La metà dell’arte. Frankenthaler e Choucair

«Di tutte le arti, la pittura astratta è la più difficile. Richiede che tu sappia disegnare bene, che tu abbia una maggiore sensibilità per la composizione e i colori e che tu sia un vero poeta», diceva Vassily Kandinsky.

E tante sono state le artiste che si sono dedicate all’astrazione, tutte coraggiose, perché la pittura che gioca con le geometrie, i colori, i simboli, i concetti, come ben sapeva Kandinsky, è più ardua di quella che usa corpi e figure per esprimere emozioni. In questa mostra al Palazzo della Procura di Tivoli le astrattiste sono ampiamente rappresentate, e l’elenco si allunga con un’americana, un’espressionista che ha fatto parte del movimento Color field, e la prima artista astratta in Libano.

Helen Frankenthaler (New York City, 1928 – Darien, 2011)

Mountains and Sea, 1952 – Helen Frankenthaler

Nata da una famiglia ebrea colta e progressista, determinata a intraprendere una carriera artistica, dopo la laurea al Bennington College, nel Vermont, nel luglio 1949, iniziò a dipingere a tempo pieno. Nella primavera del 1950 organizzò una mostra di ex pittori del College per la Jacques Seligmann Gallery di New York. Lì conobbe Clement Greenberg, uno dei più importanti critici d’arte dell’epoca, che la introdusse sulla scena artistica newyorkese e per lei coniò il termine Color field painting, pittura cioè caratterizzata da ampie aree di un unico colore, più o meno piatto, che si distinse dalla Action painting in quanto ne rimuoveva i contenuti emozionali. Questo stile affermava un vero trionfo del colore, ed era caratterizzato dall’uso di tonalità simili per tono o intensità, da grandi formati e composizioni semplificate, e dall’assenza di contenuto emotivo, mitico o religioso. Con Greenberg iniziò una stretta relazione quinquennale; in seguito, nel 1958, sposò il pittore Robert Motherwell, da cui divorziò nel 1971. Una delle sue prime opere è Mountains and Sea, del 1952, un quadro grande, dove il nucleo pittorico è nel mezzo della tela stessa, mentre i bordi sono di scarsa importanza per l’insieme compositivo. Dipinto quando Frankenthaler aveva 23 anni, fu il suo primo lavoro esposto e, sebbene inizialmente stroncato dalla critica, in seguito divenne la sua tela più conosciuta.

Frankenthaler aveva fatto un viaggio all’isola di Cape Breton, in Nuova Scozia, durante il quale dipinse paesaggi utilizzando un’attrezzatura da cavalletto pieghevole. Mountains and Sea è stato dipinto dopo questo viaggio e, sebbene non sia una rappresentazione diretta della costa della Nuova Scozia, contiene elementi che suggeriscono una sorta di paesaggio marino, come i tratti di blu che si uniscono alle aree di verde. Per realizzarlo, posizionò una tela sul pavimento e versò il colore direttamente su di essa: era la prima volta che usava questa tecnica di colorazione.

Nei dipinti successivi cominciò a diluire i colori ad olio fino alla consistenza dell’acquerello in modo che impregnassero la tela piuttosto che accumularsi sulla sua superficie.

Eden, 1956 Helen Frankenthaler

Eden, del 1956, raffigura un paesaggio immaginato dall’artista, un mondo astratto, interiore, idealizzato. L’opera è quasi interamente gestuale, fatta eccezione per l’incorporazione del numero “100” due volte al centro dell’immagine.

Swan Lake, 1961 Helen Frankenthaler

In Swan Lake una vasta area di pittura blu è interrotta da zone che rimangono bianche. Un quadrato marrone abbraccia il blu, bilanciando i toni freddi del blu con quelli caldi del marrone.
Se in alcuni dipinti del suo primo periodo lo stile richiama composizioni di Jackson Pollock, per l’uso di grandi formati e il lavoro sulla tela appoggiata a terra, presto diventò proprio e originale. Negli anni Sessanta e Settanta le composizioni diventano più schematiche per esplorare la piattezza della tela, come in Italian Beach (1960) o Riverhead (1963): pittura diluita con trementina, grandi tele orizzontali su cui sono stese enormi macchie di colori accesi, più o meno cariche di intensità a seconda della quantità di materiale versato.

Italian Beach, 1960 Helen Frankenthaler
Riverhead, 1963Helen Frankethaler

Durante la sua carriera Frankenthaler non ha mai smesso di provare nuove esperienze. Dal 1976 iniziò a sperimentare la stampa realizzando delle xilografie. Per renderle simili al suo stile pittorico, dipingeva sul legno stesso Nel decennio successivo si rivolse a un vocabolario artistico completamente nuovo: l’applicazione sulla tela di gocce, punti o tratti più forti che energizzavano l’insieme (Brother Angelo, 1983).

Nella sua produzione meno nota dei primi anni ’90, di cui alcuni titoli fanno esplicito riferimento alla natura (Maelstrom, 1992) appare una nuova gamma di colori con una netta predominanza del bianco.

