Un suggestivo percorso in Valdinievole (provincia di Pistoia) che vale la pena conoscere è la via delle Cartiere, che affianca la riva del fiume Pescia, lungo la quale si notano i resti affascinanti delle cartiere dismesse, esempi di archeologia industriale; a Pietrabuona è stato aperto il Museo della Carta, negli spazi della cartiera settecentesca “Le Carte” dove ancora si vedono le macchine originali e si apprezzano foto, documenti, cimeli del passato.

Le cartiere moderne sono meccanizzate e situate per lo più in pianura, alle porte delle città e vicino alle comode vie di comunicazione, e non ha più senso distinguere lavoro femminile e lavoro maschile; anche gli usi e i prodotti sono cambiati, ad esempio la carta per scrivere, i biglietti e i cartoncini augurali sono sempre meno importanti, mentre cresce la produzione di carta igienica, carta da cucina, tovaglioli, fazzoletti, cartoni per imballare (dalla semplice pizza da asporto alle confezioni più raffinate per borse, cravatte, camicie). Tuttavia la cartiera Magnani – le cui origini remote risalgono al 1404 (sembra essere la più antica d’Italia ancora in attività) – è rimasta al suo posto, in località Calamari, opportunamente ammodernata; in passato la sua carta più pregiata servì per le partecipazioni di nozze di Napoleone con Maria Luisa d’Austria, in seguito rifornì la casa reale e gli artisti più celebri: da Picasso a Guttuso. I suoi prodotti continuano a essere incentrati sulle eccellenze e la qualità: carta filigranata, anche su richiesta, fogli speciali per stamperie e opere artistiche, come incisioni e litografie.

