Con il 1948 si cerca di tornare alla normalità dopo anni di devastazione e Londra ospita la XIV edizione delle Olimpiadi. Si aprono le porte al canottaggio femminile: è la danese Karen Hoff (1921-2000) a essere la prima a vincere nella categoria K-1500 metri.

L’americana Alice Coachman (1923-2014) vince nel salto in alto ed è la prima medaglia d’oro per un’atleta afro-americana. A Londra poi si ricordano le numerose vittorie di Fanny Blankers Koen (1918-2004), l’olandese soprannominata “mammina volante”, che conquista ben quattro titoli olimpici in atletica leggera, nei 100 metri, negli 80 a ostacoli, nei 200 e nella staffetta 4×100. Il soprannome dato a Fanny è dovuto al fatto che partecipa alle Olimpiadi all’età di trent’anni e già madre di due figli. Le sue vittorie sono veicoli di un messaggio molto importante: la pratica sportiva non deve avere limiti per le donne, che siano semplici appassionate, mogli o madri.
Il 1952 è l’anno delle Olimpiadi di Helsinki e la grande novità è l’accesso per le donne alle gare di equitazione. Ma non solo: per la prima volta nella storia nelle discipline equestri uomini e donne gareggiano tra loro senza distinzioni in base al genere.
Lis Hartel (1921-2009) è la prima a vincere contro gli uomini nella specialità equestre del dressage. Lis infatti non solo è la prima, insieme ad altre tre donne, a partecipare a un’Olimpiade in equitazione, ma è anche la prima a ottenere una medaglia d’argento. Medaglia che si ripeterà nella successiva edizione olimpica a Stoccolma nel 1956 (le sole discipline equestri a causa di leggi australiane sulla salute non si sono svolte a Melbourne, come previsto, ma a Stoccolma nello stesso anno). Lis è un significativo esempio di forza e resilienza: i suoi successi sportivi non sono niente rispetto ai suoi successi nella vita. Infatti, a 23 anni si ammala di poliomielite e perde l’uso degli arti inferiori. I medici le sconsigliano di riprendere l’attività equestre ma Lis non si arrende e passa alla storia dello sport al femminile. E non solo: anche al termine dell’attività agonistica ha continuato a occuparsi di cavalli e ha fondato associazioni per aiutare le persone malate di polio attraverso l’ippoterapia.

A Melbourne 1956 la partecipazione femminile cresce di qualche unità ma sostanzialmente si attesta sull’11%. Su 3314 presenze, solo 376 sono donne. Non ci sono grandi novità nel programma, le categorie aperte alle atlete infatti rimangono le stesse.
Durante la XVI Olimpiade abbiamo comunque modo di assistere al debutto di una delle sportive più grandi di tutti i tempi. Si tratta di Larisa Latynina, nata a Cherson, in Ucraina (oggi ex Urss), nel 1934: è l’unica ad aver vinto medaglie in ogni gara del programma in due edizioni dei giochi Olimpici. Vince a Melbourne l’oro nel all-around, nel volteggio e nel corpo libero, l’argento nelle parallele asimmetriche e il bronzo nella competizione a squadre. Quattro anni dopo, a Roma, si conferma campionessa olimpica nell’all-around e nel corpo libero; e porta l’Unione Sovietica a vincere, di nuovo, la medaglia d’oro nella gara a squadre. Inoltre conquista l’argento alle parallele asimmetriche e alla trave e il bronzo nel volteggio. A Tokyo nel 1964 è oro olimpico a squadre. Conclusa la sua eccellente carriera agonistica, dal 1967 al 1977 allena la nazionale Urss partecipando a molti altri successi della ginnastica. Nel 1998 viene ammessa nella Hall of Fame e nelle Olimpiadi di Sydney 2000 le viene intitolata la strada del villaggio olimpico.
A Melbourne si impone nell’atletica leggera l’australiana Betty Cuthbert (1938-2017), soprannominata “the Golden Girl” proprio per le numerose medaglie ottenute su distanze diverse. In patria Betty vince tre ori in pista, nei 100, nei 200 metri e nella staffetta 4×100. A Tokyo nel 1964 è di nuovo oro nei 400 metri, dimostrandosi vincente in ogni specialità della corsa in programma. Nella sua carriera ha inoltre ottenuto numerosi record del mondo su tutte le distanze.

L’edizione di Melbourne si ricorda anche per la storia d’amore tra lo statunitense campione di lancio del martello Hal Connolly e la cecoslovacca campionessa di lancio del disco Olga Fikotová (1932). I due si conoscono e si innamorano in Australia, dove trionfano nelle loro specialità conquistando l’oro. La coppia si sposa ma, visto il clima di piena Guerra fredda, il Comitato olimpico cecoslovacco impedisce a Olga di rappresentare il suo Paese. Pertanto l’atleta si trasferisce in America e continua a gareggiare per gli Stati Uniti, con cui si qualifica a tutte le edizioni olimpiche fino al 1972. Proprio a Monaco 1972 è portabandiera ai Giochi per gli Stati Uniti.
Roma 1960 è la prima Olimpiade estiva ospitata in Italia e le statistiche testimoniano un notevole aumento di presenze totali, che arrivano alla quota record di 5338. Le atlete sono 611 e, sebbene siano in netta minoranza rispetto agli uomini, è evidente una crescita.
Una figura simbolo che ha fatto la storia di questi Giochi è sicuramente la velocista Wilma Rudolph (1940-1994). Conosciuta per i suoi successi anche come “la donna più veloce del mondo”, “la gazzella nera”, “il tornado” e “la perla nera”, Wilma rientra meritatamente tra le stelle dello sport americano. Con i suoi tre ori (e va ricordato un bronzo a Melbourne nel 1956) diventa la prima statunitense a vincere il maggior numero di medaglie in una singola Olimpiade. Infatti ottiene il titolo nei 100, nei 200 metri e nella staffetta 4×100 raggiungendo anche diversi record del mondo. La storia di Wilma ha molto di straordinario: da bambina infatti contrae la poliomielite e i suoi arti inferiori si paralizzano. Nonostante ciò riesce a correre e a vincere. E non solo: nella sua vita si è costantemente impegnata per i diritti delle donne e delle sportive partecipando a numerose iniziative.

Roma 1960 passa alla storia anche per aver ospitato la prima edizione di Paralimpiadi a cui hanno partecipato in 400 tra uomini e donne. Tra le atlete spicca la figura dell’italiana Maria Scutti (1928-2005), che da bambina ha perso l’uso delle gambe a causa di un incidente e che fa il pieno di medaglie ottenendo 10 ori, 3 argenti e 2 bronzi nel tennis da tavolo, nella scherma, nel nuoto e nell’atletica.

***
Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!