
Quando Carlo d’Asburgo incontrò il suo primo ma effimero amore, Giovanna van der Gheynst, l’Europa era in subbuglio: la ricchezze e le nuove opportunità portate dalla scoperta dell’America appena trent’anni prima si contrapponevano ai conflitti teologici, etici ed armati scaturiti dalla pubblicazione delle 95 tesi di Martin Lutero e dalla conseguente nascita dei movimenti protestanti contro una Chiesa sempre più corrotta e più incline alla cura dei propri interessi politici che a quelli spirituali. In questo clima, una particolare congiuntura dinastica portò sotto il comando di un solo uomo la maggior parte del territorio del continente: Carlo V d’Asburgo ereditò dalla madre Giovanna di Castiglia e Aragona i regni di Spagna e le colonie nel Mediterraneo e in America; dal padre Filippo d’Asburgo ereditò i Paesi Bassi, l’Austria e l’elezione a imperatore del Sacro Romano Impero, più svariati territori nella penisola italiana. Nel 1521 Carlo era già re di una Spagna unificata e da tre anni era imperatore del Sacro Romano Impero, ma ancora non aveva preso moglie – sposerà Isabella del Portogallo nel 1526. Giovanna van der Gheynst era l’orfana di un lavorante di tappeti e arazzi, e la sua bellezza ed eleganza attirarono l’attenzione del sovrano. Da quell’amore breve ma intenso in un giorno non meglio precisato del 1522 nacque Margarita, la prima dei figli naturali dell’imperatore. Contrariamente a quanto facevano molti all’epoca, Carlo non rinnegò mai la relazione con Giovanna – con cui rimase in rapporti amichevoli, garantendole un buon matrimonio con un alto funzionario di corte e una lauta pensione per vivere serenamente il resto dei suoi giorni – né ignorò l’esistenza di Margarita, garantendole un’educazione uguale a quella che diede poi ai figli nati dal matrimonio con Isabella. La piccola venne affidata alla corte fiamminga di Malines mentre Carlo era via per governare i suoi territori. Sotto la supervisione di due donne potenti e istruite, la zia paterna Margherita di Savoia e, alla morte di questa, la zia Maria d’Ungheria, la bambina imparò a leggere, scrivere e a far di conto, ad apprezzare le arti e a raffinare il gusto per il bello, nonché a tenere in grande considerazione la dignità dinastica derivata dal sangue che le scorreva nelle vene. In questo periodo mai perse i contatti con i suoi genitori, scrivendo loro regolarmente e mostrandosi affettuosa con i fratellastri e le sorellastre nate dai successivi matrimoni di Carlo e di Giovanna.
Nel 1527 Roma venne saccheggiata dai lanzichenecchi finanziati da Carlo V, uno degli eventi più crudi e disturbanti della storia della città, che lasciò una profonda impressione in tutto il continente. Papa Clemente VII fu costretto a rinchiudersi a Castel Sant’Angelo prima di un umiliante esilio, punito per essersi opposto all’imperatore.

Nel 1529, tuttavia, i rapporti erano già migliorati, instaurando nuovi equilibri a discapito dell’odiato nemico francese: a Barcellona, il 29 giugno, venne firmata una pace di cui il matrimonio tra la settenne Margarita e Alessandro de’ Medici, nipote del papa, avrebbe fatto da garanzia; in cambio, Carlo avrebbe aiutato i Medici a tornare a Firenze e governarla. Venne atteso che Margarita compisse i 12 anni per preparare le nozze.
Carlo diede in dote alla figlia i feudi di Penne, Campli, Ortona, Leonessa, Cittaducale e Montereale in centro Italia, e Castellamare di Stabia, Altamura e la Signoria di Roccaguglielma presso il regno di Napoli.

Proprio a Napoli Margarita con la sua numerosissima corte venne mandata a vivere presso la famiglia del viceré dove fu educata agli usi e costumi della penisola in preparazione al matrimonio. Lo stigma dell’essere una “bastarda” cominciò a pesare sulle sue spalle, soprattutto quando le corti italiane in cui soggiornò per brevi periodi prima di arrivare a Napoli si trovarono davanti non una bambina sottomessa e silenziosa, ma una giovinetta curiosa e vivace, educata dalle zie ad amare la cultura e le arti, e con una insolita passione per la caccia e l’equitazione.
Le malelingue non intaccarono la giovialità di Margarita, che guardava in modo molto positivo la sua futura unione con Alessandro: durante la sua sosta a Firenze il duca, di 12 anni più grande, la accolse con tutti gli onori e si profuse in regali e corteggiamenti; Margarita rimase piacevolmente colpita, ignorando la reputazione di libertino del suo futuro sposo.

