Donna vs toro. La corrida al femminile

Anche nel mondo taurino, come in tutti gli ambiti dal socio-lavorativo a quello artistico e sportivo, la discriminazione sessista ha penalizzato pesantemente il genere femminile.
Muriel Feiner nel suo libro del 1995 La mujer en el mundo del toro (La donna nel mondo del toro) rende il suo sentito omaggio a molte torere valorose che tra mille difficoltà e incomprensioni, proibizioni del potere politico e disprezzo da parte dei colleghi maschi, hanno lottato per diventare qualcuna nel singolare e meraviglioso mondo del toro. L’autrice lo dice senza mezzi termini: «Il toreo è unisex… Il valore non è mai stato patrimonio esclusivo dell’uomo… Però bisogna tener conto di un fattore fondamentale che ha condizionato enormemente la traiettoria della donna nel mondo dei tori: l’educazione. Per secoli, infatti, le donne sono state preparate esclusivamente a diventare padrone di casa».

Teresa Bolsi, illustrazione di Gustavo Doré (1862)
Edouard Manet, Mlle Victorine Meurent vestita da torera (1862)

In Mujer y tauromaquia fa presente che fra gli oltre seimila tomi dedicati all’argomento conservato nel 1990 nella Biblioteca Nazionale, non sono più di una dozzina quelli dedicati alle donne torere. Dei primi quattro tomi dell’opera Los Toros di José María de Cossío, costituiti da 4125 pagine, solo undici pagine citano il toreo (corrida) femminile. Sono numerose le testimonianze di scrittori e critici di fama che hanno espresso il proprio giudizio negativo sulle torere. Uno le chiamava siniestras anziché diestras. «Lo spettacolo offerto dalle torere è ripugnante e per l’aficionado non c’è nulla di più ridicolo e repellente» scrive il critico Manuel Domínguez Cúchares. Al tempo stesso sono esistiti i difensori, una minoranza, come lo scrittore Felipe Sassone, che nell’anno 1945 annotava: «Mi dispiace veder donne per terra, questo sì; però credo fermamente che possono essere torere e accademiche, perché no?».

Nicolasa Escamilla, conosciuta come La Pajuelera, è la pioniera della corrida per eccellenza, una picadora, cioè una torera a cavallo e una delle più famose, tanto da meritarsi un’illustrazione del grande Goya e una poesia di Fernando Soteras. La prima data certa in cui combatte nelle arene è il 1747. Tra le poche che seguono le sue orme si ricordano soprattutto María Salomé Rodríguez Tripiana, nota come La Reverte (che a volte deve vestirsi da uomo per toreare) e María Dolores Rubio.

Nicolasa Escamilla immortalata nella Tavola n. 22 de La Tauromaquia (Corrida) di Francisco Goya (1816)

Durante il XIX secolo, specie negli ultimi decenni, la magia della corrida non cessa di appassionare e coinvolgere le donne. Nel mondo della tauromachia, però, ricoprono un ruolo laterale rispetto al centro dell’arena. Le donne che hanno voluto passare dal tendido (la gradinata) all’arena, dal ruolo di spettatrici a quello di eroine, sono state numerose nel tempo, ma comunque escluse dai circuiti che contano. Le “señoritas toreras” non sono guardate di buon occhio dalla società perché ritenute donne dai facili costumi e di dubbia moralità. Per evitare gli scandali, il 2 luglio 1908 viene proclamato un editto reale che proibisce la corrida alle donne. Alcuni storici della tauromachia sostengono che un’antica torera abbia continuato la sua attività in arene minori con nome maschile.

Il numero lievita nel Novecento. Nonostante il categorico divieto, Juanita Cruz, coraggiosa pioniera, partecipa a vari eventi, raggiungendo 33 corride nel 1933. La guerra civile interrompe la sua prestigiosa carriera. La matadora si trasferisce allora in Messico dove combatte per dieci anni fino al suo ritorno nel Sud della Francia dove si concederà il meritato riposo.

Juanita Cruz

Maribel Atiénzar, solo 1,56 metri di altezza e 43 chili di peso, è passata alla storia come una delle principali matadoras. Si scontra con più di 2000 bovini ed è la torera che ha tagliato più orecchie a Las Ventas de Madrid.

