Editoriale. Mio Romeo dal balcone vedo tante stelle in cielo

Carissime lettrici e carissimi lettori,

Sono ancora donne. Anzi sono le tante ragazze che vivono in parti del mondo diverse. A unirle il dolore che le soffoca e spesso le uccide attraverso le mani di un pensiero maschile.

Sono molte. Le guida la stella polare della libertà di esistere, che vivano a Teheran o a Kabul o in una delle città di quell’occidente, sconsideratamente detto civile, dove incontrano, praticamente ogni giorno, la violenza e la morte, per sottomissione e possesso. Le situazioni non sono lontane. Le motivazioni sono sempre le stesse: ridurre al silenzio.

Dobbiamo nominarle tutte, non dimenticarle nei luoghi diversi dove si trovano. Né possiamo sminuire le sofferenze delle une o delle altre a seconda delle esigenze della cronaca giornaliera dei media. Soffrono le donne in Iran e muoiono. Come continuano a morire in Afghanistan, ormai quasi o del tutto dimenticate. Come patiscono e muoiono le donne ucraine sotto il fuoco di una guerra più che fratricida o anche le donne russe, che hanno saputo affrontare un regime crudele che sta uccidendo i loro figli. Lo hanno fatto per strada, sulle pagine dei giornali, persino in televisione, pagandone il prezzo.

I capelli, quelli femminili, sono al centro delle proteste seguite alla morte della giovanissima Mahsa Amini, colpevole di avere il suo velo, l’hjiab imposto, non in ordine e non coprente completamente i suoi capelli. Dopo di lei in sua memoria stanno morendo tanti ragazzi e tante ragazze. E, come abbiamo detto, non solo a Teheran.

Per fortuna è viva, seppure in carcere, Alessia Piperno, la ragazza italiana arrestata a Teheran il giorno del suo trentesimo compleanno. Ha telefonato ai genitori, supplicando aiuto dalla famigerata prigione di Evan dove sono rinchiusi/e i e le dissidenti al regime. Alessia è viva e sicuramente non l’unica straniera arrestata. Alessia Piperno scriveva qualche giorno fa su un social: «Tra pochi giorni inizierà il mio settimo anno in viaggio. Eppure quando mi guardo indietro, mi sembra ieri quando caricai il mio primo zaino sulle spalle, per raggiungere la terra dei miei sogni, l’Australia. Al tempo avevo appena compiuto 24 anni, mentre oggi ne compio 30. Mi ero ripromessa che a 30 anni mi sarei fermata, ed ora eccomi arrivata a questo giorno e mi chiedo: «sono pronta a fermarmi?». No, affatto. Questi anni sono stati i più belli della mia vita, i più vissuti, dove ho imparato e disimparato così tanto, dove ho incontrato popoli e amici meravigliosi, e dove ho scoperto la vera bellezza del nostro pianeta».

Questa ragazza è stata insultata sui social nei modi più svariati e infimi. Il cosiddetto Popolo dei leoni della tastiera ancora una volta non ha perso l’occasione di sbirciare (e usiamo un termine blando) nella vita degli altri e soprattutto in quella di una donna che ha fatto scelte di vita. Davvero da condannare!

In aiuto alle ragazze e ai ragazzi in lotta in Iran ci sono state, e ce ne saranno tantissime anche nei prossimi giorni, molte manifestazioni. In Italia, da Milano a Piacenza a Rovigo, e giù, passando per Firenze e poi a Roma e oltre, le donne e gli uomini di tutte le età hanno messo insieme innumerevoli ciocche di capelli per portarle all’ambasciata iraniana. A Palermo un’artista, Francesca Romana Pinzani, ha tessuto un niqab fatto interamente di capelli, diventati oggi il simbolo osceno della censura degli Ayatollah. L’opera di Pinzani è in un certo senso una premonizione, un preannunciare la situazione attuale, perché l’opera, intitolata provocatoriamente Nudo, è del 2015, sette anni prima di questa presente ondata di protesta.

Questa creazione artistica, realizzata con ciò che è imposto alle donne di nascondere dagli oltranzisti religiosi, mostra l’avvolgere il corpo femminile, nudo, di materia umana. Con la sua sottile bellezza consola e evidenzia la presenza, ma anche il riscatto, della sofferenza di chi indossa quest’abito vitale. La stessa artista, domenica scorsa (il 2 ottobre), ha dato una dimostrazione di arte camminando per le vie del centro della sua città vestita solo di rose, che ha distribuito, recidendole da sé stessa e dal loro gambo e donandole ai passanti e alle passanti.