Brother Angelo, 1983 Helen Frankethaler
Maelstrom, 1992 Helen Frankenthaler
Madame Butterfly, 2000 Helen Frankenthaler

Col suo talento e la sua determinazione ha ottenuto notevoli riconoscimenti istituzionali, risultato ancora più impressionante, se si considera che sono stati realizzati da una donna della sua generazione. Il mondo dell’arte newyorkese degli anni ’50 e ’60 era infatti decisamente un mondo maschile in cui le donne occupavano al massimo uno status marginale. Poche di numero e praticamente invisibili rispetto alle loro controparti maschili, si esibivano meno frequentemente, per cui Helen Frankenthaler, rispetto alle artiste del suo tempo, fu un’eccezione alla regola che solo gli uomini potevano occupare il centro della scena nel mondo dell’arte di New York.

L’artista si è dedicata anche all’insegnamento ed è stata docente alla Boston University per il corso di laurea in Arts Administration.

Le sue opere sono state esposte in gallerie e musei di tutto il mondo, dalla sua prima mostra personale alla Tibor de Nagy Gallery nel 1951 a quella al Jewish Museum, del 1960, al Whitney Museum, del 1969, al Guggenheim, del 1985 e al MoMA del 1989. Il posto che ora le viene riconosciuto nel campo dell’astrazione americana spazza via definitivamente il giudizio della critica che all’epoca l’accusava di aver realizzato un’arte “troppo morbida” o “troppo femminile”.

Saloua Raouda Choucair (Beirut, 1916 – 2017)

Pittrice e scultrice libanese, Choucair è stata la prima artista astratta nel suo paese, considerata come uno dei migliori esempi dello spirito di astrazione caratteristico dell’arte visiva araba, completamente scollegato dall’osservazione della natura e ispirato alla geometria.

Proveniva da una famiglia di professionisti, medici, avvocati, ingegneri e storici. Il padre morì di tifo nel 1917. Rimasta vedova presto, la madre dovette allevare tre figli da sola e in circostanze difficili. Choucair ha trovato ispirazione in sua madre, che, oltre ad essere ben istruita, abile oratrice, era anche poetessa. Iscritta alla Ahlia School nel 1924, disegnò una moltitudine di manifesti scolastici ed era nota per la produzione di caricature dei suoi insegnanti, alcune delle quali furono pubblicate sul giornale della scuola. Dopo il liceo, frequentò l’American Junior College for Women e si laureò in scienze naturali nel 1936. La sua formazione deve molto ai suoi viaggi. Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, l’artista si recò in Egitto per studiare arte, ma tutti i musei erano chiusi a causa del clima turbolento dell’epoca.

Autoritratto, 1943 Saloua Raounda Choucair

Decise allora di passeggiare per le strade del Cairo e di visitare le moschee. L’esperienza ebbe un forte impatto su di lei: si innamorò dell’arte e dell’architettura islamica, che riteneva un’arte senza tempo. La combinazione di elementi architettonici ed elementi islamici divenne centrale nella sua produzione artistica, dove forme ripetute e modulari sono ispirate dal suo amore per la geometria e la matematica. Dopo il suo soggiorno di sette mesi al Cairo, Choucair tornò in Libano e iniziò a lavorare presso la biblioteca dell’Università americana di Beirut nel 1945, iscrivendosi contemporaneamente ad alcuni corsi di filosofia e storia.

Nel 1948 a Parigi conobbe l’arte astratta. Vi rimase per tre anni e mezzo e si iscrisse all’École Nationale des Beaux Arts. Durante il suo soggiorno parigino frequentò lo studio di Fernand Léger, e fu una delle prime artiste arabe a partecipare al Salon des Réalités Nouvelles. Prima di tornare in Libano, tenne la sua prima mostra personale a Parigi nel 1951 presso la galleria Colette Allendy, che ebbe molto successo. Un critico scrisse: «I muri della Galerie Allendy stanno per esplodere con la forza dei dipinti appesi lì questa settimana».

Gradual Rythmical Composition, 1953 – Saloua Raouda Choucair
Dream decision, 1976 – Saloua Raouda Choucair

Choucair ha lavorato in diversi media perseguendo i suoi interessi per la scienza, la matematica, l’arte e la poesia islamica. Nel 1959 iniziò a modellare l’argilla e intagliare il legno. Le sculture da lei realizzate dagli anni ’50 agli anni ’80, utilizzano il legno, il metallo, la pietra e la fibra di vetro, sono precise e geometriche, e si basano sulle proporzioni del cerchio.

Infinite Structure, 1963-65 – Saloua Raouda Choucair
Poem, 1963-65 – Saloua Raouda Choucair

L’approccio sperimentale ai materiali si accompagna a un uso elegante di forme modulari, linee e curve tratte dalle tradizioni del design islamico. La serie Poesie è costituita da sculture modulari con parti che si impilano insieme in modo flessibile. Ogni modulo, come le strofe della poesia araba, può stare da solo o essere impilato con altri. Un ulteriore gruppo di opere è noto come i Duali, che hanno due parti ad incastro.

Duali, 1978-80 – Saloua Raouda Choucair

Negli anni ’80 realizzò un gruppo di sculture sperimentali in alluminio, plexiglass e fili di nylon, nel tentativo di incorporare il movimento nelle sue opere.

Choucair ha ricevuto crescenti riconoscimenti e premi per il suo lavoro. Nel 2013 la Tate Modern ha tenuto la prima retrospettiva internazionale del suo lavoro. Nel 2014 l’Università americana di Beirut le ha conferito un prestigioso dottorato onorario.

Doodle di Google, 2018

Il 24 giugno 2018, un doodle di Google ha commemorato quello che sarebbe stato il 102° compleanno di Saloua Raouda Choucair, morta l’anno prima.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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