Maribel Atiénzar

Ancora si ricordano Julita Alcocer, Ángela Álamo e soprattutto Concepción Cintrón Verrill, nota anche come Conchita Cintrón o “La Diosa de Oro” (“La dea d’oro”), cilena di Antofagasta, nata nel 1922, la donna forse più famosa nella storia della corrida, che cavalca il suo primo pony quando ha appena tre anni e manderà in visibilio il pubblico con le sue spavalde e nello stesso tempo eleganti e aggraziate esibizioni. Non ha ancora quindici anni quando combatte per la prima volta in pubblico nella Plaza de Acho, a Lima, la capitale del Perù, nel gennaio 1936. Il 31 luglio 1938 debutta, sempre a Lima, come torera professionista, una rarità per una donna. Dopo un viaggio in Portogallo, si esibisce a Città del Messico il 20 agosto 1938. Non riesce a spuntarla sul toro, che esce vivo e vegeto dall’agone, anzi è lei stessa a essere incornata nel 1940 nella capitale messicana. Sviene, è portata in infermeria, si riprende, torna nell’arena e con un colpo secco abbatte l’animale. Dal suo debutto a Città del Messico nel 1938, durante gli anni Quaranta, Cintrón è una grande attrazione nel circuito della corrida, in Messico, Portogallo, Francia, Ecuador, Venezuela, Colombia e nel Marocco spagnolo. Combatte anche in Spagna, ma la legge vieta le torere. Inoltre, nella corrida spagnola, si affronta il toro a piedi, non a cavallo. Quindi lei può esibirsi come rejoneadora, combattendo il toro in sella a un cavallo, non come matadora. Raggiunge in breve una tale popolarità che alla fine i funzionari trovano il modo di aggirare le leggi; a volte combatte a piedi in occasione di eventi di beneficenza non aperti al pubblico. La sua presentazione ufficiale in Spagna avviene a Siviglia il 23 aprile 1945. Durante i suoi tredici anni di carriera trapassa 800 tori. Contenta e soddisfatta, si ritira nel 1951. «Il suo record è un rimprovero per ognuno di noi che abbia mai sostenuto che una donna deve perdere qualcosa della sua femminilità se cerca di competere con gli uomini» è il commento di Orson Welles.

Alla fine della guerra civile spagnola, con un diktat che non lascia scampo il dittatore Franco proibisce alle donne di combattere a piedi, ma solo a cavallo. Vietato, dunque, calpestare la sabbia dell’arena, come prescrive categoricamente il Regolamento degli spettacoli taurini. Le donne possono comunque assistere alle corride dando tutto il loro incoraggiamento e sostegno al combattente. Questi, alla fine dello scontro, offre loro come omaggio la morte del toro. D’altra parte il regime autoritario e nello stesso tempo cattolico di Franco non può legittimare le donne che uccidono invece di dare la vita.
Ecco perché per quattro lunghi decenni le donne che amano combattere con i tori si trasferiscono nei paesi di lingua spagnola dell’America Latina. Nelle plazas sudamericane, almeno le meno importanti, sono ammesse torere a terra, considerate tuttavia delle semplici attrazioni, scarsamente apprezzate da estimatori e aficionados, e non riconosciute a livello professionale. Non possono indossare lo smagliante traje de luces (l’abito ornato di lustrini, paillette e fili d’oro e d’argento) dei toreri maschi e se la devono vedere con tori di minore peso e diversa apparenza.

Si sbaglia, a ogni modo, chi pensa che le torere siano tutte necessariamente donne spagnole o dell’America di lingua spagnola. La prima donna americana a combattere a piedi in Plaza México, la più grande arena di corrida del mondo, capace di accogliere oltre 40mila spettatori, è Bette Ford, originaria della Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove vede la luce nel 1927. Attrice e modella, si fa un nome col suo primo film, in realtà un cortometraggio biografico del 1954, dall’accattivante titolo La bella e il toro, nel quale la Warner Bros riassume in diciassette minuti la brillante carriera dell’attrice diventata una delle torere più prestigiose. 

Patricia McCormick, nata nel 1929, è la prima donna in Nord America a combattere i tori professionalmente. Debutta come torera il 9 settembre 1951 a Juárez, in Messico. Poco dopo inizia la corrida come professionista matadora nel gennaio 1952. Nel corso della sua decennale carriera, si esibisce in 300 corride in Messico e Venezuela. Sei volte i tori l’incornano, una volta così seriamente, nel settembre 1954, che sembra prossima alla fine. Nel 1962 lotta contro l’ultimo toro a San Antonio, nel Texas. Nel 1954 esce la sua autobiografia, Lady Torero.

