Dimenticate, oscurate, destinate a non superare il vaglio impetuoso del tempo degli uomini, questo è il destino di molte donne artefici di grandi lotte e rivoluzioni, ma, nonostante ciò, estromesse dalla storia raccontata nei libri.
Františka Plamínková è stata un’attivista per il suffragio, senatrice per più di dieci anni, fondatrice del Women’s National Council (Žnr), vicepresidente dell’ International Woman Suffrage Alliance (Iwsa) e dell’ International Council of Women (Icw), eppure di lei non si ha una biografia chiara ed esaustiva, solamente alcuni documenti desecretati dopo il 1990, a più di cinquanta anni dalla sua morte. La grande repressione staliniana, avvenuta dopo gli eventi successivi alla Seconda guerra mondiale, aveva fatto sì che molti personaggi della Prima Repubblica cecoslovacca venissero ostracizzati perché considerati troppo sovversivi e lei fu una di questi. Tuttavia, dal 1993, anno di apertura del Gender Institute di Praga, il femminismo ceco riparte da colei che è stata una delle protagoniste più attive della vita politica ceca tra Ottocento e Novecento: Madame Plam.

Nata il 5 febbraio 1875 a Praga, in un contesto familiare sempre attento alle questioni politiche e sociali, studia pianoforte, canto, pittura e affianca queste sue passioni alla sua prima vocazione: l’insegnamento. Entra a far parte dell’Associazione degli insegnanti cechi e si esprime con forza contro la legge austro-ungarica che vietava il matrimonio delle docenti e richiedeva che rimanessero nubili.
Porre al centro del discorso pubblico la donna era la base del suo lavoro, che aveva, inoltre, la particolarità di voler far capire agli uomini che le donne con una educazione migliore e più libera erano delle colleghe più efficienti a livello lavorativo. L’ambito in cui ci si muove, in questa prima fase del suo pensiero, è quello universitario il quale rimaneva ancora fossilizzato su posizioni di forte misoginia e ghettizzazione delle figure femminili. Non abbandona mai il mondo della politica e s’interessa soprattutto delle ingiustizie che colpivano le donne, ancora schiave di un’egemonia culturale maschile che le relegava ai margini di una società cieca di fronte alle loro esigenze. L’esclusione delle donne dal potere e, di conseguenza, dalla partecipazione attiva era il punto su cui Madame Plam sentiva la necessità di dover intervenire; da questa intuizione, l’idea di fondare, nel 1903, il Czech Women’s Club, organizzazione che, attraverso comizi e incontri, problematizzava argomenti focali come la questione legale, quella sanitaria e quella culturale con un taglio progressista e con lo scopo di aprire uno spazio di discussione per e con le donne, presentando l’immagine della Donna moderna, come chiamerà una delle sue lectures, ossia una donna dalle esigenze del tutto nuove.


Altro punto cruciale del suo intervento era il sostegno al diritto al suffragio universale. Nel 1905 dà vita al Committee for Women’s Suffrage che combatteva per l’elezione di una donna all’Assemblea nazionale; dal 1907, agli uomini fu concesso il diritto al voto per le elezioni imperiali, le donne, invece, ne rimanevano escluse. Františka, però, ebbe un’illuminazione: inviare alcune candidate per le elezioni provinciali, con dei partiti minori. La legge locale boema non impediva, infatti, la presentazione delle donne nelle liste elettorali e quindi questo tentativo assumeva un forte messaggio di contrasto alle politiche di limitazione delle libertà e di repressione dell’Austro-Ungheria nei confronti di un nazionalismo ceco sempre più acceso e pronto allo scontro. Il lavoro di Františka servì ad aprire il discorso, del tutto nuovo in quel contesto, sull’empowerment femminile, ed ebbe successo: Bozena Vikova-Kuneticka viene eletta nel 1912 all’Assemblea nazionale. Sebbene il governatore decidesse di annullare il risultato, il processo di rinnovamento e di presa di coscienza era ormai avviato e, parallelamente a questo, anche il declino dell’Impero.


La lotta trasversale, da una parte per i diritti delle donne ma in realtà per un obiettivo più grande, ossia la libertà da schemi politici e culturali imposti dall’alto, ebbe i primi risultati dopo la fine della Grande Guerra. Con la costituzione della Prima Repubblica cecoslovacca, nel 1918, le donne ottengono il diritto al voto. Plamínková continua le sue battaglie in prima linea, come giornalista: prestò, infatti, servizio come corrispondente nella Prima guerra balcanica, e poi direttamente in Senato. Eletta e poi riconfermata dopo 5 anni, aveva come obiettivo quello di una riforma della legge in tema di famiglia, al fine di rivoluzionare il ruolo della donna, ancora considerata come un minore.

Intanto il mondo cadeva nella confusione che precedette la Seconda guerra mondiale. L’aggressività della Germania nazista preoccupava la senatrice che scrisse direttamente una lettera aperta a Hitler per protestare contro l’attacco alla Cecoslovacchia. Ciò la fece diventare bersaglio di rappresaglie e, allo scoppio della guerra, divenne ufficialmente un personaggio pericoloso e perseguibile. Nel 1942 viene incarcerata a Terezin e dopo pochi giorni fucilata dalla Gestapo.
Qui le traduzioni in francese, inglese e spagnolo.
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Articolo di Fabiola Frroku

Nasce in Albania e si trasferisce in Italia da piccolissima. Laureata magistrale in Informazione, editoria e giornalismo, lavora attualmente per un’associazione che si occupa di cooperazione e sviluppo in ambito migratorio. Da sempre appassionata di questioni sociali e di genere, crede nel potere rivoluzionario di raccontare storie, persone e realtà.