Pearl Buck. Nobel per la Letteratura

Premio Nobel per la Letteratura 1938 «Per le sue ricche ed epiche descrizioni della vita contadina in Cina e per i suoi lavori autobiografici». È stata la prima scrittrice americana a scrivere sulla Cina romanzi indimenticabili, che sono una dichiarazione d’amore per un Paese allora sconosciuto in Occidente. Ma la sua stessa vita è un romanzo.

Pearl Comfort Sydenstricker

Pearl Comfort Sydenstricker nasce a Hillsboro, in West Virginia, nel 1892. A pochi mesi dalla sua nascita, i genitori – missionari presbiteriani – tornano in Cina, dove vivevano dal 1880 a diretto contatto con la comunità locale. La piccola Pearl cresce in una Cina ferma al Medio Evo, inimmaginabile al giorno d’oggi. In casa non c’è né acqua né elettricità, i servizi sono una vanga appoggiata al muro del giardino sul retro. Intorno a lei, la terribile miseria delle campagne cinesi. La sera ascolta la sua tata Wang Amah che racconta le storie della propria tradizione orale. Tutto un mondo colorato, violento, sessualmente esplicito le si rovescia addosso e la plasma per sempre.

«Decisi che sarei stata una romanziera quando non avevo ancora dieci anni» dice. Divora i pochi libri in inglese presenti in casa, in particolare l’opera di Dickens. Dal 1900, la famiglia inizia a spostarsi per sfuggire a un sempre più violento sentimento di insofferenza verso chi viene da fuori. È il periodo della storica Rivolta dei Boxers, che costituisce il pretesto per una serie di spedizioni punitive delle potenze occidentali desiderose di spartirsi le spoglie dell’ormai agonizzante Celeste Impero. Anche l’Italia vi manda un contingente militare.
Nel 1910, a 18 anni, i genitori la spediscono negli Stati Uniti per studiare al college. Si laurea in Letteratura inglese, pensa di rimanere negli Usa ma una malattia della madre la richiama in Cina. Vi ritrova un Paese diverso, che ha attraversato una rivoluzione e sta andando verso la guerra civile, tra nazionalisti al governo, comunisti che si preparano alla presa del potere e “signori della guerra”. Pearl rimane accanto alla madre.

Casa natale di Pearl Buck

Nel 1917 sposa John Lossing Buck, specializzato in agronomia, in Cina per conto della Missione presbiteriana americana. Dopo un periodo trascorso per motivi di lavoro in regioni lontane, la coppia si stabilisce a Nanchino, dove lei insegna letteratura inglese all’università.

Pearl Buck e Carol

Nel 1920 nasce una figlia che viene chiamata col nome della nonna materna, Caroline. Carol rivelerà presto una disabilità mentale. Nel 1925 la coppia adotta un’altra bambina, Janice, ma il matrimonio è in crisi. Nel 1927 la situazione a Nanchino si fa difficile: molte persone perdono la vita in una sommossa che coinvolge nazionalisti, comunisti e signori della guerra. Pearl Buck deve fuggire in Giappone, dove rimane un anno.

Nel 1929 va negli Usa per cercare una scuola speciale per Carol. La trova in New Jersey e vi lascia la bimba, che ha 9 anni, prima di ripartire con il cuore gonfio per la Cina. Torna a Nanchino e capisce che è giunto il momento di mettersi a scrivere. Scrive in due mesi La buona terra, storia di un contadino cinese povero e della sua lotta per sopravvivere e farsi una famiglia, e spedisce il manoscritto a un agente letterario di New York che trova un piccolo editore interessato. Il libro ha un successo immediato, vende due milioni di copie e nel 1932 otterrà il Premio Pulitzer, oltre al riconoscimento dell’American Accademy of Arts and Letters (di cui la scrittrice entrerà a far parte nel 1950).
Il libro lancia un monito circa le ingiustizie costituite dal divario tra ricchezza e povertà e sui drammi cui sono esposte le famiglie contadine la cui vita dipende dalla riuscita del raccolto; inoltre La buona terra pone l’accento sull’importanza dell’educazione come strumento di liberazione e sul ruolo delle donne in una società dove era chiesto loro di lavorare duramente. Rivela anche un profondo legame con la natura: «Dalla terra siamo venuti e alla terra dobbiamo tornare… Se conserverete la terra, vivrete… Nessuno potrà mai portarvela via».