In Portogallo, la regina Maria II aveva proibito la corrida nel 1836 ritenendola inadatta a una nazione civile. Il divieto viene revocato nel 1921, ma una legge del 1928 vieta l’uccisione del toro durante un combattimento. In pratica, i tori muoiono spesso dopo un combattimento per le ferite riportate o per essere massacrati da un macellaio. Così, anche il popolo lusitano ha le sue torere, come Sonia Matias, Isabel Ramos, Ana Batista, Joana Andrade. 

Perfino la Svezia può andare fiera della sua Agnes von Rosen. Nata nel 1924, si appassiona alla corrida dopo aver visto in un cinegiornale una donna che combatteva tori a cavallo. Si sposa e si trasferisce in Messico per realizzare il sogno di fare la torera. A parte la sua passione per l’arena, lavora anche come stuntwoman. Quando nel settembre 1955, gli Hell Drivers, i piloti dell’inferno, aprono al Sydney Showground il loro fantasmagorico “Hollywood Tournament of Thrills”, in una folle notte di emozioni, durante la quale si esibiscono in ventidue diverse acrobazie i più famosi stuntman del mondo, Agnes si fa trascinare da un’auto che sfreccia a tutta velocità attraverso un muro di fiamme.

Il 10 agosto 1974, con l’avvio di una rinascita democratica e l’abrogazione dell’articolo 49, le torere sono di nuovo libere di fare la corrida in terra di Spagna. Non hanno, tuttavia, vita facile. Gli spettacoli a cui sono ammesse a partecipare sono soltanto delle ridicole imitazioni della vera corrida virile. María de los Ángeles Hernández Gómez è la prima donna a guadagnare la sua licenza di corrida (torera) dopo la revoca del divieto. Nasce ad Alicante, in Spagna, nel 1946. Appassionata di corrida fin da piccola debutta in arena durante un festival di beneficenza ad appena tredici anni. Il 18 aprile 1973 si esibisce in un’arena vuota contro un toro. Prima di poter indossare la tuta luccicante e affrontare i tori con la spada nel suo paese, Ángela è già una pietra miliare della corrida dall’altra parte dell’Atlantico, soprattutto in Messico, Guatemala, Panama e Venezuela. Per poter partecipare a una vera competizione in terra spagnola, però, deve aspettare il 1974 quando ottiene la licenza che permette anche a una donna di diventare torera. Dopo l’esordio ufficiale nel 1975 a Palma di Maiorca, partecipa a diverse corride, ma la sua carriera da matadora finisce quando viene incornata da un toro.

Ancora durante tutti gli anni Ottanta per le donne non è facile completare la cosiddetta alternativa. Ma non manca l’eccezione che fa la regola. Nell’arena di una plaza de toros, dominio incontrastato degli uomini, ci viene incontro una combattiva madrilena del 1972, Cristina Sánchez de Pablos, la prima torera d’Europa, la prima, cioè, a ottenere lo status completo di matadora. Debutta a Las Ventas (Madrid) il 13 febbraio 1993, una settimana prima di compiere ventun anni e conferma l’alternativa nella stessa plaza qualche anno più tardi. 