Oggi i nomi: straccina, ammannitora, spandente, battitora, sceglitora ci dicono poco o nulla, eppure indicano le principali attività delle donne nelle cartiere, una realtà per molto tempo importantissima lungo le rive dei due rami del fiume Pescia, a Villa Basilica (in provincia di Lucca) e soprattutto a Vellano, Collodi, Pietrabuona, Uzzano e Pescia. Qualche dato significativo: nel 1863 le cartiere a Pescia erano 10, 2 a Uzzano, 14 a Vellano; nel 1907 gli stabilimenti che producevano “carta da involgere” erano ancora 10 a Pescia, 2 a Uzzano, a Vellano uno soltanto; per produrre carta da scrivere e per stampare a Pescia erano in funzione altri 12 stabilimenti di 5 diverse ditte.
Ricordare i lavori prevalenti nel passato in un certo territorio può talvolta condurre a una vena di malinconia e quasi di rimpianto per il tempo che fu; dei mestieri di tabacchine, gessaie, trecciaiole, impagliatrici, balie, ecc. abbiamo talvolta scritto pure su Vitamine vaganti grazie a molteplici studi e ne abbiamo trattato sulla guida al femminile curata da Toponomastica femminile. In realtà non devono essere mitizzati e visti con nostalgia: quelli praticati nelle cartiere per lo più erano mal pagati, faticosi, malsani a causa di rumore, umidità, polvere, persino pesanti e pericolosi (quello della magliatrice, ad esempio). Le operaie lavoravano per 10 ore, 6 giorni su 7 e iniziavano a 10-12 anni. Praticamente le donne erano escluse dai ruoli impiegatizi, anche per mancanza di studi adeguati. Come sempre si trattava di occupazioni precarie: se la produzione si riduce, le prime a essere escluse sono le donne, ieri come oggi; con il matrimonio – come accadeva del resto in quasi tutte le mansioni – di solito il lavoro fuori casa finiva. Nel caso delle cartiere nell’area pesciatina però si verificava un aspetto curioso: diverse famiglie di lavoratori erano ospitate gratuitamente nei locali adiacenti, al massimo con la richiesta di un contributo per l’energia elettrica. Questo voleva dire un tetto sicuro, ma anche la chiusura in un mondo appartato, dove si vive, si lavora, ci si incontra, ci si sposa.
Una ricostruzione efficace delle varie fasi del lavoro è stata fornita da un esperto cartaio, Silvio Vezzani, riportata dallo storico Renzo Sabbatini nel volume Il lavoro delle donne. Le straccine selezionano i vari tipi di stoffa (cotone, canapa, lino) e ne fanno pezzetti da riporre separatamente in appositi corbelli; in seguito, realizzati i fogli, la sceglitrice toglie eventuali imperfezioni e poi le spandenti stendono i fogli umidi ad asciugare, mettendoli ben tesi. Quindi i fogli vengono separati gli uni dagli altri dalla ammannitora per farli asciugare. Passato del tempo, più o meno lungo secondo la stagione, le botteghine sceglitrici controllano i fogli, li sbattono, tolgono pieghe e impurità; possono passare anche dei mesi di “maturazione”. Allora la battitora (o magliatrice) mette 200-300 fogli sotto una grande mazza e li batte con forza per renderli perfettamente uniformi. Successivamente la sceglitrice distingue i fogli di I e di II scelta, e li piega secondo le esigenze. Talvolta si ricorre anche al lavoro della cucitrice che raggruppa mazzetti di fogli, creando una sorta di fascicolo.
Quando si parla di carta, si parla anche oggi di settori diversi e specifici; la produzione può essere estremamente raffinata come quella della carta bollata, che la cartiera Magnani ad esempio produceva per la Banca d’Italia o per Paesi esteri come il Brasile e il Venezuela. Altrove si ottenevano invece la cartapaglia (piuttosto resistente), la carta di “cartucce” (poco pregiata ma leggera e adatta per gli imballaggi), il cartone, la carta da pacchi (o per involgere), la carta da lettere, per scrivere e per stampare libri e giornali. Come materie prime si usavano gli stracci, ma anche la paglia. Essenziale sul luogo era la presenza abbondante di acqua per azionare i macchinari con l’energia idraulica e per macerare l’impasto; ecco dunque spiegata la vicinanza del fiume. Una svolta avverrà con l’introduzione di macchinari sempre più sofisticati e con l’utilizzo della cellulosa e delle paste di legno, tuttavia in Toscana e nelle Marche si preferirà ancora a lungo l’uso degli stracci, per cui la manodopera femminile rimarrà essenziale (superando il 50% degli addetti), grazie all’abile e svelta manualità delle operaie.
È davvero un peccato e una mancanza che nel comprensorio pesciatino siano del tutto assenti intitolazioni alle cartaie e agli altri mestieri femminili tradizionali che pure ebbero, almeno fino a metà del XX secolo, un ruolo economico e sociale di rilievo, contribuendo al reddito familiare; sarebbe bello che l’amministrazione comunale manifestasse sensibilità in tal senso, magari scegliendo qualche area verde, porzioni del bel lungofiume, rotatorie, sentieri pedonali o ciclabili, in mancanza di nuove vie o piazze. Altrove è avvenuto: a Villa Basilica una piazza è stata dedicata alle Maestre filatrici di seta, mentre a Pistoia sono state deliberate lo scorso 19 gennaio tre intitolazioni di rotatorie a Ricamatrici e sarte, alle Organare, a Impagliatrici e trecciaiole, a Montale si trova via delle Mondine, a Montecatini un giardino ha preso il nome dalle Mescitrici. Restando in tema, vogliamo ricordare che nell’area comunale di Pescia le intitolazioni stradali celebrano ben 192 uomini, mentre le donne sono solo 22. Nel centro storico si trovano nove madonne (S. Maria, Assunta, Immacolata, ecc.) e nove sante (fra cui la patrona Dorotea, scelta dalla comunità fino dal lontano 1339, e poi Lucia, Chiara, Margherita, Maddalena, ecc.), mentre in periferia notiamo il ricordo di Anna Frank e di Grazia Deledda, una presenza assai frequente un po’ ovunque in Sardegna come nel resto d’Italia. Nella frazione di Castelvecchio esiste pure via delle Belle donne che rimanda a un determinato mestiere e a edifici destinati a esercitarlo. All’attrice pesciatina Carlotta Marchionni (1796-1864) è stata intitolata una traversa di via XXVII Aprile ma, a distanza di molti anni e svariate segnalazioni, manca ancora il relativo cartello.
A Pescia non esistono forse figure femminili di valore da ricordare? Niente affatto: come non ci stanchiamo di ripetere e ben sappiamo, le donne sono praticamente assenti nei libri di storia, nei manuali di letteratura, di arte, di scienze perché per secoli sono state escluse dall’istruzione e poi “dimenticate” dalla cultura dominante, appannaggio maschile da sempre. In realtà sono nascoste in un limbo da cui non aspettano altro che riemergere: si deve solo dare loro l’opportunità di farsi conoscere; troveremo così personaggi straordinari, che hanno operato (e operano) in ogni campo.

