Catherine Joséphine Conrad 

Catherine (detta Katia) nasce a Soultz-Haut-Rhin, in Alsazia, il 17 aprile del 1942. La madre Madeleine, maestra, e il padre Charles, operaio, scelgono per lei e il suo temperamento di fuoco una prima formazione cattolica. A quindici anni, grazie al carattere risoluto, vince il concorso per l’École normale supérieure di Parigi e intraprende poi gli studi universitari in fisica e geochimica presso l’Università di Strasburgo. Nel 1966, in una pausa dalle lezioni del vulcanologo Haroun Tazieff, incontra su una panchina dell’università Maurice Krafft, studente di geologia di quattro anni più giovane, con cui fonda due anni più tardi il Centre de Volcanologie di Cernay (Alsazia). 

Katia Krafft

Per i suoi lavori di vulcanologia, nel 1969 Katia riceve il Premio della Vocazione. L’anno seguente sposa Maurice – che sarà suo compagno di vita e di celebre morte – e parte con lui in luna di miele per l’isola vulcanica di Santorini. Da qui è un’avventura senza fine: ricercatori indipendenti dalle comunità scientifiche, passano gli anni inseguendo e scoprendo siti eruttivi nei cinque continenti, dove spesso arrivano per primi – da qui la fama di vulcanologi “più veloci del mondo”. Nel 1971 pubblicano Volcans et tremblements de terre, il primo di una ventina di libri di divulgazione scientifica. 

Katia e Maurice Krafft, Volcans et tremblements de terre, Deux coqs d’Or, 1971

Zelanti, brillanti ed eterni studenti, collezionano arte e letteratura riguardo ai vulcani. Inizialmente vengono screditati dalla comunità scientifica francese per tanta audace autonomia – dopo una spigolosa esperienza sull’Etna assieme al loro docente comune optano per rimanere indipendenti dai percorsi accademici – e nel 1975 ricevono il Premio de la Société de Géographie de Paris; nello stesso anno il presidente della repubblica Valéry Giscard d’Estaing gli conferisce il Premio dell’Esplorazione. 

I “Volcano Devils”, generosi e temerari divulgatori, sono i pionieri indiscussi nella pratica di documentare i vulcani a distanza ravvicinata, forse «too closed», come racconta Werner Herzog nel suo documentario Dentro l’Inferno (2016). A loro si deve un ineguagliabile patrimonio audiovisivo sui vulcani – 300 mila diapositive e 800 bobine di video – conservato dal Centre Regional de l’Image di Nancy. 

Partecipano a numerosissime conferenze e trasmissioni radio-televisive – tra cui puntate della BBC – e nel 1988 a Kagoshima si inaugura la mostra L’Homme face aux volcans, che l’anno seguente sarà riproposta a Fontainebleau. La passione per l’incandescente materia di studio è accesa di poesia romantica e cieca attrazione al sublime. «è un’avventura perpetua. Prima si mette la tenda, ma il suolo è caldo, vediamo del rosso nelle fessure e vuol dire che è in fusione. Gli sbuffi di gas mangiano la tenda, mangiano anche un po’ di polmoni e la tenda è presto ridotta in brandelli. Tutto trema di continuo: si ha l’impressione di dormire sul dorso di un gigantesco dragone che s’agita, è davvero qualcosa di esaltante. E la sera al posto di un volgare tramonto, noi andiamo a vedere la lava scoppiettare: è come assistere alla Genesi, vedere l’inizio del mondo crearsi». All’età di 25 anni la coppia ha assistito a più di centocinquanta eruzioni, che Katia fotografa e Maurice riprende per finanziare le loro bollenti ricerche. 

Katia e Maurice nel film Dentro l’Inferno di Werner Herzog (2016)
Katia e Maurice Krafft, 1990.

L’operare visionario e disobbediente – come il cuore della scienza, direbbe Carlo Rovelli – incoraggia gli studi di geologia in Francia e aiuta a volgarizzare la teoria della tettonica delle placche. Nel 1990 producono per Unesco e IAVCEI (International Association of Volcanology and Chemistry of the Earth’s Interior) il video Understandig Volcanoes Hazards – 25 minuti di immagini mozzafiato riguardo i sette tipi di eventi vulcanici imprevisti: nubi ardenti, flussi piroclastici, colate di fango, frane, tsunami vulcanici, colate di lava e gas vulcanici. 