Cristina Sanchez de Pablos

C’è silenzio assoluto nel Circo romano di Nîmes, in Francia: è il 26 maggio 1996 quando il decano dei toreri Curro Romero aspetta immobile nel centro dell’arena con in mano gli attrezzi del mestiere: spada e muleta (il bastone da cui pende il caratteristico panno rosso). Con passo deciso si avvicina una ragazza, vestita di rosso e oro, una treccia di capelli sulla nuca al posto del tradizionale codino. Per la prima volta nella storia a una donna viene concessa “l’alternativa”, il rito che fa di una novillera/o un torero a tutti gli effetti, l’atto solenne di investitura in cui un torero di fama ne riconosce uno più giovane, permettendogli da quel momento di condividere il cartellone con altri toreri già affermati: una specie di laurea ovvero di abilitazione professionale all’esercizio della vera e propria corrida. Una notizia che fa scalpore, di cui parlano ampiamente i media. Tutto ciò a consacrazione di una carriera ostacolata fin dall’infanzia, che andava contro la volontà del padre, insegnante in una scuola taurina di Madrid, e della madre. Cristina, però, per tutta la vita vorrà essere chiamata “torero” e non “torera”: «Ho sempre pensato alla mia professione non come una donna scomoda che rompe delle barriere, ma come un torero che voleva raggiungere delle mete, come tutte le donne che entrano in un mondo di uomini, ho voluto farlo non come donna ma come professionista, nella Plaza il toro non domanda il sesso del torero!». Come se il professionismo debba essere solo maschile!!! Ma la declinazione femminile di professioni tradizionalmente maschili, fa molto discutere ancora oggi! Prima di tagliare il traguardo dell’alternativa, Cristina Sánchez ha fatto la gavetta, si è formata come torera a poco a poco nelle arene in Ecuador e in Messico, combattendo per tre anni da novillera, competendo con i migliori professionisti e affrontando tori spaventosi. Dopo quasi un lustro di prestigiosa carriera, il 12 ottobre 1999 si ritira a soli ventisette anni, forse scioccata dall’essere stata esclusa dalla Feria di San Isidro di Madrid (la più rinomata) e non senza polemiche dato che, a suo dire, molti dei suoi colleghi maschi rifiutano di toreare con lei, sentendosi inferiori. Totalizza complessivamente trenta corride in America e sessanta in Spagna, durante le quali si trova a fronteggiare 200 tori. A un passo dall’addio, Cristina è la prima donna a concedere l’alternativa, il 29 settembre 1997, a un’altra donna, la malagueña Mari Paz Vega.

Intanto, c’è un episodio che desta scalpore e suscita un vespaio di polemiche. Nel 1994, ad Aranjuez, un giovane torero in cerca di fama organizza una corrida “solo per donne”. Ottomilacinquecento spettatrici di varie età e classi sociali, arrivate da ogni parte, provocano uno scandalo mediatico per le oscenità che gridano mentre lanciano al torero fiori, reggiseni, mutande, orsacchiotti di peluche, incoraggiandolo a infilzare il toro che sta agonizzando al suolo. I tradizionalisti si indignano per la discriminazione che non ha permesso l’accesso agli uomini sulle gradinate e per la mancanza di decoro di quelle fanatiche e scalmanate spettatrici. Qualche giornalista donna le difende in nome dell’uguaglianza: perché le donne – sostiene – non possono divertirsi dicendo delle oscenità a un uomo, come hanno sempre fatto gli uomini con le donne? Anche questo oggi fa molto discutere: le donne, per essere “alla pari”, devono omologarsi agli uomini anche negli aspetti peggiori oppure rivendicare la libertà di poter essere diverse senza sentirsi inferiori?

È francese Marie Bourseiller, classe 1964, che nel 1991 figura come la prima rejoneadora d’Europa. Ammiratrice di Dominguin, da quando ha sedici anni, Marie-Sara, com’è più comunemente conosciuta, vuole essere una torera. Diventata professionista, è una delle pochissime torere francesi a cavallo insieme a Patricia Pellen e Léa Vicens. Il 21 settembre 1991 Conchita Cintrón le conferisce l’alternativa nell’arena di Nîmes dove stacca l’orecchio a un toro.

La messicana Lupita López (1978), nata e cresciuta in una famiglia di toreri, già a undici anni intravede nel mestiere di torera il suo futuro. Diventa matadora, equivalente a professionista, a 33 anni nel 2011.

