La notte è mia sorella. La Gallura misteriosa va in scena

Finalmente un romanzo scritto da una donna, con protagoniste donne, con una storia al femminile ambientata in una terra magica come la Sardegna, con richiami al passato e ai miti, ma pure un legame stretto con il presente. Viene definito in copertina un “best seller del mistero”, ma è ben altro e assai di più, come vedremo. Inoltre ha un valore aggiunto che va messo in rilievo: nel momento in cui al Senato della Repubblica si è scelto di mantenere l’uso del maschile “inclusivo” (decisione che suona anacronistica, se non ridicola), la scrittrice usa giustamente la lingua rispettosa del genere, per cui troveremo una dottoressa anatomopatologa, un’archeologa direttrice di un museo importante e una questora dal bellissimo nome: Teresa Batista, che non può non richiamare alla mente la protagonista del romanzo del brasiliano Jorge Amado, forte e battagliera proprio come lei. 

La rocce di Capo Testa. Foto di Laura Candiani

Devo poi confessare che, dopo la lettura di una breve recensione, ero rimasta colpita dai luoghi in cui la storia viene inserita: pur accennando rapidamente a Sassari, Tempio Pausania, Cagliari e Alghero, l’azione si svolge sempre in Gallura, quella terra fra rocce e mare in cui ho scelto anch’io di vivere ogni anno per tutta l’estate. 
Ecco allora la spiaggia di Marinedda, il paese di Trinità d’Agultu, la località di Isola Rossa, la Valle della Luna presso Aggius, Vignola (in copertina, foto di Laura Candiani) dove mi reco di frequente per godere delle acque limpide e dell’accogliente arenile sotto la bella torre aragonese. Insomma, mi sono sentita a casa e volevo saperne di più.

Aggius. La valle della Luna. Foto di Laura Candiani

Nel romanzo di Maria Laura Berlinguer i personaggi principali sono donne, a cominciare dalla citata questora, per arrivare alla vittima, una imprenditrice agricola trovata uccisa sulla spiaggia e circondata da una serie di dettagli misteriosi, tutti da decifrare. Proprio a lei appartiene la voce che via via compare nel testo e che racconta del rapporto tormentato col marito violento, della comunione di idee e di ideali con il padre, di un nuovo amore e della sua condizione di futura madre. Ma la vera protagonista è una bella e raffinata manager cinquantenne proveniente da New York, decisa a stabilirsi nella terra d’origine, dove ha fatto ristrutturare uno stazzo, affacciato su un panorama straordinario; ha un nome altisonante: Julia Carta Alcazar y Nero, marchesa di Isola Rossa, contessa di Montalvo e di Castillo, baronessa di Posada e di Senis, signora del castello della Fava, che rimanda all’antica nobiltà di origine spagnola dominatrice dell’isola per un certo periodo della sua storia. Proprio in quel periodo, fra Cinquecento e Seicento, in cui operava attivamente l’Inquisizione, un’altra Julia Carta viveva in Sardegna, una donna realmente esistita, una maga potentissima con grandi capacità di curare ogni malanno; la sua vicenda si intreccia con quella del romanzo e con la vita della sua omonima, mentre si vengono a scoprire la sua forza buona, la sua dedizione verso il prossimo, la sua innegabile sapienza tramandata di generazione in generazione. La sua sorte fu meno crudele di quella di tante altre curatrici finite al rogo per sospetti, chiacchiere, invidia, maldicenze: processata due volte, nel 1596 e nel 1606, si salvò in entrambi i casi, come riferisce lo storico Tommasino Pinna, che ha indagato su di lei negli archivi di Madrid.

Tornando alla storia, le indagini, dunque, procedono visto che c’è un orrendo delitto da spiegare, a cui si aggiunge poi un altro tragico evento, e la questora non esita a rivolgersi all’amica d’infanzia Julia, che si sente direttamente coinvolta nel caso, come si scopre leggendo. Intorno alle due ruota tutto un universo femminile: la dottoressa, brusca e decisa, l’archeologa legata alle tradizioni della sua terra, una acuta psicologa, una infermiera sospetta, la zingara Godavir, l’amorevole Tata di Julia, e poi Tia Immacolata, una istria (o meiga, o bruja) ovvero una guaritrice di oggi, ancora in grado di dare consigli, preparare pozioni a base di erbe e recitare berbos a favore o contro qualcuno.
Gli uomini sono davvero pochi e relegati in ruoli di contorno, come il vicequestore, oppure sono persone senza qualità e senza carattere, come il marito dell’imprenditrice uccisa, ubriacone aggressivo, o come il professore tanto sapiente, quanto viscido e ambiguo. Ma c’è anche chi spia e ordisce trame nell’ombra, se donna o uomo non sveliamo; potrebbe pure trattarsi di un ricordo, di un sogno, di un’entità misteriosa.
D’altra parte di antichi rituali e di miti si parla molto nel romanzo e, di tanto in tanto, come ci anticipano le due pagine del Prologo, le janas, le piccole fate generate nella notte dei tempi dalle operose api, intervengono nella vita degli esseri umani: «Da allora le donne godono della loro protezione, mentre gli uomini subiscono la loro ostilità.”Ed è per questo che le cose più belle e delicate da noi sono opera di mani e intelligenza femminile, mentre gli uomini sono rimasti rozzi guerrieri” [Giuseppe Dessì]».
Le janas saranno presenti attivamente anche nell’Epilogo, pronte a salvare una creatura bisognosa di aiuto: come uno sciame luminoso di lucciole scendono sulla terra, circondano «quell’anima buona, rassicurandola», e la trasformano in una di loro, destinandola all’eternità. Oltre a queste presenze, assai forti in Sardegna se sovente si incontrano davvero domus de janas scavate nella roccia, adibite un tempo a necropoli, ci possiamo pure imbattere in voli di amichevoli uccelli notturni, in interventi inspiegabili, in incontri con forze soprannaturali, non si sa però se solo frutto della fervida immaginazione di Julia.