Altre donne innocenti sono morte. Più a oriente, in quel paese dimenticato e apparentemente troppo lontano che è il martoriato Afghanistan, un tempo il paese dei giardini, oggi la terra della negazione della vita piena alle donne. È successo nella scuola, per colpire le ragazze che non vogliono rinunciare a studiare. Infatti quello che è stato definito «un attacco al futuro dell’Afghanistan», ha mirato, sabato scorso, a colpire quante più studenti possibili. Le vittime accertate sono almeno cinquantacinque, alle quali si devono aggiungere 150 feriti. «La maggior parte sono giovani ragazze tra gli 11 e i 15 anni – scrive in un comunicato l’organizzazione Save the Children – perché nell’istituto colpito, nella zona di Dasht-i Barchi, non lontano da Kabul, si studia in tre turni, il secondo dei quali, quando appunto è avvenuta l’esplosione, è dedicato alle studenti… È spaventoso – continua il comunicato – che le ragazze siano state nuovamente prese di mira». Tutte le ragazze uccise appartengono all’etnia hazara, che popola quell’area ed è la più perseguitata in Afghanistan. Massacrate due volte, come donne e come appartenenti al pacifico popolo degli hazara. Ricordarle tutte, una per una, è rendere giustizia a questo popolo martoriato.

Ma le donne soffrono tanto anche altrove. Sicuramente è triste la vita delle donne della guerra d’Europa, costrette anche a scappare, da sole, per mettere in salvo i propri figli e figlie. Soffrono anche le donne russe tra le quali tante sono scese a manifestare contro quella che non si deve chiamare guerra, ma guerra è, a tutti gli effetti.

Il 25 settembre gli abitanti del Daghestan hanno dato vita a diverse proteste contro la mobilitazione decisa dal governo russo. La più grande di queste proteste si è svolta nella città di Makhachkala. A partire dalle tre del pomeriggio circa, ora di Mosca, i residenti, per lo più donne, si sono riuniti nel centro della città. Il canale Telegram Morning Dagestan, che prima dell’azione di protesta contava più di 30 mila iscritti, ha pubblicato un appello a manifestare. Alle 16 erano uscite circa 100 persone, come ha riferito il giornale locale Chernovik: «Si sono riuniti madri e bambini, le generazioni più anziane e i giovani». A giudicare dai video dei testimoni, alla protesta di Makhachkala erano presenti alcune centinaia di persone. Hanno cantato «No alla guerra!», «No alla mobilitazione» e «I nostri figli non sono fertilizzante!».

Le notizie sulle donne, e sulla loro capacità a scrivere la Storia del mondo, sono anche belle. Aspettavamo questa settimana dedicata alla consegna dei Premi Nobel e per ora (nel tempo di consegna di questo editoriale) sono due le donne che sono state premiate a Stoccolma per il Nobel 2022. La prima è Carolyn Bertozzi, 55 anni, statunitense, dell’università di Stanford, in California. Non lo ha vinto da sola, ma con due scienziati, Morten Meldal e Barry Sharpless. Proprio grazie a Bertozzi la tecnica della cosiddetta chimica a scatto è stata applicata anche alle molecole biologiche (nella sua forma originale non era adatta agli esseri viventi).
Le applicazioni vanno dalla creazione di nuovi farmaci alle terapie ad alta precisione contro i tumori. «La nostra tecnica – ha spiegato la scienziata americana – permette di inventare molecole completamente nuove. Studiando la superficie delle cellule del cancro – leggermente diversa rispetto a quella delle cellule sane – è possibile mettere a punto farmaci che le riconoscano».

