Maternità surrogata tra sfruttamento e autodeterminazione

Già da come la pratica viene nominata si intuisce quanto il tema sia divisivo: gravidanza per altri o utero in affitto.
Gravidanza per altri lascia intuire l’idea di un atto volontario ed altruistico mentre utero in affitto fa pensare a una transazione commerciale. Poi c’è una terza definizione che è forse quella più neutra: maternità surrogata. Ed è la definizione che preferisco utilizzare perché mi offre una posizione non dico di neutralità, ma quanto meno di chi si pone in posizione intermedia per valutare i più diversi aspetti con una visione il meno possibile ideologica.
Praticata da diversi decenni soprattutto dalle coppie eterosessuali in cui la donna è impossibilitata a portare avanti una gravidanza, in realtà se ne è parlato di più da quando hanno cominciato a utilizzarla alcune coppie omosessuali per avere un figlio con lo sperma di uno dei due aspiranti papà e l’ovulo di una donatrice. Al momento comunque pare che nove coppie su dieci che ricorrono a questa modalità siano coppie eterosessuali, sicché sarebbe meglio chiamarla gravidanza per altrE! In Italia la maternità surrogata è stata vietata con la legge 40 del 2004 anche se il divieto viene superato recandosi a praticarla all’estero. 

È una pratica di nicchia che però è diventata di grande attualità in queste settimane dopo che è sopraggiunta da una parte la circolare ministeriale sul divieto di registrazione dei figli e delle figlie delle famiglie arcobaleno, e dall’altra lo stop in Senato del certificato europeo di filiazione. Però prima di addentrarci nelle problematiche relative alla maternità surrogata ritengo necessario specificare un paio di cose. Solo una parte molto ristretta delle famiglie arcobaleno ha praticato la maternità surrogata, cioè le coppie omogenitoriali maschili, insomma le famiglie con due papà. Non certamente le famiglie con due mamme che, per diventare madri, hanno bisogno solo di una donazione di sperma. E non l’hanno praticata ovviamente tutte le famiglie arcobaleno in cui uno o entrambi i genitori avevano avuto figli e figlie nell’ambito di coppie eterosessuali e all’interno delle quali era poi avvenuta una separazione. Famiglie allargate, famiglie ricomposte, genitori single, genitori adottivi dopo la morte di un genitore biologico… i casi possono essere diversissimi. Sicuramente però la maggior parte delle famiglie arcobaleno nasce intorno a due mamme. E viene da chiedersi come mai, se due donne non hanno bisogno di maternità surrogata per diventare madri, sia tale il pregiudizio anche nei loro confronti. È una domanda importante perché ci porta al cuore del problema: quanto l’attuale dibattito sia alimentato dallo stigma verso la maternità surrogata e quanto invece dalla posizione ideologica verso l’omogenitorialità.

Riflettere sulla maternità surrogata sicuramente implica una serie di considerazioni importanti: non si può non riconoscere che quasi sempre sia una forma di sfruttamento praticata da coppie benestanti verso donne in stato di bisogno, in genere appartenenti a Paesi poveri e in alcuni casi imposta alle donne da mariti o sfruttatori in modo non molto diverso dalla prostituzione. Questo è il motivo per cui la maternità surrogata è considerata un’atrocità da una parte del pensiero progressista che non accetta neanche il confronto e che per motivi diversi si trova d’accordo su questo tema con i conservatori, sebbene per questi non sia tanto importante la tutela del corpo delle donne quanto il pregiudizio verso le persone omosessuali, altrimenti non si spiegherebbe il non accettare neanche le famiglie con due mamme e considerare addirittura l’omogenitorialità alla stregua della “pedofilia(deputato Mollicone) e le famiglie eterosessuali “come un modello” (definizione della ministra Roccella), una sorta di famiglia di Stato!
Esistono poi i casi di maternità surrogata in cui non vi è compravendita ma un vero e proprio dono, cioè quando si sceglie di portare avanti una gravidanza per una sorella, una figlia, una persona di famiglia o con cui si ha un rapporto speciale. Sicuramente sono casi più di nicchia ma vanno considerati perché comunque ci portano al tema dell’autodeterminazione a fronte di un divieto universale. Quanto c’è di sfruttamento e quanto di autodeterminazione nella maternità surrogata? Quanto c’è di tutela del corpo delle donne e quanto di controllo in chi vi si oppone?

