Ester Lombardo è lo pseudonimo di Giovanna Mogavero; nasce a Trapani, ma la data non è certa, perché il documento dell’Ordine dei Giornalisti riporta il 5 giugno 1901, mentre nell’Annuario della Stampa italiana compare l’anno 1895. Studia prima a Palermo, poi a Roma e decide subito di dedicarsi al giornalismo, firmandosi a volte Giovannella Artale, più spesso Ester Lombardo. Nel 1919 inizia a collaborare alla rivista Il Progresso, ma presto fonda un supplemento femminile di La terra, dal titolo La donna dei campi, rivendicando di aver creato il «femminile agrario». Nel 1922 il supplemento diventa una rivista autonoma, Vita femminile, in seguito trasferita da Roma a Milano dal 1930 al 1943, quando cessa definitivamente le pubblicazioni; distribuita in edicola, «ambasciatrice di buona e vera italianità […] organo del mondo femminile intellettuale e lavorativo d’Italia» (così la definisce la redattrice nel numero di maggio 1930), è destinata al grande pubblico e non solo alle adepte del partito: i contenuti sono vari, dall’attualità a racconti e romanzi, cronache letterarie e artistiche, economia domestica; tuttavia l’attenzione è soprattutto rivolta alla moda e agli eventi mondani. Dopo il trasferimento a Milano la pubblicazione assume un’importanza preponderante grazie al sostegno della Confederazione delle Corporazioni; nel 1925 Giorgio Masi, capo dell’Ufficio Propaganda del regime fascista, la definisce l’«unica rivista» che, pur senza essere un organo di partito, ne condivide pienamente le idee; nel 1936 Maria Cristina Giustiniani Bandini ne loda il contributo «alla battaglia autarchica in fatto di materie tessili e di orientamento del gusto italiano». Sull’onda di questo successo nel 1931 Lombardo riceve il prestigioso incarico di direttrice del Segretariato degli Interessi Femminili, appena istituito nell’ambito della Confederazione delle Corporazioni.
Il suo talento giornalistico si afferma anche su altre testate: collabora con l’Almanacco della donna italiana, dove inizialmente cura la rubrica “Giornali e riviste”; la sua grande occasione si presenta nel 1925, quando sostituisce alla direzione Laura Casartelli Cabrini: socialista non più gradita al regime, aveva preso le distanze dal fascismo quando Mussolini si era espresso negativamente sul problema del voto; dando voce alla delusione di molte donne Cabrini stessa aveva ironicamente definito il voltafaccia la «mise en scène del Governo fascista». Anche Lombardo, proclamandosi femminista nell’articolo “Femminismo e fascismo”, aveva sostenuto con entusiasmo la proposta di legge per il voto femminile sulle pagine di “Rassegna del movimento femminile”, la rubrica dell’Almanacco dedicata all’emancipazione delle donne; rivede però la sua posizione e prende rapidamente le distanze dall’esperienza del passato, come dimostra questa sua dichiarazione: «Il cosiddetto movimento femminile in Italia non c’è più. Nessuno in fondo se ne rammarica. Accade spesso di sopportare, di curare, persino di credere di amare qualcosa che non abbiamo la forza o la voglia o l’occasione di sopprimere, ma se essa si sopprime da sé, ovvero un’anima pietosa ci fa l’inconfessato piacere di sopprimerla, tiriamo un sospiro di sollievo. Mi si dirà: ma anche lei, signora, ha fatto parte del movimento femminile. Sissignore, quando ero minorenne e ci credevo. Verso i vent’anni si crede in tante cose, alle quali poi, ahimè, non si crede più». Lombardo ribadisce infine la sua convinzione chiedendosi, dalle pagine della stessa rivista: «che altro era il femminismo, se non uno dei più caratteristici prodotti della degenerazione democratico-individualista?».
