Irène Joliot-Curie. Nobel per la Chimica

Irène Joliot-Curie è stata una chimica e fisica francese. Rappresenta un caso più unico che raro: figlia di due premi Nobel, Pierre e Marie Curie, prosegue le loro ricerche e vince, con il marito, il Premio Nobel per la Chimica nel 1935. Nel 1934 scoprono ciò che li renderà famosi: riescono ad attuare la trasmutazione di boro, alluminio e magnesio in isotopi radioattivi, scoprendo, così, la radioattività artificiale.

Irène Joliot-Curie

Irène nasce a Parigi il 12 settembre 1897, figlia primogenita di Pierre e Marie Curie e sorella di Ève Curie. Grazie alla madre, riceve un’educazione singolare: studia esclusivamente con futuri Nobel; impara la chimica da Jean Perrin, la fisica dalla madre e la matematica da Paul Langevin.
La sua infanzia trascorre serena con i genitori spesso lontani, così impiega gran parte del tempo con il nonno, Eugène Curie, dottore e libero pensatore, socialista e ateo, che forgerà il suo credo politico.
Quando ha nove anni, un evento tragico e inaspettato segna la sua vita: il padre, Pierre, scivola in strada e viene travolto da una carrozza che trasporta sei tonnellate di uniformi militari, morendo sul colpo. La bambina da quel momento cresce con la madre, da cui eredita la forte personalità e l’animo femminista. Marie, difatti, rimasta sola, non si arrende e porta avanti il suo lavoro con ostinazione, riuscendo in pochi anni ad aprire l’Institut du Radium: il primo centro per la cura del cancro, in seguito rinominato Istituto Curie.

Irène ha solo quattordici anni quando, per la prima volta, accede al laboratorio a cui dedicherà la sua intera vita. Nel settembre 1914, con l’inizio della Prima guerra mondiale, segue la madre al fronte, nelle Fiandre, prestando servizio come radiologa in un ospedale anglo-canadese.
A diciotto anni è già in grado da sola di fare le prime radiografie, girando tra i campi militari a bordo delle “Petit Curie”, auto dotate di attrezzature per fare le lastre. Terminata la guerra inizia a lavorare nell’Istituto Curie. Consegue prima la laurea e poi, nel 1925, anche il dottorato alla Sorbona, discutendo una tesi sulle radiazioni α del polonio. Nel laboratorio dell’Istituto conosce il suo futuro marito: Frédéric Joliot; nel 1926 si sposano ed entrambi cambiano i loro cognomi in Joliot-Curie. L’anno successivo nasce la primogenita, Hélène, che diventerà fisica nucleare, come la mamma e la nonna, e nel 1932 Pierre, futuro biochimico.

Marie e Irène-Joliot Curie

Nel 1934 la coppia di scienziati realizza la scoperta che li renderà famosi: scoprono nuovi elementi radioattivi, ottenuti bombardando elementi non radioattivi con particelle α, difatti riescono a effettuare la trasmutazione di boro, alluminio e magnesio in isotopi radioattivi. Questa scoperta viene pubblicata nell’articolo scientifico: Production artificielle d’éléments radioactifs. Preuve chimique de la transmutation des éléments che di lì a poco vale loro il Premio Nobel per la Chimica. In realtà, il premio avrebbero potuto vincerlo prima o addirittura vincerne tre: sono stati proprio i due coniugi, infatti, i primi a scoprire sperimentalmente sia il positrone che il neutrone, senza però riuscire a interpretarne correttamente i risultati. Irène Curie è la seconda donna a ricevere il Nobel per la Chimica, e la più giovane in assoluto. Ma questo è solo il suo primo traguardo: nel 1936 diventa Sottosegretaria di Stato alla Ricerca Scientifica durante il governo Léon Blum e con Jean Perrin fonda il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica; nel 1938 con il fisico Paul Savitch getta le basi per la fissione dell’uranio, forse il suo più notevole lavoro, ripreso poi dai chimici Otto Hahn, Fritz Strassmann e dalla fisica Lise Meitner; agli inizi della Seconda guerra mondiale, i coniugi Joliot-Curie iniziano a lavorare sui prodotti generati dal bombardamento dell’uranio con neutroni, ma si rifiutano di pubblicare i risultati di queste ricerche poiché ne intuiscono l’importanza per la eventuale fabbricazione della bomba atomica. Irène e Frédéric, infatti, interrompono la ricerca sulla fissione nucleare, proprio per impedire che essa cada in mani fasciste: Irène si rifugia con i figli in Svizzera e Frédéric resta in Francia sotto falso nome, per difendere il laboratorio e contribuire alla liberazione di Parigi. Una scelta coraggiosa, per la quale riceve la Croix de guerre.

Il francobollo francese celebra Irène Joliot-Curie e Frédéric Joliot-Curie

Finito il conflitto, Irène diventa direttrice dell’Istituto del Radio ed entra nella Commissione Francese per l’Energia Atomica, prendendo parte così alla costruzione del primo reattore nucleare. Entra anche nel Comitato Nazionale dell’Unione delle donne francesi e nel Consiglio Mondiale della Pace, perseverando nel suo impegno sociale. Negli ultimi anni prima della morte, progetta l’Istituto di Fisica Nucleare di Parigi, a Orsay, ma non lo vedrà mai finito. Muore, infatti, nel marzo del 1956 di leucemia acuta: l’esposizione ai raggi ionizzanti e una vasta scottatura radioattiva provocata dall’esplosione di una capsula di polonio hanno compromesso gravemente la sua salute. L’Istituto e la sua cattedra di Fisica nucleare alla Sorbona, ricevuta nel 1937, passano a Frédéric.

Irène Joliot-Curie nel suo laboratorio
La scienziata nel suo laboratorio a Parigi

Per tutta la vita, Irène si è battuta con passione per i diritti delle donne e per il rispetto dei loro risultati professionali e intellettuali. A titolo di esempio, fece ripetutamente domanda per entrare a far parte dell’Accademia delle Scienze francese, ben sapendo che non sarebbe stata ammessa solo per il suo sesso. Lo fece proprio per far capire che la lotta per il riconoscimento delle donne come esseri umani a pieno titolo era tutt’altro che conclusa. All’indomani della sua scomparsa, su Nature, l’amico e collega James Chadwick scrive: «I suoi genitori erano entrambi persone indipendenti e due menti brillanti, e la stessa Irène Joliot-Curie ha ereditato il loro carattere e il loro genio scientifico».

Irène Joliot-Curie e Albert Einstein, 1948

Qui le traduzioni in francese, inglese, spagnolo e ucraino.

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Articolo di Marina Misuraca

Laureata in “Comunicazione, tecnologie e culture digitali” presso l’Università “La Sapienza” di Roma, attualmente sta terminando la laurea magistrale in “Media, comunicazione digitale e giornalismo”, indirizzo “Media studies”. Interessata alla nuova realtà della gestione aziendale, ha una passione per la letteratura e la scrittura.

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