Un gesto di cittadinanza attiva alle elezioni

Una delle campagne elettorali più noiose della storia italiana si è finalmente conclusa. Le elezioni, che, non dimentichiamocelo mai, sono indette dal Capo dello Stato per consentire all’insieme dei cittadini e delle cittadine italiane, di scegliere (eligĕre) le persone che li rappresenteranno in Parlamento un risultato positivo lo hanno ottenuto. In questo articolo non leggerete l’ennesima analisi del risultato elettorale (ce ne sono moltissime reperibili in rete) ma una riflessione su come una parte di cittadini e cittadine si sia attivata, in occasione di questa tornata elettorale, per far sentire la propria voce su una delle leggi meno rispettose dei principi costituzionali in materia di voto, il cosiddetto Rosatellum-bis.
Uno degli aspetti che più ci infastidiscono è sentir nominare le leggi elettorali con la latinizzazione scherzosa del cognome di colui che le ha proposte.

La legge elettorale riguarda questioni serissime, anche se molto tecniche, perché trasforma in seggi i voti espressi dall’elettorato e dovrebbe farlo nel modo più rispettoso della sua volontà. Questa brutta abitudine nasce da una trovata di Giovanni Sartori, lo scienziato della politica innamorato del semipresidenzialismo alla francese, che, dopo l’abrogazione della legge elettorale proporzionale, avvenuta con un referendum quasi plebiscitario nel 1993, coniò scherzosamente il termine Mattarellum (dal cognome del futuro Presidente della Repubblica italiana che ne era il proponente) per la prima legge che sostituiva quella che aveva istituzionalizzato il sistema proporzionale corretto di trasformazione dei voti in seggi dal 1948 al 1994. A questa legge si imputava la causa dell’ingovernabilità del nostro Paese e si inneggiava al sistema maggioritario, senza capire che un sistema a pluripartitismo esasperato non cambia per effetto di una legge elettorale
Da allora si sono susseguiti, nel linguaggio utilizzato dai media, con la piccola parentesi del Tatarellum del 1995 in materia regionale, il Porcellum, di calderoliana memoria, il cui autore, con ammirevole onestà intellettuale, uscì dal luogo in cui era stato pensato affermando queste testuali parole: «Abbiamo fatto una porcata», l’Italicum di conio renziano, che non fu mai applicato per manifesta incostituzionalità, e infine il cosiddetto Rosatellum-bis.
Nessuna delle due leggi post Mattarellum era rispettosa della volontà popolare e la Corte Costituzionale lo ha sancito. Del Rosatellum-bis hanno parlato male tutte le forze politiche, ma nessuna è riuscita a trovarne una migliore, o forse non ha voluto.

Parlare di sistemi elettorali è molto difficile; si rischia di annoiare e di confondere chi legge, dovendo spiegare molti termini tecnici, non tutti pienamente conosciuti. Per questo rinvio a ciò che, molto meglio di me, spiega la giornalista di Tpi Federica Colli Vignarelli nella sua intervista all’avvocato Besostri, che ha proposto e vinto i ricorsi contro il Porcellum e l’Italicum e che oggi mette in luce in modo chiaro le criticità del Rosatellum. Sul sito della reteperlapoliticitasociale si sintetizzano le principali (non le sole) critiche alla legge elettorale che ci è stata imposta: « impedisce di scegliere i propri candidati a causa delle liste bloccate; impedisce il voto disgiunto, per cui chi vota una lista bloccata di partito vota obbligatoriamente anche il candidato uninominale collegato che potrebbe non essergli gradito o, nel caso delle coalizioni, potrebbe appartenere a un partito che non vorrebbe rafforzare; invece, chi vota solo il candidato uninominale, automaticamente vota anche tutte le liste a esso collegato; privilegia alcune minoranze linguistiche discriminandone altre; discrimina i territori rendendo diseguale l’effetto del voto; è incomprensibile per la cittadinanza che invece ha il diritto di capire».
Aggiungo che per le cosiddette quote rosa rischia di essere un imbroglio e a tal fine rinvio al bell’articolo scritto da Paolo Balduzzi ed Eleonora Voltolina per il sito lavoce.info.