Giovedì la giuria del Nobel ha poi premiato un’altra donna, una delle più conosciute scrittrici francesi, Annie Ernaux, molto amata anche dal pubblico italiano. Ha vinto il Premio Nobel per la letteratura 2022. Il Premio è stato motivato così: «Per il coraggio e l’acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale».
Annie Ernaux è nata a Lillebonne (Senna Marittima) nel 1940, da una famiglia di modeste condizioni sociali. In Francia è pubblicata da Gallimard, ma è conosciuta molto anche in Italia e pubblicata dalla casa editrice L’Orma che la presenta così: «Nei suoi libri ha reinventato i modi e le possibilità dell’autobiografia, trasformando il racconto della propria vita in acuminato strumento di indagine sociale, politica ed esistenziale».
Ernaux, che è stata insegnante di lettere moderne in un liceo, negli anni Settanta ha militato nel movimento femminista. Nel 1974 ha pubblicato il suo primo romanzo, Gli armadi vuoti, e nel 1984, con il quarto, Il posto, ha vinto il Premio Renaudot. «Attraverso le sue opere l’autrice francese racconta alcuni degli avvenimenti che hanno segnato la sua vita, come un aborto clandestino in L’evento, una storia d’amore con un amante russo in Passione semplice, la morte di sua madre in Una vita di donna, il suo tumore in L’Usage de la photo».

Anche io insieme a voi ho bisogno di non dimenticare le donne che in questo momento stanno soffrendo in tante parti del mondo. Un omaggio ancora alle donne iraniane, donando da qui metaforicamente una ciocca di capelli, simbolo della loro e nostra riconquista della libertà di mostrarci al mondo con il corpo e con il pensiero.
Tanti e tante artiste hanno scritto su i capelli: da Petrarca a Gian Battista Marino a William Shakespeare, alla Raperonzolo delle favole dei fratelli Grimm, a Alessandro Manzoni fino a Palazzeschi e a Eugenio Montale che dedica splendidi versi alla frangetta che copre la fronte della sua amata. Ho scelto tra le tante una composizione di Charles Baudelaire che sui capelli delle donne ne scrisse più di una, oltre a una splendida lettera L’oceano dei tuoi capelli, dedicata alla ragazza amata, Jeanne Duval (immortalata sulla tela da Manet), ballerina e attrice francese di origine haitiana che il poeta incontra nel 1842. Una storia d’amore tempestosa che tra alti e bassi segna i successivi 20 anni della vita e delle poesie del poeta maledetto.

Capelli riccioluti sino alla scollatura!
Boccoli profumati carichi d’indolenza!
Estasi! Per popolare quest’oscura alcova
dei ricordi che dormono nella tua capigliatura
la scuoterò nell’aria come un fazzoletto.

La rovente Africa e la languida Asia,
tutto un mondo lontano, assente, quasi estinto,
vive nel tuo profondo, foresta di aromi!
Alcune anime navigano immerse nella musica,
la mia anima, amore, nuota nel tuo profumo.

Andrò laggiù dove colmi di linfa,
albero e uomo godono al calore dei climi.
Siate, forti trecce, l’onda che mi trascina!
Possiedi, mare d’ebano, il sogno meraviglioso
di vele, di vogatori, di bandiere e di alberi.

Un porto risonante, dove la mia anima beve
a vaste ondate profumi e suoni e colori,
dove vascelli scivolano sull’oro e sulla seta
e aprono ampie braccia per accogliere la gloria
d’un cielo puro e fremente d’eterno calore.

Affonderò la testa avida d’ebbrezza
nel tuo nero oceano dove l’altro è racchiuso;
e il mio sottile spirito cullato dal rollio
saprà ritrovarvi, o feconda pigrizia,
dondolii infiniti di piaceri odorosi!

O capelli blu, drappo teso di tenebre,
siete l’azzurro di un cielo immenso e rotondo;
sui bordi vellutati delle ciocche ondulate
con furore m’inebrio ai profumi confusi
di catrame, di muschio e di olio di cocco.

A lungo la mia mano nei tuoi spessi capelli
seminerà per sempre rubini zaffiri e perle
affinché tu non sia sorda al mio desiderio!
Non sei forse l’oasi in cui sogno e l’anfora
da cui bevo a gran sorsi il vino del ricordo?

Charles Baudelaire
(Traduzione di Marcello Comitini)
da Spleen e Ideale, in I fiori del male 1857-1861, Edizioni Caffè Tergeste, Roma, 2017

Buona lettura a tutte e a tutti.