A Napoli Margarita si dimostrò degna del suo lignaggio, e nonostante avesse appena 12 anni evidenziava un contegno e una consapevolezza della ragione di Stato e del suo ruolo in esso tale da lasciare stupiti sia i suoi protettori napoletani che i collaboratori del padre, che puntualmente gli comunicavano i progressi della figlia. La città partenopea la fece innamorare di tutta la penisola e delle sue genti, rafforzò il suo credo cattolico e ispirò i primi atti di un’umanità ed empatia che sempre la contraddistingueranno, come quando prese a corte una giovane condannata a morte per aver ucciso un principe napoletano che aveva cercato di violentarla.
Rimase sempre devota ai suoi genitori, ma in Italia perse i contatti con la madre, mentre col padre i rapporti saranno sempre molto complessi.
È difficile dire se Carlo amasse sua figlia, ma è indubbio che riponesse molta fiducia in lei: significativo è il fatto che, anche se non la legittimò mai formalmente – Margarita era nata prima che Carlo si sposasse, una situazione che la poneva in un limbo giuridico particolare – le impose di firmarsi in tutte le lettere che avrebbe scritto come Margarita d’Austria, esattamente come avrebbe fatto un membro della famiglia Asburgo.
Clemente VII fece appena in tempo a concludere le nozze fra sua nipote Caterina e il delfino di Francia Enrico II prima di spirare il 25 settembre 1534, lasciando incompiuti i suoi progetti politici. Per assicurare il potere ad Alessandro e contrastare le ambizioni del nuovo papa, Paolo III, era necessario celebrare le nozze il prima possibile. Queste si tennero in forma civile a Napoli nell’agosto del 1535, dopo il vittorioso ritorno di Carlo V dalla campagna contro l’Impero ottomano: Alessandro, giunto in città per potersi difendere davanti all’imperatore dall’accusa di aver ucciso suo zio, il cardinale Ippolito, uscì pulito dal processo e poté sposare la fidanzata ormai tredicenne. La funzione religiosa si tenne a Firenze l’anno seguente.
Margarita era innamorata del marito, e o ignorava o dava poco peso sia alla sua condotta libertina – non certo tenuta nascosta – sia alle critiche del suo governo. Fu proprio l’amore per le donne a condurre il giovane duca alla rovina: attirato con la promessa di una avventura galante Alessandro trovò la morte per mano di sicari commissionati dal cugino Lorenzo, appartenente ad un ramo cadetto dei Medici. Firenze cadde di nuovo nel caos. Mentre Cosimo I de’ Medici, figlio di Giovanni delle Bande nere, prendeva le redini del ducato, Margarita fu costretta a una precipitosa fuga, non avendo neanche il tempo di elaborare il lutto. Cosimo si prodigò per aiutare e proteggere la giovane duchessa, sia per poter consolidare il proprio potere a Firenze avendo la figlia dell’imperatore dalla sua parte sia, eventualmente, per poter aspirare alla sua mano. Ma Carlo aveva altri progetti per lei: dopo essersi assicurato che fosse al sicuro e circondata da fedelissimi, intavolò trattative con papa Paolo III per farla entrare nella famiglia di quest’ultimo, i Farnese.

