Riflessioni sul docufilm LFG (Let’s Fucking Go!)

La parità di genere nello sport è una questione molto importante e attuale; tuttavia, risulta ancora più impellente la necessità di abbattere le disuguaglianze soprattutto nell’ambito del professionismo. Ci sono infatti ancora parecchie barriere e discriminazioni che le donne incontrano nell’accesso allo sport quando arrivano ad alti livelli. Ad esempio, le atlete ricevono spesso meno supporto finanziario, meno opportunità di sponsorizzazione, meno pubblicità e meno copertura mediatica rispetto ai loro colleghi maschi, nonostante pratichino esattamente la stessa disciplina sportiva. Inoltre, ci sono differenze significative nei premi e nei salari tra le componenti femminili e maschili, nonostante le donne si allenino per lo stesso numero di ore e abbiano ottenuto risultati altrettanto importanti e significativi degli uomini, talvolta anche superiori.

Queste disuguaglianze non solo rappresentano un’ingiustizia sociale, ma pure un ostacolo per le giovani che vogliono dedicarsi allo sport professionistico e costruire una carriera, ricevendo uno stipendio dignitoso. Ciò significa che coloro che potrebbero diventare atlete professioniste spesso non possono proseguire a causa delle difficoltà incontrate.

LFG (acronimo per Let’s Fucking Go) è un docufilm del 2021 che pone attenzione proprio su una particolare problematica dello sport femminile: la parità salariale. La pellicola segue infatti le vicende che hanno coinvolto la squadra di calcio femminile statunitense, la quale, a pochi mesi dal Mondiale 2019, intenta una vera e propria causa legale nei confronti della Federazione calcio americana per non aver ricevuto gli stessi compensi dei colleghi maschi nonostante i maggiori successi. Già nel 2016 alcune calciatrici avevano sporto denuncia alla Commissione per le pari opportunità di lavoro accusando la Federazione di pagare sistematicamente meno le giocatrici rispetto ai giocatori, in violazione del Titolo VII e della legge sulla parità retributiva.

Il documentario prende forma sulla scia di questi eventi, nello specifico nell’anno dei Mondiali del 2019. Allora, come anticipato, tutte le ventotto calciatrici della nazionale si incontrano durante una riunione segreta e decidono di far causa, collettivamente e singolarmente, alla Federazione calcistica nazionale per discriminazione salariale. Vengono così ripercorsi, attraverso interviste ad atlete di alto livello quali Megan Rapinoe, Jessica McDonald, Becky Sauerbrunn, Kelley O’Hara, Christen Press, Sam Mewis e Julie Foudy, gli eventi e le motivazioni che hanno animato questa causa legale, durata più di un anno. Si parte da alcune considerazioni importanti di McDonald, che racconta di aver dovuto svolgere altri lavori per poter riuscire contemporaneamente ad allenarsi e mantenere sé stessa e suo figlio; i fatti si susseguono ripercorrendo la folle impresa delle statunitensi verso la vittoria mondiale, risultato mai raggiunto dai colleghi maschi.

Aver alzato per la seconda edizione consecutiva la Coppa del Mondo espone le calciatrici a un improvviso successo mediatico: parlano di loro le televisioni nazionali e internazionali, i politici e le politiche, i social media. I cori «Equal Pay, Equal Pay» si sentono per tutte le strade delle più importanti città americane. Le atlete comprendono tuttavia che per loro inizia la vera sfida: si avvicinano infatti le date delle deposizioni. Il docufilm inserisce nella sua narrazione alcuni interventi degli avvocati e delle avvocate delle donne, che spiegano nel dettaglio tutti gli elementi di disparità tra calcio maschile e femminile. Colpisce in particolar modo sapere che le giocatrici non solo percepiscono, a parità di impegno, molto meno rispetto ai giocatori, che le provvigioni in caso di vittoria sono inferiori, ma anche che tutti i benefit relativi alle trasferte (trasporti e hotel) sono decisamente peggiori rispetto agli standard della squadra maschile.

Il documentario prosegue alternando racconti della vita personale delle atlete e scene di partite vinte con la narrazione della causa legale. Nonostante il notevole appoggio mediatico le trattative con la Federazione continuano a essere prive di risultati. Il presidente infatti nega il consenso alla parità salariale.

La conclusione del film è sicuramente deludente, perché termina con la sentenza del giudice che si pronuncia a sfavore delle sportive, ma è allo stesso tempo ricca di speranza per il futuro: nessuna delle ventotto giovani intende cedere e tutte vogliono continuare a lottare per i propri diritti, sportivi ed economici.

LFG è un docufilm interessante che informa e intanto mostra la forza, la perseveranza e la determinazione di queste atlete nel loro tentativo di far sentire la propria voce. Inoltre esplora il lato umano della lotta delle donne (non solo le calciatrici americane, naturalmente) per la parità salariale, mentre affrontano le critiche, il sessismo e la discriminazione sul campo e fuori di esso.

Il documentario è diretto da Andrea Nix Fine e Sean Fine, due registi che hanno creato, attraverso uno straordinario lavoro di ricerca, una significativa e realistica narrazione della condizione femminile nel calcio professionistico negli Stati Uniti; è stato presentato al Sundance Film Festival 2021 ed è stato elogiato dalla critica per la sua capacità di ispirare e motivare spettatori e spettatrici nel sostenere la lotta per la parità salariale a tutti i livelli. In definitiva, LFG è un’opera emozionante e coinvolgente che merita di essere vista da un ampio pubblico, maschile e femminile, e non solo da chi ama il calcio. È un lavoro importante, che offre numerosi spunti di riflessione.

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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!

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