Hilda Tenorio riceve un’ovazione in Plaza Mexico

La messicana Hilda Tenorio (nata l’11 giugno 1986), la più grande torera del mondo, battezza la sua fulgida carriera nella più grande arena del pianeta, la Plaza de Toros di Città del Messico, a 24 anni, terza donna messicana a raggiungere il grado di matadora. Con una bella laurea di legge in tasca, dopo un lungo tour in tutto il Messico, debutta ufficialmente come torera il 10 ottobre 2003, il pomeriggio in cui esce trionfatrice dall’arena portata a spalle dagli uomini. Sempre in ottobre, il 19, sullo stesso palco, fa il giro della pista in una performance che è una sua invenzione: El par doble. Torera di grande classe, è la vincitrice delle stagioni 2003, 2004 e 2005 della Plaza de Toros México. Nel 2005, è la prima donna a tagliare tre orecchie di toro in un solo pomeriggio sempre nella Plaza de Toros México. Il 28 febbraio 2010, Tenorio è la prima donna a diventare torera nella “cattedrale della corrida” in Messico a 24 anni. L’8 maggio 2010 a Saltillo, mette alle strette i tori del bestiame di San Martín. In relazione alla sua performance, il giornalista Don Julio Téllez proclama: «Hilda Tenorio è il più importante torero femminile nella storia della corrida universale». Il 15 maggio 2016 a Tepotzotlán, in Messico, è la prima e unica donna a eseguire un’encerrona, cioè lei da sola sostiene un’intera corrida contro sei tori. Il 3 maggio 2019 durante una presentazione in Plaza del Relicario a Puebla è pesantemente incornata da un toro di 580 chili, un colosso. Subisce diciassette fratture al viso, compresa la mandibola rotta, dopo che il toro l’aggredisce mentre gli è inginocchiata davanti. Fine della carriera? Addio alle banderillas? Macché? Per una ragazza di ferro come Hilda nemmeno per sogno. Dopo sei ore di riparazione facciale e dieci mesi di non facile riabilitazione, annuncia il suo ritorno nell’arena. «Ci sono molte donne che mi ammirano, mi hanno detto che sono un ideale per loro e nel modo in cui vado avanti, mostrano un carattere forte, una lotta costante, forse servirà da esempio affinché non rimangano in silenzio, sia che subiscano abusi, discriminazioni o qualsiasi tipo di violenza, perché è quello che mi nutre, mi spinge e mi dà felicità». Complimenti, Hilda!

Hilda Tenorio in pieno combattimento

«Attualmente – come leggiamo in Le Petit Futé Andalusia (D. Auzias, J.P. Labourdette, F. Hugo) e in Storia e dizionario della corrida (R. Bérard), c’è una rinascita di interesse per la corrida a cavallo; il numero di giovani rejoneadoras è in costante aumento, con l’arrivo in particolare di rejoneadoras francesi, messicane, spagnole, portoghesi e colombiane. Per citarne solo alcune: la francese Jackie Paloma, la colombiana Maria Alba, la messicana Paty Gómez Vega, le spagnole Julia Calviere, Noelia Mota Joana Andrade, la portoghese Ana Batista».

In Spagna si estende a macchia d’olio il ”fenomeno Cristina Sánchez”, com’è chiamata la febbre della corrida al femminile. Affascinate dal talento, coraggio, tecnica e arte della famosa matadora, la prima nella storia della tauromachia spagnola contemporanea, oltre duecento signore chiedono di essere ammesse alla prestigiosa Escuela de tauromaquia di Madrid. Nonostante la rigorosa selezione ne promuova soltanto una decina, non c’è da dubitare che in futuro saranno sempre più numerose le donne che non hanno la minima paura di essere incornate.

Da una generazione all’altra, si susseguono nomi eccellenti quali Alicia Tomás, Mari Fortes, Maribel Atiénzar, Cristina Sánchez, Conchi Ríos, Mari Paz Vega, Sandra Moscoso, Raquel Sánchez, e le novilleras Eva Florencia, Vanesa Montoya, Rocío Romero. A esse bisogna aggiungere le torere di Messico, Colombia, Venezuela, Perù, Guatemala, Portogallo, e le degne rappresentanti di Germania, Inghilterra, Ungheria, Tanganica, Canada, Cipro, Stati Uniti. Insomma, di torere ce ne sono in gran numero e di valore.

Tornando a Muriel Feiner, la maggiore studiosa della corrida al femminile, preso atto che fra le oltre duemila aspiranti diciotto abbiano preso l’alternativa, lei si mostra fiduciosa di un futuro prossimo che potrebbe riservarci incredibili sorprese: «Chi può assicurarci che fra le tre o quattro ragazze che oggi imparano l’arte in ciascuna delle scuole taurine di Spagna non si nasconda una grande matadora?». Anche la corrida – se lo augura chi apprezza questa competizione e non la critica come fanno sempre di più molte associazioni di difesa degli animali – prima o poi sarà donna.

In copertina: aspiranti torere alla fine del secolo XIX.

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Articolo di Florindo Di Monaco

Florindo foto 200x200

Docente di Lettere nei licei, poeta, storico, conferenziere, incentra tutta la sua opera sulla Donna, esplorando l’universo femminile nei suoi molteplici aspetti con saggi e raccolte di poesie. Tra i suoi ultimi lavori, il libro La storia è donna e le collane audiovisive di Storia universale dell’arte al femminile e di Storia universale della musica al femminile.

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