La terza lezione del corso del Cti sull’eco-teologia è presentata da Cristina Simonelli, docente di Storia della chiesa antica e teologia patristica a Verona e a Milano presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, che ci parla della decostruzione e ricostruzione dell’immagine di Eva inserendola poi nei tre punti cardine del corso: natura, casa comune e teologia della creazione.
Quando apriamo le pagine dei primi capitoli della Genesi ci approcciamo avendo in mente una determinata idea di come siano andate le cose e di chi sia Eva: essa nasce dalla costola del suo compagno, Adamo, e con lui gode delle bellezze del Paradiso terrestre fino a quando non incontra un serpente – in realtà il Diavolo – che la incoraggia a disobbedire a Dio e a cogliere il frutto proibito dall’Albero del bene e del male, una brillante mela rossa. Eva dà un morso ed estasiata dal sapore va dall’uomo per condividere la mela con lui; Adamo, dopo qualche attimo di reticenza, cede alla richiesta. Dio, venuto a sapere che la sua creatura prediletta e la di lui compagna hanno disobbedito al suo unico comando, decide di punirli: esiliati dall’Eden, Adamo dovrà ora lavorare duramente per poter sopravvivere, mentre Eva moltiplicherà la specie umana fra le atroci sofferenze del parto. Sicuramente questi sono i ricordi del catechismo che ha la maggioranza di noi riguardo agli eventi della Caduta, e da qui si crea anche l’idea che abbiamo dei protagonisti di questa storia: Eva, prima una sciocca che si lascia abbindolare dalle parole del serpente-Diavolo e poi oratrice e adulatrice esperta quando deve convincere Adamo a mangiare la mela e a condividere la colpa; Adamo che cerca di resistere fino all’ultimo ma che alla fine non è in grado di dire di no alla sua compagna; Dio, un genitore che ama profondamente le sue creature ma che non può perdonare un tale atto di ribellione alla sua volontà ed è costretto a esiliarle e a punirle; e infine il serpente-Diavolo, creatura malefica che è in realtà l’angelo caduto in cerca di vendetta per essere stato cacciato dal Paradiso.
Tuttavia, basta rifletterci un po’ per cogliere subito le prime incongruenze e crepe in questa versione: Eva dapprima è una credulona, poi una seduttrice che agisce sapendo cosa le sue azioni potrebbero comportare; Adamo appare come un ignavo che si lascia trasportare dagli eventi con indolenza e senza alcuna propria volontà decisionale fino a quando non deve far ricadere la colpa unicamente su Eva; Dio lascia che il serpente-Diavolo agisca sul suo creato nonostante lo abbia bandito, per poi arrabbiarsi quando le sue creature sono sedotte dal male. A vederla così nessuno pare farci una bella figura o risulta possedere delle buone qualità, mostrando un atteggiamento incoerente se non proprio ipocrita: un fatto abbastanza grave considerando che questa interpretazione di Genesi 1-3 ha determinato il trattamento di uomini e donne per secoli all’interno delle società con credo abramitico.

Da qui la necessità di decostruire e ricostruire gli eventi della Creazione e della Caduta ponendoli sotto una nuova luce: nel testo originale né Adamo né Eva hanno un nome proprio, il frutto proibito non è una mela – e, probabilmente, neanche un frutto reale – il serpente-Diavolo non è un serpente e non è l’angelo caduto; tutto questo è frutto di secoli di raffigurazioni sacre su Genesi 1-3 che sono ormai impresse nella memoria collettiva ma che non hanno alcun riscontro con il testo biblico. Come detto negli interventi precedenti, è molto importante ricordare chi è che scrive questi racconti: è il popolo ebraico tornato a casa dopo la lunga cattività babilonese, e che ora deve rielaborare quella storia traumatica in mito. E quindi “Eva” non esiste né come personaggio né come nome, altro non è che una mera traslitterazione: la creatura nata dalla costola del primo uomo è chiamata Hawa/Yhwh, “Vita”. Genesi 2, 20-21 diventa quindi: «Si chiamerà Vita e sarà madre di tutti i viventi», una frase di grande effetto e che sottolinea il ruolo di Dio come “dio dei vivi”. A tal proposito è interessante osservare come le consonanti del nome di Vita, la prima disobbediente, sono molto simili a quelle del tetragramma che compone il nome di Dio in ebraico; e non è forse un caso che molte raffigurazioni della nascita di Vita/Eva la ritraggono con lei che guarda Dio dritto negli occhi, in uno sguardo di intesa da cui l’uomo è escluso in quanto non in grado di generare.

Questa correzione è un ottimo punto di partenza per decostruire la storia della Caduta: Adamo non è una sorta di luogotenente di Dio che governa sul creato con accanto una compagna, Eva, che è indisciplinata, stupida e cattiva, che per un suo capriccio rovina la vita di tutte le creature, e Dio non è un legislatore permaloso e a tratti assurdo nelle sue pretese. Eppure questa versione, ancora molto in voga nell’immaginario contemporaneo, influenza numerose correnti cristiane in un sovrapporsi di teologia, antropologia e a volte anche escatologia il cui unico risultato è una “spiegazione” alla presunta “naturale” inferiorità e asservimento delle donne.
