Samia Suluhu Hassan è la prima presidente della Tanzania; nativa di Zanzibar, arcipelago che fa parte della Tanzania odierna, un territorio a maggioranza musulmana. Le fotografie sono il miglior ritratto della realtà. L’immagine che ritrae capi di Stato africani al vertice di Washington illustra chiaramente lo stato delle cose. In alto a sinistra in terza fila, con il velo color magenta, l’amira, che copre la testa e le spalle delle musulmane, si intravede la presidente della Tanzania, Samia Suluhu Hassan.

La Tanzania, un paese abitato da 60 milioni di persone, che confina con ben otto stati dell’Africa subsahariana, meta di turismo internazionale, è un punto fermo in un’area lacerata da guerre civili e lotte tribali. Area fin dalle origini, crocevia di scambi commerciali, incontro tra le lingue e le culture arabe, persiane e bantu, odierno crogiolo culturale e centro pulsante della cultura e lingua swahili, la lingua franca di tutta l’Africa subsahariana. Zanzibar, che fu sede di un importante sultanato legato all’Oman, accolse la lingua, l’alfabeto, la cultura araba e l’Islam. Nativa proprio di Macunduchi nello Zanzibar, suo bacino elettorale, e dunque musulmana, in un paese in cui convivono cristiani islamici e animisti. Conosciuta come Mama Samia, è la prima politica del suo paese a ricoprire ruoli significativi, fino a diventare la prima donna vicepresidente, e dal 2021, inaspettatamente, essere la leader del suo paese.
Una sera di primavera, il 17 marzo di due anni fa, a una nazione attonita e incredula, lei stessa annunciava la morte, per un attacco di cuore, di John Magufuli, Tingatinga, Bulldozer in swaihili, a causa della sua veemenza da autocrate. L’articolo 40 della Costituzione tanzaniana, prevede che in caso di morte del Capo di Stato, chi ha la carica di vicepresidente ricopra tale ruolo per tutto il periodo restante della carica del mandato presidenziale. Hassan rimarrà perciò in carica fino al 2025 e la prospettiva di una sua ricandidatura a quella data, alla luce del suo attuale impegno e lavoro, non sembra poi una missione impossibile.
Laureata presso l’Institute of Development Management in pubblica amministrazione e a Manchester in Economia, esperta per le Nazioni Unite per il Programma alimentare mondiale, è esponente, come il suo predecessore e la maggioranza degli eletti del Parlamento del Ccm, ossia Chama cha mapinduzi, il Partito della Rivoluzione, il principale partito politico della Tanzania. Una formazione fondata nel 1977 da Julius Nyerere, primo presidente e padre della patria. Ccm è un partito praticamente da sempre al potere in Tanzania, stato nato dalla fusione del Tanganica con Zanzibar.
Le sfide per la nuova presidente sono state da subito numerose e complesse, a cominciare da quella evidentemente più ardua, come ha dichiarato in una intervista: «Creare un consenso ampio nell’opinione pubblica sulla capacità di una donna presidente, che possa guidare la nazione e adempiere al compito». Il cambiamento epocale al vertice del paese africano le ha procurato il sostegno delle sue compagne di strada nel mondo politico; le leader africane come la liberiana Ellen Johnson Sirleaf o Sahle-Work Zewde, presidente dell’Etiopia e la statunitense Kamala Harris. Come donna ha dovuto affrontare l’ostilità di gran parte di esponenti parlamentari anche del suo stesso partito, come musulmana e leader nazionale ha dovuto confrontarsi con gli esponenti combattivi e radicali di fede cristiana del Ccm, mantenere gli equilibri politici e etnico/tribali con le nomine del nuovo vicepresidente e del primo ministro.
Altra sfida importante il cambiamento radicale nelle politiche sanitarie in contrasto al Covid-19: dal sostanziale negazionismo del suo predecessore, al sostegno alle vaccinazioni e all’uso della mascherina. Importanti iniziative sono state, fin dall’esordio dell’azione presidenziale, la revoca del decreto che impediva alle ragazze madri di tornare a scuola, riportare il paese in ambito internazionale dopo un lungo periodo di isolazionismo, eliminare misure economiche restrittive, attirare investitori, contrastare l’establishment.
Tutti passi significativi, la rivista Nigrizia riporta che il primo anno di governo di Samia Suluhu Hassan, presidente “per caso” della Tanzania, si chiude con un bilancio nettamente positivo. Ha preso il timone di un paese con un’economia malmessa, disoccupazione crescente, un sostanziale non allineamento in campo internazionale. Il suo indirizzo presidenziale è vivificare l’economia, incrementare la costruzione di scuole e ospedali, fornire alle aree rurali acqua, luce e infrastrutture, ferrovie e impianti di energia idroelettrica.
L’intento più significativo e sorprendente è il cambio di passo nel rapporto con la società civile e l’opposizione politica. L’appartenenza al partito che è rimasto costantemente al governo del paese, dapprima in regime mono partitico e dal 1992 attraverso la vittoria sistematica di tutte le elezioni pluripartitiche, mantenendo il potere e sospendendo le riunioni politiche dal 2016, imprigionando esponenti dell’opposizione, limitando la libertà di stampa, poteva far supporre che non ci sarebbero stati mutamenti sostanziali. E invece Samia Suluhu Hassan ha addirittura dichiarato che, a costo di perdere le future elezioni presidenziali, il suo impegno attuale è eliminare le disparità tra le parti, ripristinare l’agone e il confronto politico. La presidente ha mosso passi di riconciliazione con l’opposizione e il 3 gennaio 2023 ha revocato il divieto di organizzare raduni politici all’opposizione, emanato dal suo predecessore Magufuli. Secondo The East African la leader cerca di consolidare il suo programma di riforme. Hassan ora vuole “rompere le catene” imposte alla libertà di associazione e al dibattito politico, ponendo le basi per una transizione democratica. È un gesto coraggioso, con cui si contrappone alle frange conservatrici del suo partito. Un vento di cambiamento che ha spinto Tundu Lissu, figura storica dell’opposizione, a tornare in patria, dicendo di farlo per: «Scrivere un nuovo capitolo». Nuovo corso anche l’atto redatto da Hassan per ripartire nei rapporti con la società tanzaniana. Fatma Karume, avvocata scarcerata di recente vittima di intimidazioni ed esponente di primo piano dell’opposizione, sottolinea l’opportunità della presidente di restituire alla Tanzania la fiducia nella democrazia e cambiare il paese. Karume ritiene stupefacente che l’opportunità storica offerta a Samia Suluhu Hassan sia nata da un imprevisto della Storia. Forse, ma da musulmana Samia Suluhu Hassan riconosce come Maktub, il destino predisposto per lei da Dio, il fato disceso come spirito angelico su di lei durante la Lailat al Qadr, la più santa tra le notti nel sacro mese di Ramadan che Hassan rigorosamente osserva, affinché potesse agire da politica, da credente, da donna musulmana paziente e tenace, per il bene del suo paese, inaspettata ed efficace prima donna presidente della Tanzania.
In copertina: Samia Suluhu Hassan con la guardia d’onore militare dopo la cerimonia del suo giuramento.
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Articolo di Giuliana Cacciapuoti

Insegna lingua e cultura araba e musulmana da oltre quarant’anni in Italia e all’estero. Pubblica su riviste accademiche e sul suo sito per presentare con uno sguardo non convenzionale le realtà del mondo islamico. Nel 2014 ha fondato GCCK Connecting Knowledge. Nel 2022 ha pubblicato il libro Donne musulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni. Tra le socie fondatrici di Toponomastica femminile.