La sua capacità di allinearsi alle posizioni fasciste (e forse un’avventura con Mussolini stesso, peraltro mai documentata) ne fa una potenziale propagandista e le consente di effettuare diversi viaggi che, se non si possono definire vere e proprie missioni diplomatiche, sono però appoggiati dal regime. Così visita l’Africa mediterranea e alcuni Paesi europei; il resoconto del suo viaggio in Scandinavia uscirà sul quotidiano torinese La gazzetta del Popolo fra l’agosto e il novembre 1926; nel 1928 gli articoli saranno raccolti nel volume Luci del Nord. Anche Ester Lombardo, come già Stefania Türr, è dotata di una personalità estroversa e accentratrice che desta inquietudine nei funzionari fascisti. Nel 1935 assume una decisa posizione contro il regime nella polemica sulla moda: infatti, in conseguenza delle sanzioni internazionali relative alla guerra in Etiopia, anche in questo settore economico il fascismo intende diffondere il principio di autarchia, in particolare attraverso l’Ente nazionale della moda. Come risultato delle restrizioni, che impongono la marchiatura indistinta di tutti i prodotti italiani, Lombardo stigmatizza il paradosso: «La signora in nome dell’italianità può essere vestita pressappoco a somiglianza della propria cuoca. Sacrificio che non bisogna chiedere a una signora». Inoltre, l’Ente non mette a disposizione un numero sufficiente di fotografie di moda, quindi le riviste femminili si trovano a subire la concorrenza delle «antagoniste» francesi, poiché «le sarte dove le prendono le idee? – parlo delle piccole sarte – se non comprano i giornali francesi?». La polemica diventa rovente nel 1938, quando Roberto Farinacci, direttore di Critica fascista, la accusa dalle pagine del giornale di aver pubblicato modelli francesi: con un articolo intitolato “Cocciutaggine femminile” auspica un richiamo da parte del regime, che si concretizza immediatamente nel ritiro dalle edicole del numero di febbraio della rivista di Lombardo.
La vis polemica di questa giornalista riprende con nuova energia durante il secondo dopoguerra: querela per diffamazione Ottavia Penna Buscemi, una delle poche figure femminili presenti nell’Assemblea costituente e candidata alla presidenza della neonata repubblica; le due donne erano colleghe nelle file dell’Uomo Qualunque, il partito che interpretava il malcontento popolare soprattutto nel Sud Italia, destinato a scomparire alle elezioni del 1948 per mancanza di un programma adeguato. Le reciproche accuse fra le due (rispettivamente per “diffamazione” e per “indegnità”) non avranno seguito, perché saranno ritirate da entrambe.

Lombardo riprende l’attività di scrittrice negli anni Cinquanta, sebbene con un orientamento più intimistico: pubblica testi rivolti al solo pubblico femminile o di tema religioso, anche in collaborazione con il marito, Giovanni Artieri, giornalista di convinzione monarchica, sposato nel 1932. Da queste brevi note emerge una figura che, come molte altre del suo tempo, agisce sulla base di un «opportunismo più o meno consapevole» fra «confuse velleità emancipazioniste», come afferma la studiosa Emma Scaramuzza. Ester Lombardo si spegne nel 1982 a Santa Marinella (Roma). Il resoconto del suo viaggio, Luci del Nord, è diviso in due parti: la prima riguarda la crociera verso l’Islanda e le isole Svalbard, mentre la seconda descrive il viaggio di rientro via terra da Bergen fino alla Danimarca. Lombardo adotta un tono assertivo, in cui spesso trovano spazio i suoi commenti sulle località e gli eventi del percorso. La sua è quindi una presenza costante nella narrazione, che intende mantenere un contatto diretto e continuato con chi legge, influenzandone, piuttosto che condividendone, le opinioni.
Il libro, pubblicato nell’autunno del 1928, si apre con un Chiarimento: infatti si era appena verificata la terribile tragedia del dirigibile Italia e l’autrice si preoccupa di avvertire il pubblico che, se il testo non fosse stato già consegnato alla stampa, non avrebbe mai osato pubblicarlo dopo quell’evento luttuoso.

La spedizione del dirigibile Italia avrebbe infatti dovuto rappresentare, nelle intenzioni di Umberto Nobile, il seguito della trasvolata polare artica da lui compiuta nel 1926 con il dirigibile Norge insieme con Roald Amundsen. L’Italia giunse a Longyearbyen il 6 maggio 1928 ed effettuò tre voli, l’ultimo dei quali sorvolò il Polo Nord ma, a causa del maltempo e di una serie di errori di valutazione, sulla via del ritorno cominciò a perdere quota fino a urtare la superficie ghiacciata. Dieci uomini, fra i quali Nobile, furono sbalzati a terra, mentre il dirigibile riprendeva quota con gli altri sei. Grazie al materiale fuoruscito dall’Italia al momento dell’urto i superstiti sopravvissero su un lastrone di ghiaccio alla deriva fino al 9 giugno, quando la stazione radio della nave di appoggio intercettò le loro coordinate e furono raggiunti dai primi soccorsi. Le cause dell’incidente non sono mai state chiarite e Nobile stesso non riuscì a dare una spiegazione. È evidente che, al momento della pubblicazione di Luci del Nord, il pubblico italiano era ancora fortemente impressionato da questa tragica vicenda.

