L’altra metà del mecenatismo

Una volta si chiamavano mecenati, poi sono diventate collezioniste o galleriste, a cui si sono aggiunte critiche, commentatrici, organizzatrici di eventi ecc. La questione centrale non cambia: un’artista ha bisogno di un supporto concreto, per farsi conoscere e potersi dedicare alla sua passione a tempo pieno. Senza Peggy Guggenheim forse non avremmo conosciuto artisti come Pollock o Dalì, e le Avanguardie del Novecento probabilmente non sarebbero avanzate in Europa con la loro carica innovatrice.
Nel fenomeno del mecenatismo non sono mancate donne, a supportare artisti e artiste. A cominciare dal Rinascimento proliferarono i salotti culturali nelle corti italiane ed europee, patrocinate da patrizie, duchesse, governatrici e regine.

Ritratto della marchesa Vittoria Colonna, Sebastiano del Piombo

Vittoria Colonna (1492, Marino-1547, Roma), nobile poeta, fu tra le prime ad animare un circolo culturale con la presenza di molti artisti e letterati del ‘500, tra cui Michelangelo Buonarroti, su cui esercitò una grande influenza. Nata nella nobile famiglia romana dei Colonna, ottenne il titolo di marchesa di Pescara. Oltre a Michelangelo, frequentarono il suo salotto Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazaro, Giovanni Pontano, Bernardo Tasso, Annibale Caro, Pietro Aretino e tanti altri. A testimonianza dell’affetto e della stima che Buonarroti provò per Vittoria vanno ricordati i componimenti poetici che egli le dedicò, in particolare il madrigale 235, in cui afferma: «Un uomo in una donna, anzi uno dio/per la sua bocca parla,/ond’io per ascoltarla,/son fatto tal, che ma’ più sarò mio». La Marchesa mantenne anche per molti anni una stretta corrispondenza epistolare con il grande artista.

Olga Brunner Levi

Olga Brunner (Trieste, 1885–Venezia, 1961) nacque da una ricca famiglia ebraica di industriali e banchieri triestini. Studiò privatamente disegno, pittura, musica, e parlava tedesco, italiano, francese e inglese. Incontrò Ugo Levi durante un viaggio a Venezia e lo sposò nel 1912. Olga Brunner e Ugo Levi, che aveva ereditato dal padre l’attività bancaria e il palazzo Giustinian-Lolin, vissero in questo palazzo sul Canal Grande dove organizzavano incontri culturali, concerti e serate aperte all’élite culturale delle famiglie dell’alta società. Il 1916 Olga iniziò una relazione con Gabriele D’Annunzio, durata circa tre anni, di cui resta traccia in un intenso epistolario conservato al Vittoriale: nelle numerose lettere a lei scritte il poeta la chiama con diversi appellativi di cui il più famoso è “Venturina”, per il colore degli occhi che ricordava le “avventurine”, particolari vetri di Murano, di un verde brillante. Olga scelse comunque di restare sempre al fianco del marito a cui era intimamente legata, anche se non aveva avuto figli, per visione del mondo, passione per la musica e amore per l’arte e la bellezza. Dopo la sua morte Ugo Levi istituì la Fondazione “Ugo e Olga Levi” onlus in ricordo della comune passione per gli studi musicali. Palazzo Giustinian Lolin a Venezia è ancora oggi sede di studi e di manifestazioni musicali ad alto livello; la biblioteca contiene studi storici sulla musica di tutti i paesi e di tutti i tempi; organizza concerti, conferenze, dibattiti e, in genere, manifestazioni musicali nelle più elevate espressioni, in sinergia con il mondo dell’istruzione, dei Conservatori e delle Università.

Cesarina Gurgo Salice, autoritratto

Cesarina Gurgo Salice (Casale Monferrato, 1890-Roma 1992), grande mecenate, insieme al marito, l’industriale Riccardo Gualino, e sotto la guida dello storico dell’arte Lionello Venturi e del pittore Felice Casorati, comprò nei primi anni Venti capolavori di Giotto, Cimabue, Botticelli, Tiziano, Veronese, Modigliani. Viaggiò molto, frequentò anche dei corsi di danza, in Francia, ispirati a Isadora Duncan. La sua casa torinese era frequentata da artiste/i e letterate/i, musiciste/i e danzatrici/tori; in un piccolo teatro, comunicante con l’abitazione, si tenevano concerti e danze. Cesarina rivendicò il merito di aver acquistato per prima un’opera di Modigliani, a Parigi nel 1923, e continuò ad acquistarne negli anni successivi. Tutta la collezione Gualino fu messa in mostra nell’aprile del 1928 presso la Regia Pinacoteca di Torino. Il 19 gennaio 1931 Riccardo Gualino venne arrestato e inviato al confino a Lipari, dove la moglie lo seguì: teatri, case, opere d’arte furono sequestrati e dispersi in pochi giorni. Nel 1933, finito il confino, i Gualino vissero a Parigi per un anno, dove fondarono una società cinematografica; successivamente si stabilirono a Roma, dove riuscirono a ritrovare l’amicizia di numerosi pittori, scrittori e poeti. Accanto al marito, nuovamente incoraggiò molti artisti, comprando le loro opere (F. Pirandello, M. Mafai, G. Manzù, F. De Pisis, G. Morandi, C. Carrà, G. De Chirico, G. Scipione) e guardarono anche alla pittura straniera (P. Picasso, E. Degas, M. Chagall, G. Braque). Cesarina fu anche pittrice e il 24 maggio 1947 Lionello Venturi presentò una sua personale con più di sessanta dipinti. Sopravvisse per molti anni al marito, e morì a Roma all’età di 102 anni.

