La scrittrice Fausta Cialente era nata il 25 febbraio 1898 a Cagliari, un luogo piuttosto casuale visto che il padre Alfredo era un ufficiale dell’esercito regio spesso trasferito per motivi di servizio, quindi la famiglia visse in molte città italiane: da Roma a Firenze, da Genova a Bologna. I periodi più belli e spensierati della giovinezza di Fausta si ebbero tuttavia nella casa del nonno davanti al mare, a Trieste, di cui era originaria la madre Elsa Wieselberger, nobildonna che abbandonò la carriera di soprano per seguire il marito nei frequenti spostamenti; qui crebbe anche l’altro figlio, Renato (1897-1943), importante doppiatore e attore teatrale e cinematografico, ucciso tragicamente da un camion militare tedesco mentre usciva da teatro. La formazione della ragazza fu frammentaria e irregolare, ma letture di ogni genere accompagnarono i suoi studi: dai classici a Shakespeare, dai romanzi più moderni e sentimentali a quelli d’avventura. Quando prese il via la carriera del fratello, la famiglia si trasferì a Milano, poi a Roma, infine a Firenze, mentre il padre lasciò la vita militare per occuparsi di affari che non andarono a buon fine, per cui la madre si trovò a dare lezioni di canto per incrementare il modesto reddito. Il periodo della Grande guerra fu trascorso a Genova, dove Fausta, priva della frequenza scolastica, si impegnò nell’apprendimento della lingua inglese. Nel 1920 conobbe il futuro marito, Enrico Terni, un uomo più anziano, ma colto, benestante, appassionato di musica; nel 1921 si poterono celebrare le nozze a Fiume, città non soggetta alla legislazione italiana, visto che lui era reduce da un primo matrimonio. I due si trasferirono in Egitto fino al 1947, fra Alessandria e Il Cairo, dove la giovane sposa fu ben accolta dalla comunità italiana e cosmopolita, ma anche dalla suocera e dai figli di lui; nel 1923 nascerà l’unica figlia Lionella, detta Lili.

Appassionata di scrittura fin da ragazzina, Fausta mette a frutto le sue doti, attinge alla ricca biblioteca del marito e inizia la carriera di narratrice ispirata dalle affascinanti atmosfere africane, permeate di orientalismo. Nascono dunque il romanzo Cortile a Cleopatra (pubblicato tuttavia nel 1936) e il racconto Pamela o la bella estate. Il primo romanzo stampato è Natalia con cui vince il premio dei Dieci (1930) e che ottiene un bel successo nella traduzione francese.
Eppure ebbe vita breve perché due scene furono ritenute censurabili, per diversi motivi: una perché si accenna a un vago rapporto fra due donne, l’altra perché velatamente si fanno critiche alla disfatta di Caporetto. Vendute le prime tremila copie, l’opera ― che l’autrice non volle modificare ― non ebbe al momento ristampe. Due anni dopo con il racconto Marianna vinse il premio Galante, vera novità per l’epoca, essendo riservato alle scrittrici e relativo a tematiche legate al mondo femminile. Nel 1933, durante un soggiorno sulle Dolomiti, presso il lago di Braies, conobbe Sibilla Aleramo con cui instaurò una fruttuosa amicizia; la rilettura di Una donna fu per lei una folgorazione che la avvicinò sempre più a una scrittura distante dall’estetismo dannunziano e dall’autobiografismo tipico di certa produzione di moda nel ventennio fascista. Fu grazie all’amica che riuscì a pubblicare nel 1935 sulla rivista Occidente il racconto Pamela o la bella estate, appena prima che il periodico chiudesse insieme alla casa editrice, accusata di antifascismo. Fra 1936 e ’38 uscirono su rivista in Egitto e in Italia alcuni racconti: Interno con figure, Passeggiata con Angela, Malpasso, Ilia.

Durante la Seconda guerra mondiale Fausta segue da lontano le tragiche vicende che investono l’Europa e, lasciata la famiglia ad Alessandria, si impegna attivamente nella propaganda radiofonica antifascista con Radio Cairo; entra in contatto con persone fuggite dall’Italia e fonda e dirige lei stessa un settimanale rivolto nello specifico ai soldati italiani prigionieri: Fronte Unito (1943-45) che poi si chiamerà per poco tempo Il Mattino della Domenica. La sua casa diviene un centro di aggregazione e, da cenacolo culturale, si trasforma in vero e proprio cenacolo politico. Nel dopoguerra rientra in Italia e si dedica al giornalismo, aderendo all’Udi (Unione donne italiane) e collaborando a quotidiani e periodici di sinistra: L’Unità, Rinascita, Noi donne, Il Contemporaneo, Vie nuove.
È attiva anche nella produzione cinematografica e scrive in collaborazione con Sergio Amidei alcune sceneggiature. Dopo la separazione dal marito, vive a Roma con la madre e, alla sua morte, viaggia molto finché si trasferisce in Oriente fra Baghdad e Kuwait City con la figlia, sposata a un ex ufficiale inglese, esperto arabista, soggiornando periodicamente in Italia, nella capitale e in provincia di Varese, a Trevisago, dove fa costruire la villa Il grillo e assiste il marito fino alla fine (1960).

Nel 1953 esce finalmente una nuova edizione di Cortile a Cleopatra, con una significativa prefazione di Emilio Cecchi. Dopo una lunga pausa, torna alla letteratura con il romanzo Ballata levantina (1961), premio selezione Marzotto, arrivato secondo ex aequo al premio Strega; l’anno seguente pubblica una raccolta dal titolo complessivo Pamela o la bella estate e altri racconti, le cui storie, filtrate dalla memoria, si ambientano in vari momenti del passato. Ma è Un inverno freddissimo (1966) a conquistare critica e pubblico.
Con l’opera arriverà terza al premio Strega e dal testo sarà ricavato uno sceneggiato televisivo interpretato nel 1976 da Giulietta Masina nel ruolo della protagonista Camilla, una donna coraggiosa e altruista che nel difficile dopoguerra, a Milano, tiene insieme la sua grande famiglia.


