Lettera aperta

Ricorderete la lettera alle/agli studenti scritta recentemente da una dirigente scolastica a seguito di un’aggressione squadrista davanti a una scuola di Firenze.
Ella rammentava: «Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti». 

Ricorderete la reazione del ministro Valditara che giudicava “improprio” il riferimento all’antifascismo («non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo») e la sua minaccia di “misure” in caso di reiterazione: fuori la politica dalla scuola! L’intimidazione censoria da parte di un ministro non è un bel vedere mai, figuriamoci quando adombra la tesi secondo cui i funzionari pubblici, e addirittura quelli delegati all’educazione dei/delle giovani, farebbero bene a sottrarsi ai dettati costituzionali.
Mi ha confortata l’immediata, larga reazione di tante insegnanti e di tanta parte del Paese a una vicenda così surreale. A caldo scrissi su Facebook una lettera aperta, che moltissime persone hanno condiviso e che ripropongo qui per chi non frequenti abitualmente i social.

Con la presente, addi’ 24 febbraio 2023
anticipando i prevedibili delatori, frequenti quando si debbano compiacere i potenti.

Mi autodenuncio al ministro dell’istruzione in quanto docente, per aver insegnato a migliaia di studenti che l’apologia del fascismo è un crimine e che è necessario vigilare di fronte a ogni tentativo di rigurgito. Li avrei ingannati se avessi fatto anche solo lontanamente intendere che la scuola sia un luogo neutro e apatico in cui disinteressarsi di ciò che avviene nel Paese.

– Mi autodenuncio al ministro della cultura in quanto lavoratrice intellettuale, per aver citato innumerevoli volte le parole di Gramsci e poi di Liliana Segre sui tragici risultati dell’indifferenza.

– Mi autodenuncio alla ministra della famiglia in quanto madre, per aver mostrato a mia figlia che la “normalità” tra gli esseri umani non esiste e che il fondamento della famiglia è l’amore e non la tradizione. L’avrei condannata a una vita asfittica se le avessi suggerito di adeguarsi ai pregiudizi, se le avessi proposto pensieri irrigiditi in dicotomie.

– Mi autodenuncio al ministro della difesa in quanto cittadina, per aver pubblicamente sostenuto che l’Italia ripudia la guerra e che l’escalation delle armi evoca apprendisti stregoni. Per aver evitato esaltazioni belliciste anche in tempi roboanti come questi, per non aver ritenuto velleitaria la ricerca di una strada che portasse alla pace.

– Mi autodenuncio al ministro delle infrastrutture in quanto essere umano, per aver appoggiato con ogni mezzo le Ong che salvano vite in mare e per aver definito “barbari” i decreti migratori e “disumane” le politiche di respingimenti.

Resto in attesa dei conseguenti provvedimenti da parte delle autorità competenti.

In copertina: opera di Barbara Bertolin.

***

Articolo di Graziella Priulla

Graziella Priulla, già docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: “C’è differenza. Identità di genere e linguaggi”, “Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo”, “Viaggio nel paese degli stereotipi”.

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