Margarita, vedova a quindici anni e con una dote non indifferente che oltre a vasti territori comprendeva beni preziosi appartenuti al defunto marito, venne promessa al giovane Ottavio Farnese, nipote del papa, nel 1538. Ancora addolorata per la vedovanza e dispiaciuta per non aver potuto sposare Cosimo, fu oltraggiata dalla giovanissima età del nuovo marito, parte di una famiglia appena entrata sullo scacchiere politico italiano e molto meno prestigiosa dei Medici. Margarita non esitò ad esprimere la propria contrarietà alle nozze sia ai collaboratori che al padre, il quale avrebbe presto avuto prova di quanto la figlia avesse ereditato da lui determinazione e testardaggine.
Il contratto nuziale fu firmato il 12 ottobre del 1538, dopo essere riusciti ad ottenere il consenso di Margarita – non senza che questa avesse ribadito al suo confessore la sua contrarietà alle nozze. La dote dei due sposi venne unita in quello che andrà a costituire lo Stato farnesiano, comprendente parte dell’odierna Umbria, Abruzzo e Lazio. Margherita partì per Roma e venne accolta da Paolo III con tutti gli onori degni della figlia di un imperatore e futura sposa dell’amato nipote. Tuttavia, ben presto qualunque giovialità e gentilezza si esaurirono di fronte del carattere forte della principessa.
Significativo fu che, arrivata in città, Margarita risiedette nella villa medicea a Monte Mario, ricevendo lì tutte le più alte personalità compresa la futura suocera e le altre nobildonne Farnese. Dopo essere stata ricevuta dal papa e aver conosciuto Ottavio si tenne il rito religioso del matrimonio, durante il quale si rifiutò di pronunciare il fatidico “sì” – una cosa ritenuta di poco conto nell’immediato.
Margarita andò ad abitare a palazzo Cesi, che divenne un vivace ritrovo per la nobiltà, per artisti e scrittori, che da quel momento cominceranno a chiamarla Madama Margarita. Gli ospiti raccontano che anche dopo il matrimonio la giovane sposa si comportava ancora come una vedova e che escogitava stratagemmi per tenersi lontana dal nuovo marito, considerato troppo giovane e di rango inferiore. Paolo III e Carlo V vollero aspettare ancora qualche mese, affinché Ottavio giungesse alla “piena virilità” prima di fare pressione sui due sposi affinché consumassero; ma davanti al deciso rifiuto di Margarita sia lo Stato pontificio che l’imperatore ne fecero una questione politica.
La duchessa adduceva di non aver mai dato il proprio consenso alle nozze e di non aver neanche pronunciato il sì al matrimonio, sostenendo quindi che mancassero le basi per forzarla a consumarlo. Il suo rifiuto era tale che a Ottavio era proibito accedere nella sua dimora; questi, dal canto suo, non fece molto per entrare nelle grazie della moglie, rendendola vittima di scherzi e piccoli agguati che nulla facevano per migliorare il loro rapporto.
Con la crescente conflittualità con la Francia e le mire di Cosimo I de’ Medici sul patrimonio della sua parente acquisita, aumentarono le insistenze e in alcuni casi le minacce sia da parte del papa che da parte dell’imperatore, ma per mesi Margarita fu irremovibile, anche a costo di guastare i rapporti con la sua famiglia di sangue e con quella acquisita.

La complicata situazione familiare non fermò la duchessa dall’interessarsi degli affari politici, sempre conscia della propria posizione: si legò molto a Ignazio di Loyola, che le offrì conforto e guida spirituale, ricevendolo nel palazzo di proprietà del vecchio marito e che da quel momento verrà chiamato Palazzo Madama in onore della sua illustre padrona; a favore del Loyola Margarita supportò la creazione e il finanziamento del Collegio Romano; molti osservatori e commentatori notarono il carattere forte e intraprendente della Madama, nonché la sua spiccata generosità con le persone più umili, che le valsero il rispetto e la devozione della popolazione romana.
Dopo essere riusciti mettere un punto fermo sulla sua eredità di vedova, Margarita e il padre si riappacificarono. Divenne anche più ben disposta verso il marito, ormai cresciuto e tornato vittorioso dalla guerra contro gli Ottomani a fianco del suocero. Nel 1545 diede alla luce due gemelli, i tanto attesi eredi, Carlo e Alessandro; Carlo morì poco dopo la nascita con grande dolore dei suoi genitori; Alessandro, destinato a diventare uno degli illustri politici e condottieri del Cinquecento, fu l’unico erede di casa Farnese, educato dai migliori insegnanti e ricoperto di tenere attenzioni; per celebrare l’avvenimento, superati tutti i dissapori, Carlo V accettò la creazione del ducato di Parma e Piacenza, investendo la figlia e Ottavio dei titoli di duchessa e duca di Castro. La maternità convinse Margarita a dedicarsi anima e corpo alla causa dei Farnese; da sempre cattolica devota, si impegnò in numerose opere di carità e di assistenza. Lo spirito umanista e la fermezza del carattere fecero di lei una governante amata e rispettata, energica e fiera ma mai dispotica.

Nel frattempo, mentre il concilio di Trento e la Controriforma prendevano il via, i rapporti fra Paolo III e Carlo V si guastarono: il papa continuava a tentennare nel suo favorire la Francia o l’impero, e Carlo era sempre più insofferente verso i Farnese, che contrastavano i suoi piani egemonici. Nel 1547 Pier Luigi Farnese, padre di Ottavio, venne assassinato dal rivale Ferrante Gonzaga, governatore di Milano, che si apprestò a invadere il ducato di Parma e Piacenza col beneplacito dell’imperatore. Paolo III reclamò i diritti dello Stato pontificio su Piacenza, ma Carlo contestò e ribaltò queste pretese. Margarita con stupore di tutti si schierò con Ottavio, sfuggito miracolosamente all’attentato; una decisione decisamente sofferta, ma la duchessa aveva gli interessi del piccolo Alessandro da tutelare. Non esitò a sfruttare il proprio status e la propria influenza per mediare fra il papa e il padre, e poi fra questi e il marito quando Ottavio si rivolse al nuovo re di Francia Enrico II per riottenere il suo ducato. Nel 1550, dopo la morte di Paolo III, Margherita raggiunse Ottavio a Parma, dove si prese cura del popolo afflitto dalla guerra, guadagnandosene l’affetto e la stima.
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.