Nel romanzo, come già accennato, c’è altro e questo piacerà a chi ama una certa Sardegna selvaggia e ancestrale, con i suoi paesaggi aspri, con i suoi silenzi («In Sardegna il silenzio racconta più di mille parole») e le sue voci, con la sua vegetazione mediterranea e i suoi magici tramonti, sfumati di infiniti colori, con il suo vento prepotente e tenace. «Il maestrale è un vento dominante che può durare da uno a cinque giorni, sempre in numeri dispari. Sotto la sua potenza le acque cristalline della Sardegna si trasformano in onde alte e pericolose, che si schiantano con violenza sulle spiagge, risucchiando con voracità tutto ciò che trovano». C’è poi spesso la lingua sarda, nelle forme del campidanese e del logudorese, come precisa l’autrice, per dare verità a locuzioni, espressioni familiari (sa pizzinna, la bambina; figliamì), oggetti (le launeddas), luoghi, alimenti (la peretta). Ma ci sono pure i profumi e i sapori di cibi prelibati e antichissimi, preparati dalle mani sapienti delle donne: le spianate, la minestra di ceci con il finocchietto, i ravioli, le marmellate casalinghe, le salse di pomodoro, i soffritti croccanti, i turonzos (palline fritte di formaggio e miele), veri balsami per il corpo e per lo spirito, insieme ai vini locali e all’immancabile mirto ben freddo. Fra i saperi femminili, passati di madre in figlia, c’è la conoscenza delle erbe officinali, da cercare e lavorare in momenti specifici, di solito all’alba o al tramonto, destinate ad alleviare tanti malanni della mente e del cuore. Julia conserva gelosamente il quaderno della nonna, abile raccoglitrice, con le sue fitte annotazioni e i suggerimenti, e rientrata nella sua isola via via se ne appropria, da un lato per dimenticare i momenti bui del passato, dall’altro per fare chiarezza nei suoi ricordi confusi di bambina. Proprio quegli eventi del passato, da cui i nonni la vollero allontanare, saranno una delle chiavi per comprendere gli enigmi, ma, come sempre, i delitti sono frutto di menti malate e le motivazioni sono quelle più comuni e banali: invidia, gelosia, rancore. Risolto il caso, una nuova sfida attende Julia: la volontà di crearsi un futuro davvero sereno.

Maria Laura Berlinguer 

Qualche parola sull’autrice, al suo esordio nella narrativa. Residente a Roma, ma nata in Sardegna (e con la Sardegna sempre nel cuore), nipote del segretario del Pci Enrico Berlinguer, anche lei, a un certo punto della vita, ha lasciato una carriera ben avviata, ha scelto di osare e ha creato un blog, grazie al quale promuove il made in Italy artigianale e lo stile italiano, diventando, come si usa dire, una apprezzata influencer. Grazie a un sogno, racconta in varie interviste di essersi trovata immersa in questa storia, di aver sentito la necessità di conoscere la vera Julia Carta, di essersi documentata (bibliografia e sitografia sono in calce al volume) e di essersi messa a scrivere con passione, facendo tesoro dei consigli di una sua vecchia insegnante. Terminata la piacevole lettura, se proprio devo fare un piccolo appunto, visto il mio occhio allenato di correttrice, direi che, in fase di editing, sarebbe stata opportuna una revisione più accurata per evitare alcuni refusi, per non confondere frasi pronunciate e pensieri utilizzando gli stessi caporali, e per eliminare varie ripetizioni; il testo ne avrebbe giovato in scioltezza.

In copertina: Torre di Vignola. Foto di Laura Candiani.

Maria Laura Berlinguer
La notte è mia sorella
L’Età dell’Acquario, Torino, 2022
pp. 368

***

Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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