Non possiamo non citare ad esempio una scienziata geniale che insegnò brevemente all’Istituto Agrario pesciatino: Pierina Scaramella (1906-1992) che smentisce per l’ennesima volta il pregiudizio che le donne non siano portate per gli studi di fisica, matematica, ingegneria, chimica. Fu colei che, indipendentemente da Fleming, comprese le proprietà antibatteriche delle muffe del genere penicillium.
Un’altra bellissima figura di donna impegnata in una professione all’epoca solo maschile fu Ester Pirami (1890-1967), brillante laureata in medicina che scelse di svolgere l’attività di chirurga nell’ospedale cittadino, dopo aver vinto giovanissima il concorso di assistente nel 1914. Fu anche una valente scrittrice (Vv n.91). A proposito di arte, Pescia vanta un nome che dovrebbe risaltare e che meriterebbe da lungo tempo almeno una targa e/o una intitolazione: si tratta di Bice Bisordi (1905–98), ritenuta dalla critica una delle più importanti scultrici del XX secolo. È stata una ritrattista di grande valore e, forse proprio per questo, molte sue opere sono andate disperse in collezioni private; tuttavia un bel nucleo di 27 sculture fu donato da lei stessa alla sua città. (Vv n.52 e 193)



Un altro personaggio interessante fu Sara Simonde de Sismondi (1776-1835),da citare non solo come madre dell’economista Francesco Forti e sorella del celebre Jean Charles Sismondi, entrambi ricordati nell’odonomastica cittadina. Sara infatti fu autrice di un prezioso diario scritto per otto anni che racconta la sua curiosa storia di emigrante al contrario! È singolare davvero il passaggio di una importante famiglia da Ginevra a Pescia, ma è anche originale e controcorrente per l’epoca il suo matrimonio d’amore, lei protestante con un cattolico, per il quale la coppia dovette affrontare ostacoli a non finire. La sua vita relativamente breve non fu sempre felice perché le morirono quattro degli otto figli, ma trovò conforto nella letteratura, nella musica, nella fede e nel legame affettuoso con i suoi cari, prima fra tutti la mamma Henriette. (Vv n.120).
Concludiamo questo veloce percorso fra alcune figure di donna degne di ricordo facendo riferimento a un cognome conosciuto ovunque, Vespucci, ma di cui si ignora il legame con Pescia, rintracciato dalla studiosa Bruna Rossi.

L’illustre famiglia degli Onesti – in amicizia con l’umanista Coluccio Salutati e legata a un importante circolo culturale – dette luogo a un matrimonio: Nanna degli Onesti sposò infatti il nonno del futuro viaggiatore Amerigo; portò in dote terreni in quelle amene località fra Pescia e Montecarlo oggi dette “i colli delle donne” con una connotazione squisitamente femminile (da cui emerge il toponimo Vèneri) ed ebbe come figlia una tale Fioretta che non lasciò mai Pescia. La famiglia intera è raffigurata in uno splendido dipinto del Ghirlandaio (del 1472 circa) in cui la Madonna della Misericordia ne accoglie i membri sotto il suo manto.
Ci sembra che i suggerimenti a cui attingere non manchino, e altri si potrebbero aggiungere, ora il compito di agire passa alla volontà dell’amministrazione comunale.
Per approfondire:
AA. VV., Il lavoro delle donne. Attività femminili in Valdinievole tra Ottocento e Novecento, a cura della sezione Storia e Storie al Femminile dell’Istituto Storico Lucchese, Buggiano, Vannini, 2004
Laura Candiani, La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne, Roma, Eus edizioni, 2019
In copertina: Cartiera Le Carte, Sala delle pile, Donna al maglio, prima metà sec. XX, archivio storico Magnani, Museo della Carta.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
Grazie, un articolo bellissimo e interessante, anzi affascinante pensando alla carta come lavoro e ai tanti usi e costumi.
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