Eva è prototipo del femminile: l’essere nata seconda la pone fra l’Umano vitruviano – forte di membra ed intelletto – e il resto della natura – selvaggio ed istintuale, debole di raziocinio. Dove l’uomo è più mente che corpo, la donna, da lui derivata, è più corpo che mente: dove lui è stoico e quindi intelligente, lei è emozionale e quindi stupida. Un’interpretazione frutto di secoli di gerarchizzazione tra uomini e donne e che pone la mente sopra al corpo, ma che dimentica che anche l’uomo è corpo, e la donna mente. Il femminismo ha assunto criticamente questa tradizione per rivendicare la libertà di sentire le proprie emozioni senza per questo sminuire l’intelletto femminile, denuncia la gerarchia mente-corpo come fallace e ingiusta sia per le donne che per gli uomini, che si ritrovano a disagio per un fatto – sentire emozioni – che è invece naturale. Il femminismo è stato centrale anche per il superamento della relazione donna/natura/pace/custodia, che trova la sua massima espressione nell’immagine dell’angelo del focolare.
Cosa c’entra tutto questo con una mala-lettura della figura di Eva? Quanto è stato appena descritto può sì essere spiegato senza coinvolgere i testi sacri, ma è stata proprio una loro interpretazione a favore del modello dualista mente-corpo che ha giustificato la sottomissione delle donne come “voluta” da Dio, di come sia “naturale” che l’unico amore lecito sia quello che è in grado di procreare, e di quanto sia quindi “naturale” e “volere di Dio” che l’uomo comandi sulla donna, la metta incinta e vada a fare la guerra mentre lei è a casa a prendersi cura di bambini e bambine. Nulla di tutto ciò è presente nel racconto ebraico: è un’interpretazione nostra che ha esasperato alcuni aspetti della Genesi e ne ha volutamente ignorati altri, fino a rendere questo modello “naturale e sacro” in quanto noi pensiamo che sia volontà divina.
Cambia così anche l’ottica sulla grande “colpa” di Eva, il cogliere quel frutto proibito che passerà alla storia come il Peccato originale e per cui tutta l’umanità ancora oggi soffre. Una colpa che Adamo solo in parte condivide, giustificato dalla tradizione dalla sua incapacità di dire di no alla compagna. Ricordiamoci qua cosa esattamente narrano i primi undici capitoli della Genesi: dalla Creazione del mondo si passa a quella dell’uomo, segue poi la Caduta e il primo omicidio, dove Abele muore per mano del suo stesso fratello, Caino; un discendente di Caino, Lamech, inaugura le pratiche della poligamia, della vendetta personale e della faida, e i suoi figli segneranno il passaggio all’era dell’uso dei metalli, dei pastori e della musica; si passa poi a Noè, dopo una ricostruzione genealogica che lo ricollega ad Adamo, e al racconto del diluvio universale, che ristabilisce l’ordine del mondo; infine si giunge alla complicata situazione geopolitica di Babele, al crollo della torre e alla conseguente nascita delle divisioni linguistiche. Non, ovviamente, un’accurata ricostruzione storica di fatti realmente accaduti, ma la rielaborazione – fatta dal popolo ebraico – della storia dell’umanità attraverso le tappe più importanti: la presa di coscienza del male e delle sue manifestazioni, la nascita del sistema patriarcale, il passaggio all’Età dei metalli, l’equilibrio geopolitico con altri popoli. In questa prospettiva, la donna è il vero origine della storia: Eva è la prima con sete di conoscenza e desiderio di soddisfare la propria curiosità (cogliere il frutto dall’Albero proibito), e la prima a sentire e subire il peso di una scelta difficile (contravvenire all’unico ordine del suo creatore) in relazione non alla regola in sé, ma su come questa responsabilità possa influire sul suo compagno.
Il divieto stesso, a tratti incomprensibile e assurdo, assume un nuovo significato in questa luce: il passaggio dal sentimento di onnipotenza insito in ogni adolescente alla realizzazione delle proprie responsabilità e limiti dell’età adulta; e quel “tutto ma non tutto” ordinato da Dio è un invito a recuperare il senso del limite e del rispetto verso il creato. Così, l’idea di un’armonia universale tra tutti i popoli e tutti gli esseri viventi non è una mitica età dell’oro mai più recuperabile, un’innocenza perduta per sempre, ma una profezia che incoraggia a dare il meglio di sé in un processo, quello della Creazione, che è sempre in divenire, dove l’inizio è specchio di una fine, e dove Dio è un volto affidabile che ci permette di esistere senza soccombere alla disperazione, anche senza la promessa di un lieto fine.
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.
Molto, molto, molto interessante, come tutto il mondo del femminismo credente, di cui si parla poco. Grazie!
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