In sintesi, la legge con cui il 25 settembre abbiamo espresso il nostro voto prevede esplicitamente la parità di genere, per i/le candidati/e in lista. Ma l’uso sapiente dei collegi elettorali “sicuri” e le candidature multiple permettono ai partiti di aggirare la norma sulle quote rosa. A proposito del termine quote rosa, al solito, per questioni serissime come la parità di genere i media continuano a usare e a diffondere termini che non invitano a prendere sul serio un istituto tanto importante per la realizzazione della piena uguaglianza. Meglio sarebbe definirle quote di uguaglianza o quote di genere. Come ricorda la scrittrice e docente Daniela Brogi nel suo bellissimo libro Lo spazio delle donne, «l’espressione così infantile come quote rosa è ideologicamente ambigua e innesca cortocircuiti svalutativi».
La novità che si è verificata in queste elezioni però è sicuramente da segnalare, perché, in occasione dell’esercizio del diritto di voto l’elettore o l’elettrice, su indicazione del Centro per la politicità sociale e la rivista Tpi, ha potuto far mettere a verbale il proprio reclamo contro il Rosatellum-bis, giudicato in contrasto con i principi costituzionali. Non so se in passate elezioni qualcuna/o lo avesse già fatto, ma se era accaduto probabilmente era stato in splendida solitudine.

Questa volta, invece, il messaggio ha raggiunto moltissime persone che hanno fatto mettere a verbale un reclamo per esercitare la cittadinanza attiva e responsabile. Non tutte le segretarie o i segretari di seggio si sono dimostrati preparati a questa forma di cittadinanza attiva, prevista peraltro dalla legge che disciplina le votazioni, alcuni hanno fatto resistenza, ma alla fine non hanno potuto che prendere atto di questo esercizio di democrazia e partecipazione, anche perché non farlo avrebbe comportato per loro una sanzione, ai sensi della Legge Elettorale (Artt. 74, 87 e 104 Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche).

Anche Tomaso Montanari ha raccontato la sua esperienza di elettore consapevole e attivo in un tweet, postando la foto del reclamo con in calce la sua firma. Quanto è avvenuto a me pare molto positivo.
Che cosa ci insegna questa esperienza? A non fermarci qui, ma ad agire seguendo tutte le vie previste dal diritto per fare in modo che questa legge sia cambiata e ci sia restituito il diritto di scegliere i nostri e le nostre rappresentanti, senza lasciare che a farlo siano le segreterie dei partiti. Questa mobilitazione civile e mite, nello spirito della nostra Costituzione, potrà anche essere un pungolo per i partiti politici, sia quelli che siedono in Parlamento, sia quelli che non ce l’hanno fatta. E provvederà a limitare il fenomeno dell’astensione, almeno quella parte che, a volte, come in Basilicata e in altre parti d’Italia, diventa una vera e propria forma di protesta verso il disinteresse dei politici per i problemi delle persone, protesta anche simbolicamente esercitata inserendo la propria tessera elettorale in un’urna, da inviare alla Prefettura, su cui è scritto il motivo per cui ci si asterrà. E forse spingerà i più sensibili tra i nostri e le nostre politiche a consentire, attraverso una legge che regolamenti il voto per corrispondenza, la partecipazione al voto dei cosiddetti astenuti involontari, tra cui gli studenti universitari fuori sede e tutto il personale marittimo, che, viaggiando per mare, non può mai votare. Una classe politica che tiene al popolo che dovrebbe governare dovrebbe essere la prima facilitare l’esercizio del diritto di voto e a costruire una legge elettorale chiara, comprensibile e rispettosa della libertà di scelta.

Quando in un sistema democratico lo scollamento tra i partiti e la cosiddetta società civile è molto grande, come in Italia, tutte le associazioni che promuovono la cittadinanza attiva, come Libera, che parla di cittadinanza monitorante, The Good Lobby e, tra le altre, Cittadinanza attiva, sono le benvenute. In questa fase storica i partiti, se vogliono davvero salvarsi e non ridursi a élite o consorterie, dovrebbero cogliere il potenziale delle iniziative dei cittadini e delle cittadine consapevoli e responsabili, mettersi in ascolto delle loro ragioni e provare a essere di nuovo quella cinghia di trasmissione tra le istituzioni e le istanze della società civile per cui sono stati inseriti in Costituzione per concorrere alla politica nazionale: una condizione indispensabile perché si possa parlare di democrazia compiuta

Chi voglia conoscere il testo del reclamo, le istruzioni su come presentarsi al seggio e che cosa fare in caso di resistenza da parte del seggio elettorale può consultare il sito Rete per la politica sociale in cui, in formato pdf, si trova il materiale necessario.

***

Articolo di Sara Marsico

Abilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLIL. È stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione, la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donne. È appassionata di corsa e montagna.

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...