Il loro lavoro non è solo scienza, ma una missione civile per il futuro della specie. Osservare, capire e registrare le attività dei vulcani è infatti fondamentale per prevenire ed evitare potenziali catastrofi. Possiamo citare un caso emblematico in cui l’operare di Katia e Maurice è stato determinante per la storia della civiltà umana: nel giugno del 1991, grazie alla campagna di diffusione locale del recente film sui rischi vulcanici, le autorità filippine trovarono immediata risposta della popolazione nell’evacuare l’isola di Luçon, salvando così circa 20 mila vite dal risveglio improvviso del vulcano Pinatumbo: fu la seconda maggiore eruzione del secolo scorso e la prima a livello d’impatto in un’area densamente popolata.

L’eruzione del Pinatumbo, 12 giugno 1991

Ma questo incommensurabile merito Katia e Maurice non fecero in tempo a conoscerlo. Solo pochi giorni prima la coppia si trova sull’isola di Kyushu, in Giappone, assieme al ricercatore californiano Herry Glicken, per filmare un’eruzione del monte Unzen ed ultimare un altro video-documentario. Secondo un mito giapponese, le eruzioni vulcaniche ed i terremoti sono provocati dall’agitarsi di un grande pesce-gatto, di norma bloccato dagli dei negli abissi per mezzo di una grande roccia. Quel giorno – è il 3 giugno del 1991 – il pesce è riuscito a scappare. «Who knows when the gods that we can’t see will take there vacation?» scrive John Calderazzo in un commovente saggio sugli ultimi istanti dei nostri diavoli francesi. Una colata piroclastica d’enorme e imprevista entità appare in diretta nelle televisioni giapponesi, ma la camera è troppo vicina per poterla inquadrare tutta. 

Ottocentoquarantasette persone perdono la vita. Katia e Maurice perdono il loro terreno alle Hawaii ai piedi del monte Kileaua, anche detto “vulcano drive-in”, dove sognavano di costruire una casa-museo da cui vedere eruzioni in poltrona. I loro nomi, con quello di Herry e di tutte le celebri morti in ambito vulcanico, appaiono nel Bollettino di Vulcanologia, il giornale ufficiale dell’IAVCEI.

L’università Hawaiana di Hilo apre un fondo a loro nome per finanziare l’International Training Program, che si occupa di sviluppare l’autosufficienza nel monitoraggio di vulcani a studenti e ricercatori stranieri. Si può contribuire alla causa comperando un ritratto che Katia fa a Pele, la dea hawaiana dei vulcani, scattata nel 1984 durante l’eruzione del Mauna Loa.

Nel 2002 a Saint-Ours-les-Roches, in Alvernia, apre Vulcania, il sogno europeo di Katia e Maurice: un parco dei divertimenti e museo interamente dedicato ai vulcani. Sono esposti in mostra permanente molti frammenti minerali raccolti da loro in persona. Il resto della collezione Krafft è stata spartita tra il Muséum d’Histoire Naturelle de Paris e l’associazione Images et Volcans.

La maggior parte delle fotografie di Katia che si trovano su internet la mostrano in cima a un vulcano, con le gote arrossate che arrampica o posa al fianco di Maurice, entrambi col capo coperto da un iconico ed esuberante berretto scarlatto; contrasto che scuote teneramente le viscere – l’estetica sembra d’un film di Wes Anderson, dove l’amore è «tutto tenerezza è finali agrodolci»: su un fondo marrone di terra e rosso di lava sorridono in camera i due innamorati.

Qui le traduzioni in inglese, francese e spagnolo.

***

Articolo di Linda Zennaro

Laureata in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva e Arti Visive, è appassionata di linguaggi, memorie e relazioni umane. Artista del viaggio, del dubbio e delle scritture, lavora come raccoglitrice stagionale, grafica e progettista. Partecipa a residenze artistiche per condurre la sua ricerca, partendo dall’esperienza per la comprensione e la trasformazione sociale e politica attraverso “narrazioni multispecie”.

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