Margherita Grassini Sarfatti

Donna-chiave del Novecento italiano, Margherita Grassini, (Venezia, 1880–Cavallasca, 1961), più conosciuta come Margherita Sarfatti, dal cognome del marito che lei stessa preferì usare, nei primi del ‘900 fu la prima donna in Europa a occuparsi di critica d’arte. Nacque da una ricca e nota famiglia ebraica: il padre era una personalità di grandissimo spicco, fondatore della prima società di vaporetti di Venezia. Assunta a Milano come responsabile della rubrica di critica d’arte dell’Avanti! organo di stampa del Partito socialista italiano, lì incontrò Benito Mussolini, col quale ebbe una relazione durata vent’anni. Fondò il gruppo Novecento, un’avanguardia artistica in linea con la tradizione classica italiana, progettò e allestì mostre in patria e all’estero, influenzando per oltre vent’anni la cultura e l’arte italiane. Anche se è passata alla storia come “l’amante del duce”, fu donna colta, elegante, raffinata e soprattutto libera. Si oppose all’avventura coloniale e all’alleanza con Hitler, e con la promulgazione delle leggi razziali nel 1938 si allontanò dall’Italia, trasferendosi prima a Parigi, poi in Sud America. Rientrata in Italia solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche, visse appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all’età di ottantun anni. Impegnata contro la discriminazione sessista, scrisse su periodici femministi, lottò per l’uguaglianza, sostenendo che le donne non dovevano cercare protezione, ma acquisire coscienza di sé e allontanarsi dallo stereotipo di mogli e madri. Sensibile intenditrice d’arte, a Milano, amò valorizzare i talenti incoraggiando giovani artisti e contribuendo al loro successo. Istituì la Triennale di Milano e svolse il ruolo che oggi spetterebbe a un curatore: selezionava gli artisti, ne definiva lo stile, li promuoveva.

Pur non avendo mai realizzato opere d’arte, Peggy Guggenheim (New York, 1898–Camposampiero, 1979) è stata una delle figure più influenti dell’arte mondiale del Novecento e la più importante sostenitrice dell’avanguardia. A lei devono la fama molti artisti. Peggy nacque in una famiglia ricca, suo padre aveva fatto fortuna nell’estrazione dell’argento e del rame e nell’industria dell’acciaio, la madre apparteneva a una delle più importanti famiglie di banchieri americani. Attratta dagli ambienti artistici, a Parigi frequentò i salotti culturali e strinse amicizia con gli artisti dell’avanguardia europea; a Londra nel 1938 inaugurò la sua prima galleria, Guggenheim Jeune. Tornata in America per sfuggire alla guerra, conobbe e fece conoscere al mondo intero il maggiore esponente dell’Espressionismo astratto, Jackson Pollock. A guerra finita, acquistò a Venezia dalla marchesa Luisa Casati il palazzo Venier dei Leoni, dove trasferì la sua collezione, aprendola al pubblico. Visse lì fino alla morte e le sue ceneri sono oggi conservate nel giardino del palazzo. Prima di morire, aveva donato la sua collezione veneziana alla Fondazione Solomon Guggenheim, creata dallo zio nel 1937. Della stessa Fondazione fanno parte anche il Solomon R. Guggenheim Museum di New York e il Guggenheim Museum di Bilbao.

Gertrude Stein
Ritratto di Gertrude Stein,
Pablo Picasso

Ancora una donna con la sua attività diede impulso rilevante allo sviluppo dell’arte moderna, la scrittrice Gertrude Stein (Allegheny, 1874–Neuilly-sur-Seine, 1946) che mise insieme una delle prime collezioni di arte cubista e aveva letteralmente tappezzato di quadri dell’avanguardia il suo studio parigino, rifugio abituale per i giovani letterati americani della lost generation, la generazione perduta. Nata in una ricca famiglia di origine ebraica, che le permise di dedicarsi a tempo pieno all’arte e alla scrittura, emigrò a Parigi dall’America nel 1902. La ville lumière e il quartiere di Montparnasse in particolare erano il centro intorno al quale gravitavano tutti gli intellettuali del tempo, dove gli artisti sperimentavano e osavano. In questo clima di trasgressione scatenata, la giovane Gertrude si sentì subito a suo agio. Fin dai primi anni parigini si appassionò all’arte, mettendo insieme, con l’aiuto del fratello Leo con cui viveva, una delle prime collezioni di arte cubista. Gertrude e Leo Stein ospitavano ogni sera nella loro abitazione di Rue de Fleurus 27 gli artisti e compravano le loro opere, che riempivano ogni spazio sui muri. Cézanne, Renoir, Toulouse-Lautrec, Matisse, Derain, Braque, Duchamp, Man Ray, Picabia, Picasso e tanti altri: i due fratelli erano collezionisti compulsivi e acquistavano soprattutto le opere degli artisti “emergenti”, per sostenerli.

