Una storia al femminile che sa di fieno e polenta

Se, come me, siete appassionate/i di romanzi storici, non potete assolutamente farvi scappare la riedizione, voluta da chi le ha voluto bene, di Nascere sotto una stella, di Ines Busnarda Luzzi. Questa autrice semi sconosciuta ai più, scrittrice dalla capacità narrativa strabiliante, nasce a Naguarido (frazione del comune di Civo, in Valtellina) nel 1920. Nei suoi molti – tutti bellissimi – testi autobiografici, ci restituisce il ritratto intatto e vivo della vita di montagna nei primi anni del secolo scorso, quando, per andare a scuola, si macinavano chilometri in mezzo alla neve, con un ciocco di legno secco sotto il braccio, per alimentare la stufa dell’aula (rigorosamente posta accanto alla cattedra della maestra, con buona pace di bambini e bambine degli ultimi banchi, che passavano la giornata seduti al freddo).
In Nascere sotto una stella, appena edito da Etabeta, Ines Busnarda Luzzi ci regala la storia, per lo più vera con solo qualche espediente narrativo di natura fantastica, della madre Giulia, ribattezzata Erminia per proteggerne la privacy, nata da padre ignoto a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un racconto al sapore di minestra, mangiata all’alba per colazione prima di uscire con le bestie, dove la lettrice e il lettore si avventurano con Erminia nei boschi della Bassa Valle, faticano con lei nell’orto, in quel pezzetto di terra strappato a sudore e lacrime dalla roccia, subiscono in silenzio le botte del marito Leonardo, sempre pronto a dar credito alle malelingue del paese, gioiscono per la nascita di Ilena (nome con cui Ines ribattezza sé stessa).
Il romanzo, di quasi cinquecento pagine, si legge tutto d’un fiato, grazie alla leggerezza intatta della penna di Busnarda Luzzi, che a Talamona e dintorni è sempre stata per tutti “la maestra Ines”. Questa donna caparbia, che ha dovuto lottare contro l’isolamento della montagna, i pregiudizi del padre che non voleva farla studiare, le mille difficoltà dei trasferimenti in frazioni e paesi su e giù per le Orobie, è stata insegnante elementare per tutta la vita, dai ventuno anni alla pensione. Se n’è andata nel 2008, lasciando in eredità una ricca antologia di racconti per bambini, romanzi, scenette teatrali, ad oggi conosciuti solo da pochi amatori o dagli appassionati della storia della Bassa Valle. Busnarda Luzzi paga ancora, a più di cento anni di distanza dalla sua nascita, l’isolamento della montagna, la fatica di far sentire la propria voce oltre le cime, se si ha la sciagura di nascere donna e povera. Eppure lo stile e i contenuti dei suoi scritti non hanno proprio nulla da invidiare a nomi ben più noti e conosciuti del romanzo storico, come l’ormai famosissima (a ragione, perché anche lei di un talento indiscutibile) Stefania Auci. Certo le tirature delle case editrici contano. Ma contano anche il valore delle parole, la forza della narrazione, la grazia dello stile, il fascino della storia. E quando si legge Nascere sotto una stella, come qualunque altro testo della Busnarda Luzzi, si viene letteralmente risucchiate/i in un mondo lontano e crudo, eppure genuinamente vissuto, capace di portarti al cuore pulsante dell’umanità. E la realtà descritta è ancora facilmente intuibile percorrendo le frazioni e curiosando tra le vecchie case di Caspano, Chempo, Santa Croce, Talamona, Naguarido, Civo. Ecco lì un paio di zoccoli da bambino appesi all’ingresso di una baita, una vecchia zappa, il cui manico è stato lisciato negli anni dalle mani callose di una contadina o di suo marito, l’immancabile paiolo da polenta, annerito da decenni di fedele servizio sopra il fuoco del camino. Le antiche scuole, ormai vuote, hanno le dimensioni di piccole case (una cosa che sarebbe piaciuta molto a Maria Montessori), dove per almeno un secolo, gruppi misti di alunne/i si sono avvicendati tra bacchettate sulle mani e affetti sinceri. Ma c’è di più, nel racconto della Busnarda Luzzi. Erminia, per quanto buona e generosa, fedele sempre ai doveri coniugali e cristiani, è soprattutto una donna intelligente. E quando si ammala seriamente (il tumore all’epoca veniva chiamato dai contadini “il brutto male”) e il marito continua a vessarla, accusandola di fingere, di simulare dolori e fiato corto per scansare i mestieri più faticosi, capisce che non ha più le risorse fisiche ed emotive per fronteggiare una vita tanto ingiusta e se ne va. Abbandona il tetto coniugale con grande scandalo di tutti e profondo turbamento da parte della figlia. Eppure tra le righe si legge, neppure troppo velata, la solidarietà concreta e umile delle altre donne del paese, delle mogli umiliate, delle figlie vessate: un universo femminile solidale e resistente, che si unisce attorno al coraggio di Erminia e non la lascia sola. Un grande insegnamento per la figlia Ilena (la Busnarda Luzzi, appunto), che dalla madre prenderà la tenacia e la forza necessarie per opporsi al volere del padre e inseguire il sogno di diventare insegnante. Un libro vero, pieno di risvolti e insegnamenti sull’importanza fondamentale delle donne nello sviluppo della società contadina, questo di Ines Busnarda Luzzi. Una lettura piacevole e insieme intensa, per salutare l’estate e tornare al quotidiano con maggiore consapevolezza.

Ines Busnarda Luzzi
Nascere sotto una stella
EBS Print, 2022
pp. 482

***

Articolo di Chiara Baldini

BALDINI-PRIMO PIANO.jpg

Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.


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