Facciamo ora insieme una riflessione e presentiamo gli articoli della rivista di oggi: «Guardo intorno a me gente che passeggia, che gioca…come nulla fosse. E mi sento un’aliena, perché non posso fare a meno di essere angosciata da quella minaccia che si fa ogni ora più concreta e irrefrenabile. Forse l’enormità di quello che viviamo si presta alla rimozione, eppure i segnali sono parecchi…» (Donatella Di Cesare, 3 ottobre 2022).

C’è un filo rosso che lega molti degli articoli di questo numero: l’opposizione delle donne alla guerra e alle armi atomiche. Apriamo con la donna di Calendaria, Elisa Leonida Zamfirescu, rumena, la prima ingegnera al mondo, che «durante gli anni Cinquanta e Sessanta, quando la psicosi della bomba atomica raggiunse il momento più critico, guidò, all’interno dell’Istituto Geologico, un’associazione composta da donne che si dichiarava contraria alla realizzazione della bomba atomica e che presentò una lettera di denuncia al comitato per il disarmo della Lancaster House di Londra sui pericoli delle armi atomiche». Il mare italiano e la guerra. Il settembre di Limes è un numero della rivista di geopolitica che approfondisce il ruolo strategico del cosiddetto Medioceano nel mondo e i pericoli legati alla «guerra russo-americana». Teresa Meroni, sindacalista italiana è la donna forte e coraggiosa, autrice di una marcia delle donne contro la guerra e per la parità, che incontriamo nelle Passeggiate Toponomastiche per le vie di Prato intitolate a figure femminili. Anche La mostra di Andrea Bowers alla Gam di Milano che recensiamo in questo numero ha un forte messaggio politico, contro il mito maschile della forza, «basato sulla logica violenta e soggiogante del più forte» che ha portato nei secoli morte, distruzione e guerre. L’anniversario che celebriamo domani è quello della morte, a soli 17 anni, di Stefanina Moro, staffetta partigiana genovese torturata dai nazisti: «Una storia che parla di aspettative, desideri, sogni; una storia che sa di corse felici, di balli immaginati, di baci rubati, di vestiti nuovi e libri divorati. Una storia che avrebbe avuto ancora tanto da scrivere, ma la cui pagina è stata strappata dalla follia bestiale e disumana».

Continuano le nostre serie: Una stanza tutta per te. Spazio e tempo della narrazione è un’altra puntata del laboratorio esperienziale di scrittura creativa, mentre per il teatro filosofico presentiamo Ildegarda, il racconto di una performance su una grande musicista, mistica, poeta. Per Cambiamo discorso. Donne di scienza l’intervista di questa settimana è con Vanessa Sabbatini, studiosa di storia delle donne. Per Viaggiatrici del Grande Nord continuiamo a seguire una grande curiosa di mondi lontani in Incontri e amicizie: Maria Albertina Loschi in Finlandia, mentre per La virtuosa e il mostro: il ciclo mestruale affrontiamo un tema che per molti e molte è ancora un tabù.
I nostri consigli di lettura questa settimana sono: C’è un’altra storia, l’antologia letteraria e artistica al femminile curata da Barbara Bellani, Iolanda D’Angelo e Nadia Verdile, edita da Maria Pacini Fazzi, un contributo fondamentale per far uscire dall’oblio il pensiero e gli scritti femminili, oltre ai libri che sono stati assegnati al gruppo di lettura di vitaminevaganti nell’articolo Robinson: dalla sfida diretta alla finalissima, che ha avuto per oggetto la sfida dei romanzi italiani.

A distanza di 60 anni dalla sentenza n. 33/1960 della Corte costituzionale, che ha eliminato le discriminazioni di genere nelle principali carriere pubbliche, si è tenuto a Milano un incontro importante per la piena realizzazione di una democrazia veramente paritaria. Ne tratta per noi l’articolo Doppio cognome. Mai più denunce di nascita presentate dal solo padre che ci spinge ad azioni di cittadinanza attiva per sollecitare uffici pubblici e istituzioni.
«Portulaca, ortica, tarassaco, aglio orsino, si trovano facilmente nei boschi, nei prati, ai lati della strada…». La ricetta di questa settimana, Frittata con la portulaca, è realizzata con una di queste erbe spontanee e ci insegna come cucinarle.

Non ci resta che augurare a tutte e tutti di svegliarci e mobilitarci per l’inizio di un vero negoziato di pace.
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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