Nel 1972 viene dato alle stampe Il vento sulla sabbia, l’ultimo romanzo ispirato alla vita in Egitto, premio Enna; è del 1976 il suo successo più grande: Le quattro ragazze Wieselberger che ottiene il premio Strega.

Qui l’azione si sposta a Trieste, a partire dal 1880, dove il nonno Gustavo Adolfo aveva fondato e dirigeva un gruppo musicale le cui esibizioni avevano luogo nella propria villa, ma talvolta anche in occasioni pubbliche. Le protagoniste sono appunto le quattro figlie di varie età, il cui percorso di vita si segue nel corso della vicenda. Alice, Alba, Adele, tutte con la stessa iniziale, da cui si discosta, chissà perché, la quarta: Elsa. Una evidente reminiscenza letteraria si affaccia: ricordate le ragazze Malfenti nel romanzo La coscienza di Zeno? Proprio il signor Ettore Schmitz partecipava talvolta ai trattenimenti musicali di casa Wieselberger e in varie occasioni ballò con la giovanissima Elsa, assai indifferente a quell’uomo né giovane né bello, ma «molto molto simpatico».
Un romanzo struggente, bellissimo, che va riletto sia per la qualità della scrittura, che non si abbandona alla facile malinconia e al sentimentalismo, sia per il quadro di un’epoca irrimediabilmente finita, in una città dalla storia tutta sua, ai confini fra Italia ed Europa. «Mi vengono le lagrime agli occhi mentre seguito a camminare verso la pagina aperta che sono questo mare e questo cielo, dietro le mie tre lontane figurine. La nebbia della sera sta lentamente avvolgendole, ma non riuscirà a nascondermele e continuiamo insieme, a distanza, sul filo dell’onda che si ritira con un fruscìo sottile».
Nello stesso anno esce anche la raccolta completa di racconti giovanili con il titolo Interno con figure, in cui sono inseriti i testi già pubblicati in Pamela. Nella prefazione Cialente scrive: «[…] non mi sento all’altezza di proporre qualcosa d’altro se non la testimonianza del mio tempo (per nostra sventura, l’ho già detto, ci è toccato un tempo velenoso e feroce) ed è un compito al quale il narratore non dovrebbe sottrarsi, ciascuno a suo modo, naturalmente. Dicono che la storia la scriviamo più noi che non gli storici, forse è vero, forse no, e la frase non vale per tutti». Di lì a poco rivede e ripubblica la sua opera prima Natalia che era stata ostacolata dalla rigida censura. Nel medesimo periodo si dedica alla traduzione dei celebri romanzi di Louisa May Alcott: Piccole donne, Piccole donne crescono, Piccoli uomini.
In seguito la scrittrice si trasferisce in Gran Bretagna, nel Berkshire, a casa della figlia, e continua le traduzioni letterarie dall’inglese. A Pangbourne, un piccolo paese sul Tamigi, muore a 96 anni, il 12 marzo 1994.

Di notevole interesse per conoscerla meglio il volume La scrittura necessaria. Il diario di guerra di Fausta Cialente, uscito nel 2021, a cura di Emmanuela Carbé, che analizza le pagine del diario conservate presso l’archivio della memoria dell’Università di Pavia. Per la sua capacità di comprendere l’animo delle donne, i loro sentimenti, le loro illusioni, ma pure di entrare con finezza nel privato oppure di tratteggiare con uguale bravura la realtà egiziana quanto quella italiana, la critica femminile si è occupata di lei in più occasioni; citiamo fra l’altro i saggi di Marianna Nepi Fausta Cialente, scrittrice europea, e Di silenzio e d’ombra. Scrittura e identità femminile nel Novecento italiano di Paola Azzolini; mentre L’esilio e l’attesa (a cura di Andrea Gialloreto) indaga sui carteggi e su testi di scrittori e scrittrici espatriate, per caso, per costrizione o per propria volontà, fra cui compare anche Cialente, coinvolti/e nelle drammatiche vicende del Novecento.
D’altra parte lei stessa aveva affermato di essere «sempre e dovunque straniera (d’italiano credo di avere soltanto la lingua nella quale mi esprimo, e anche questa per “puro caso”)» (dalla prefazione a Interno con figure, 1975). Sull’esperienza appassionante di Radio Cairo è incentrato il bel volume omonimo di Maria Serena Palieri da cui emergono la rievocazione di un’epoca complicata e il ritratto sincero della donna indipendente e inquieta che ne è protagonista: pagine in cui la passione civile si alterna a un’ironia pungente. Fausta fa mille cose: scrive, coordina e conduce una trasmissione quotidiana su Radio Cairo, produce materiale per i volantini della Raf, per contrastare le false notizie diffuse dall’Asse; dirige un giornale, come si è già detto; vive pure una tormentata relazione con un ufficiale britannico ed è inviata in missione in Palestina. Fra dubbi e difficoltà, la scrittrice impara a muoversi fra le diverse anime della «Resistenza lontana» e a opporsi tenacemente ai tentativi di censura: gli ostacoli ― afferma ― «svegliarono una persona che non avrei mai supposto di poter essere con tutta la malizia, l’arroganza, la capacità d’intrigo e di aggressione che richiedevano la quotidiana difesa dell’indipendenza e dell’efficienza del nostro lavoro».
In copertina: Fausta Cialente.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.