La narrazione non considera il viaggio di avvicinamento ma si apre, per così dire, in medias res: nel luglio 1926 Lombardo, all’epoca una giovane donna tra i venticinque e i trent’anni, si trova a Odda, una famosa località turistica nel Sognefjord, dove inizia la sua avventura a bordo del Neptunia proveniente da Amburgo. Da qui il piroscafo prosegue lungo la costa norvegese per poi salpare per il mare aperto e raggiungere le isole Faröer, dove attracca a Torshavn e riparte il giorno seguente alla volta di Reykjavik. La visita alla capitale d’Islanda è molto breve; il gruppo di turisti prosegue in auto per la sede dell’antico Parlamento e il giorno seguente riparte verso l’estremo nord.
Dopo il passaggio del Circolo Polare il viaggio procede verso la banchisa: lo stile narrativo cambia e l’autrice decide di inserire nei capitoli alcune pagine del suo taccuino di viaggio, contrassegnate non dalla data ma dai gradi di longitudine, dai 73° agli 80°12’: con questo artificio la narrazione si trasforma in testimonianza diretta e sottolinea il carattere estremo dell’avventuroso avvicinamento al Polo: si incontrano i primi iceberg e a 80° compaiono le prime foche. Raggiunti gli 80°12’ la navigazione si fa pericolosa e il comandante decide di tornare indietro, facendo rotta sulle Svalbard. La prima tappa dell’arcipelago è Magdalene Bay (Magdalenefjorden), disabitata ma degna di una visita naturalistica. Il piroscafo prosegue senza fermarsi lungo Cross Bay (Krossfjorden), quindi sosta a King’s Bay (Ny-Ålesund), dove l’interesse delle persone italiane a bordo è concentrato sull’hangar del dirigibile Norge. La terza tappa nelle Svalbard è Advent Bay (Longyearbyen), dove si trovano le miniere, dopodiché il Neptunia riprende la navigazione verso Capo Nord, raggiunto il giorno seguente dopo una tempesta. Qui una faticosa salita di cinquanta minuti consente al gruppo di raggiungere la meta. Il piroscafo costeggia poi l’Isola degli Uccelli, quindi si prosegue fino a Hammerfest, dove si sbarca alle tre di notte, in una città addormentata nella luce del sole.
Per incontrare il popolo Sami la comitiva raggiunge Lyngseidet, nei pressi di Tromsø, dove i nomadi si trovavano accampati con gli inseparabili cani. La tappa successiva è Trondheim, quindi la navigazione procede lungo il Geranger Fjord; a Merok il piroscafo sosta per permettere una gita al lago vicino e una visita a Lean. Giunta infine a Bergen, Lombardo sale a Flöien con la funicolare, da dove ammira il panorama della città. Dopo ventotto giorni il Neptunia rientra ad Amburgo, mentre l’autrice prosegue per Oslo in treno. Come a Bergen, anche qui Lombardo ammira il panorama dall’alto, questa volta dalla collina di Holmenkollen.
Stoccolma è raggiunta anch’essa in treno: l’autrice visita la Stadshuset (il Municipio) e si reca alla reggia di Drottningholm, prima di imbarcarsi sull’idrovolante per la Finlandia. L’impressione di Helsinki dall’alto è entusiasmante, ma la breve permanenza consente solo una visita al centro della città. Rientrata a Stoccolma, prosegue attraverso il Götakanal, navigazione che dura in tutto tre giorni e tre notti, fino a Göteborg, da dove il viaggio raggiunge l’ultima tappa, Copenaghen. Prima di ripartire per l’Italia Lombardo visita ancora il castello e la tomba di Amleto a Helsingor, Marienlyst e infine il castello di Frederiksborg, adibito a museo nazionale; da qui, «dopo due mesi di vagabondaggio», rientra ad Amburgo e successivamente a Milano in treno.
In copertina: una fotografia di Leerfos, località vicino Trondheim, in Norvegia.
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Articolo di Rossella Perugi

Laureata in lingue a Genova e in studi umanistici a Turku (FI), è stata docente di inglese in Italia e di italiano in Iran, Finlandia, Egitto, dove ha curato mostre e attività culturali. Collabora con diverse riviste e ha contribuito al volume Gender, Companionship, and Travel-Discourses in Pre-Modern and Modern Travel Literature. Fa parte di DARIAH-Women Writers in History. Ama leggere, scrivere, camminare, ballare, coltivare amicizie e piante.