Palma Bucarelli
Ritratto di Palma Bucarelli, Alberto Savinio

Palma Bucarelli (Roma, 1910–1998) è stata la prima direttora di un museo pubblico in Italia, la Gnam di Roma, Galleria nazionale di arte moderna. Soprannominata “Regina di quadri”, sempre elegante e curata, inflessibile nelle sue scelte, in un’epoca ancora prevalentemente maschilista, con grande apertura mentale, promosse l’ingresso dell’arte contemporanea nelle sale del museo e avvicinò il pubblico alla sua comprensione con mostre didattiche e cicli di conferenze. Durante la guerra si prodigò per salvare tante opere d’arte, trasferendole a Palazzo Farnese a Caprarola e a Castel Sant’Angelo. Grandi mostre l’hanno resa celebre per le sue scelte anticonformiste, nonché per le polemiche che ne sono seguite: Picasso, Mondrian, Pollock, Burri; l’acquisto della Merda d’artista di Piero Manzoni fu oggetto addirittura di un’interrogazione parlamentare. La Galleria perse così il suo aspetto di contenitore di opere d’arte, diventando un punto di incontro e di informazione.

Carla Lonzi

Un’altra donna, Carla Lonzi (Firenze 1931-Milano 1982), negli anni ‘60 ha curato le mostre dei più importanti artisti e artiste italiane e straniere e in Autoritratto ha riportato le registrazioni dei suoi colloqui con loro. Particolarmente importante è il suo dialogo con Carla Accardi, da cui cominciò a maturare la presa di coscienza femminista. L’uso del registratore, all’epoca inusuale, le permise di dare voce direttamente all’artista, negando la mediazione del critico. Preso atto della condizione di marginalizzazione delle artiste, le incitò ad abbandonare la creatività di tipo patriarcale e assumere un’autocoscienza femminista.
Le artiste hanno un maggior bisogno di essere supportate, perché, come accade in qualsiasi settore del mondo del lavoro, sono penalizzate dal mercato: anche le artiste hanno figli, si prendono cura della famiglia e in questo modo rallentano la produzione e possono addirittura smettere, mentre il mercato dell’arte non dà tempo, esige tanta produzione e rientri veloci. Eppure tra l’arte degli uomini e quella delle donne non c’è differenza, nessuna dal punto di vista estetico e tematico, quello che conta è solo il talento, che è indipendente dal genere.

Valeria Napoleone

Valeria Napoleone, nata in provincia di Varese da una famiglia di industriali, cresciuta in una casa circondata da opere d’arte antica, già dal 1997 ha cominciato a collezionare, dando preferenza alle artiste. In quell’anno era a New York, dove, laureata in Giornalismo, seguiva un master in Art Gallery Administration al Fashion Insitute of Technology, che le ha dato l’opportunità di girare, ascoltare, osservare. Lì ha incontrato artiste che pur talentuose avevano difficoltà a emergere. Ha deciso allora di fare qualcosa di concreto per sostenerle e ha iniziato a collezionare solo opere di donne. Le sue scelte sono fatte col cuore e si rivolgono soprattutto ad artiste viventi, perché Valeria vuole entrare in contatto con chi produce l’opera: collezionare per lei non significa solo acquistare, ma anche sostenere progetti, organizzare incontri per dare la possibilità alle artiste di essere messe in contatto con galleriste/i e curattrici/tori e farsi conoscere. Nel 2015 ha dato il via a Valeria Napoleone XX dove la sigla XX sta per cromosoma femminile. È un progetto che supporta le artiste: si impegna a donare ogni anno un’opera di un’artista vivente a un museo regionale inglese membro della Contemporary Art Society, organizzazione che sostiene i musei regionali che non ricevono i fondi e le attenzioni dei grandi musei londinesi. La seconda iniziativa è una collaborazione con la galleria newyorkese The Sculpture Center, uno spazio espositivo storico, fondato nel 1928 dalla scultrice Dorothea Denslow, che ha sempre avuto direzioni femminili. Ogni 18 mesi Valeria Napoleone si trova con un curatore che le presenta le artiste protagoniste nelle mostre in programma. Quindi ne sceglie una che verrà seguita nel suo percorso e finanziata per la realizzazione di un’opera.
Valeria per il suo operato ha ricevuto nel 2019 il premio Montblanc De La Culture Arts Patronage Award. Siede nel consiglio di amministrazione dell’Institute of Fine Arts della New York University, ed è membro del Comitato d’Onore di Miart, una fiera di arte contemporanea che si tiene a Milano ogni anno.

In copertina: Peggy Guggenheim, fotografia.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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