Pearl Buck al lavoro

Nel 1934 lascia definitivamente la Cina per gli Stati Uniti e poco dopo sposa in seconde nozze il suo editore, Richard Walsh, che le sarà di grande sostegno nell’attività letteraria e nell’accudimento della figlia disabile. Nel corso degli anni la coppia adotterà ben sei tra figli e figlie, fondando un’agenzia, la Welcome House, per facilitare l’adozione dei bambini e delle bambine nate da militari americani e donne asiatiche. Dal 1964, la Pearl S. Buck Foundation (in seguito cambiata in Pearl S. Buck International) ha lavorato per migliorare la vita di bambini e bambine di tutto il mondo. La scrittrice diventerà attivista per i diritti delle persone migranti negli Usa e strenua oppositrice all’utilizzo delle armi nucleari.

Nel 1938 diventa la prima donna americana a essere insignita del premio Nobel per la Letteratura e una delle poche donne al mondo ad aver ottenuto sia il Nobel sia il Pulitzer. L’assegnazione del premio si deve alla sua copiosa produzione letteraria di cui La Buona terra rappresenta uno dei momenti più alti.
La sua vasta e variegata opera letteraria fa da ponte tra mondi e istanze difficilmente conciliabili: Oriente e Occidente (Vento dell’Est, Vento dell’Ovest del 1930), ricchezza e povertà, appartenenza ed esclusione, maschile e femminile (Of men and women, un saggio incentrato sulla società statunitense, del 1941 e Pavillion of women, 1946), cultura e natura, tradizione e novità.
La Cina sarà comunque l’orizzonte culturale più frequentato e che Buck tenterà con onestà di comunicare all’esterno, senza sconti e censure. Su questa scia si collocano, tra gli altri, Figli (1931), Una casa divisa (1935), Stirpe di drago (1942), Le ragazze di Madame Liang (1969), e persino un libro di gastronomia, La cucina orientale (1975).

Con il re di Svezia

La capacità di muoversi tra due mondi e due lingue (Pearl Buck definirà il cinese la sua madrelingua) le procura un’ambiguità interpretativa: malvista negli Stati Uniti per essere sfuggita a narrazioni di gusto esoticheggiante, in Cina è stata malignamente definita l’imperialista statunitense.
Di ambientazione statunitense ricordiamo Questo indomito cuore (1938), che racconta il dissidio interiore di una donna divisa tra vocazione artistica e famiglia. Irrinunciabile la vicinanza alle donne, descritte come esseri forti e vividi ma anche come la parte più pressata di una società patriarcale. Indimenticabile il personaggio di La madre (1933), creatura di sbalorditiva forza fisica e di animo, capace di rimettersi al lavoro nei campi immediatamente dopo il parto, e il cui valore verrà riconosciuto troppo tardi.
Era pratica della scrittrice attingere dal suo vasto bagaglio di esperienze e trasferirlo sulla pagina; tradizioni e racconti orientali si riversano, così, nei primi racconti brevi e in quelli per adolescenti come La grande onda (del 1948, ambientato in Giappone).
Di sapore autobiografico sono L’esilio (1936), Le mie patrie (1954), The child who never grew (dedicata alla figlia, del 1950).

Muore nel 1973, poco prima di compiere 81 anni. Sulla sua tomba viene scritto il suo nome in caratteri cinesi, un tributo alla sua patria d’elezione.

Tomba di Pearl S. Buck

Il suo volto è riprodotto su molti francobolli, statue in suo onore si trovano a Nanchino e in altre città cinesi. La sua casa americana è ora un museo, aperto al pubblico dal 1980.

Qui le traduzioni in francese, inglese, spagnolo e ucraino.

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Articolo di Ina Macina

Pugliese di nascita, nomade per scelta, studio questioni di genere con attenzione agli aspetti linguistico-comunicativi. A Barcellona ho intrapreso un dottorato in letteratura. Nel 2016 ho frequentato un master in diversity management. Sono un’attivista ecofemminista, referente per la Puglia e la Catalogna dell’associazione Toponomastica femminile, e collaboro col progetto The climate route. Ho maturato esperienza come giornalista e critica su diverse testate online.

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