenti nella comunicazione, non ci devono essere parole di troppo, solo quelle essenziali che consentano l’identificazione del velivolo e della sua posizione. Le lettere dell’alfabeto usato non sono di quello italiano, ma di un alfabeto internazionale, rivolto all’uso di piloti di tutto il mondo. Fu individuata una terminologia adatta a una comunicazione chiara e inequivocabile con l’uso dell’alfabeto fonetico della Nato internazionale, ossia Icao (International civil aviation organization) creato al termine dalla seconda guerra mondiale, dopo parecchie sperimentazioni; ne è risultato un alfabeto fonetico con un basso rischio di errore. E così si dice: Alfa, Bravo, Charlie, Delta, Echo, Foxtrot, Golf, Hotel, India, Juliett, Kilo, Lima, Mike, November, Oscar, Papa, Quebec, Romeo, Sierra, Tango, Uniform, Victor, Whiskey, X-ray, Yankee, Zulu. Anche il frasario in aereo è molto specifico, ricco di terminologie proprie ed è diviso in una parte tecnica, con parole e frasi che riguardano l’altitudine e la rotta, ma c’è anche una parte dedicata agli eufemismi, che tendono ad alleggerire l’esperienza di chi vola. Con questa mia scoperta linguistica si giunge presto al campo di Mezzana Bigli; il volo è terminato, Venezia, la Serenissima, è nel cuore mentre il Folder va nell’hangar in attesa di una nuova prossima avventura.

In copertina: laguna veneta, aprile ’22.

In appendice: descrizione tecnica del velivolo Folder, a cura di Cesare Borla.

Il Folder è un velivolo ultraleggero biposto ad ala alta costruito dalla soc. Nando Groppo s.r.l., che poggia cioè su 3 ruote per rendere più facili le manovre a terra.
La costruzione è di tipo classico, completamente metallico, con lamiere di alluminio rivettate. L’apertura alare è di 9 m, la lunghezza di 6,2 m e l’altezza di 2.3 m. L’accesso alla cabina avviene tramite due portiere laterali, i due sedili in cabina sono affiancati, come in automobile. I comandi di volo principali: barra, pedali e manetta, sono doppi, è quindi possibile fare addestramento o far provare l’ebbrezza del pilotaggio al passeggero/a. Il posto di chi pilota è a sinistra, come su tutti gli aerei, diversamente dagli elicotteri che ce l’hanno a destra. Sono inoltre presenti altri comandi per: chiave del quadro, interruttori circuiti d’accensione, flap elettrici, trim, faro di atterraggio ecc.
Il motore ha una potenza di 100 cv e funziona con benzina verde, quella delle auto, il consumo è di circa 15 l/h, il che equivale a 10 km/l, volando a 150 km/h. I serbatoi, che sono nelle ali, hanno una capacità di 100 l; si arriva quindi a circa 1000 km di autonomia, ma meglio tenerne un po’ di riserva…
L’elica è una bipala con passo variabile in volo; questo significa che è possibile adattare il passo elica al regime di volo, sia esso di decollo, salita o crociera.
Il Folder è dotato di paracadute balistico, con estrazione a razzo, che viene innescato da un’apposita maniglia arancione posta tra i due sedili e azionabile quindi anche da chi si trova a fianco di chi pilota, in caso di malore. Il paracadute è in grado di portare a terra l’intero aereo con chi si trova all’interno, in caso di necessità. Diverse persone si sono salvate grazie a questo dispositivo.
La strumentazione è particolarmente completa e ogni strumento meriterebbe una descrizione a sé stante. Si parte con gli strumenti di volo: anemometro (strumento principe, indispensabile per non stallare), variometro, pallina, altimetro, orizzonte artificiale, sbandometro, gmetro; per poi finire con gli strumenti motore: contagiri, map, temperatura olio, temperatura acqua, pressione olio, pressione benzina, temperatura airbox, voltmetro batteria. Sono inoltre presenti gli strumenti indispensabili alle comunicazioni e alla navigazione: radio aeronautica con interfono tra pilota e passeggero/a, transponder per farsi vedere dal radar, due gps cartografici specifici per la navigazione aerea, prese usb per la ricarica dei cellulari.
Ah, dimenticavo, c’è anche una bussola magnetica ma ormai, con la strumentazione di cui sopra, è diventata poco più che un soprammobile.
Prestazioni: il Folder opera tranquillamente da piste in erba o asfalto della lunghezza di almeno 300 m, può superare i 3000 m di quota (siamo stati sopra la bocca dell’Etna a 3400 m), la sua velocità di crociera è di 150 km/h e la massima è prossima ai 200 km/h, mentre la velocità di stallo è di 60 km/h.
Al momento non è installata la navigazione automatica, ma ci stiamo pensando.
Ovviamente l’ultima curiosità riguarda il costo. È difficile rispondere a questa domanda, perché il costo di un aereo dipende fortemente dal suo equipaggiamento e dalla sua strumentazione, molto più che per gli optionals di un’automobile. Accessori come: elica a passo variabile, paracadute, radio, transponder, pilota automatico, ecc. possono incidere per un buon 30÷40% del costo dell’intero aereo. In totale, il modello successivo al Folder, il G70, nuovo, con lo stesso equipaggiamento del Folder, arriva a sfiorare i 150 k€; ovviamente il nostro Folder, usato, vale molto meno.
Sicuramente è un costo importante, grossomodo è come quello di un’automobile sportiva e nemmeno tanto prestigiosa. Solo che l’auto sportiva non vola…
Poi, basta avere persone con cui condividere la proprietà, che i costi si riducono di molto.

***

Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente

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