Il tema del rischio del controllo delle donne e quindi del togliere loro autodeterminazione è importante. Togliere autodeterminazione alle donne si ripercuoterebbe ad esempio sulla libertà di praticare l’interruzione di gravidanza, e togliere autodeterminazione a tutte le persone si ripercuoterebbe sulle scelte di fine vita. E sulla pratica della prostituzione. Attenzione, io non considero la prostituzione “un lavoro come un altro”, ma una grande atrocità che le donne subiscono e di cui gli uomini godono senza ricevere neanche particolare stigma (nel linguaggio comune gli uomini sono clienti!) ma credo che togliere alle donne autodeterminazione voglia dire ingabbiarle. Se il corpo delle donne diventasse di tutela statale quali sarebbero gli eccessi che verrebbero agiti nell’ambito della prostituzione? Al momento non esiste un reato di prostituzione ma di sfruttamento della prostituzione e le conseguenze potrebbero essere il nascere di questo reato. Chi stabilirebbe cosa è prostituzione? Si aprirebbero scenari inquietanti. Paradossale poi che gli stessi che ora si ergono a paladini della tutela del corpo delle donne sono quelli che vorrebbero rivedere la legge Merlin!

Un altro paradosso è quello della possibilità esistente di dare in adozione in alternativa all’aborto, come vorrebbero che si facesse tante persone che sostengono le campagne contro l’Ivg. E cosa è alla fine chiedere a una donna di non abortire ma portare avanti una gravidanza per dare poi il figlio o la figlia in adozione, se non chiedere di praticare una maternità surrogata per una coppia sterile? Il modello di famiglia auspicato dalla ministra Roccella e altre/i prevede che la gestazione per altri sia auspicabile se si tratta di evitare una Ivg?
E comunque, a proposito di adozione, desidero ricordare che non è affatto facile adottare, né sotto il profilo economico né sotto quello della valutazione degli enti preposti a certificare l’idoneità dei genitori; inoltre le bambine e i bambini adottabili sono pochissimi rispetto agli aspiranti genitori, anche perché molti Paesi in cui si praticava l’adozione internazionale tendono sempre più, e giustamente, a restringere le possibilità.

Comunque sia, i pareri contraddittori sulla maternità surrogata non devono bloccare il diritto di figlie e figli di essere riconosciuti. Non si tratta solo di garantire un riconoscimento istituzionale, ma anche e soprattutto tutela. Pensiamo al caso più tragico della morte del padre o della madre biologica, ma anche a casi più frequenti e meno tristi come la possibilità per il genitore non biologico di portare il figlio o la figlia all’estero, o prendere decisioni ed essere presente come tutore giuridico o tutrice giuridica, in ospedale come a scuola… o semplicemente di avere dei documenti che in qualsiasi occasione dimostrino la paternità o maternità. E questa tutela non può essere lasciata alla discrezionalità del giudice del tribunale minorile di decidere per un’adozione ma deve essere un diritto di bambine e bambini!

Lo sfruttamento va combattuto, ma con leggi eque e non con divieti assoluti: il proibizionismo non funziona in nessun ambito. Funziona invece garantire diritti per non alimentare lo sfruttamento. Anche perché se un uomo si presenta al rientro in Italia con un bambino o una bambina con il suo corredo genetico nessun tribunale potrà impedire il suo riconoscimento del bambino o della bambina. E dire che una donna non può decidere del proprio corpo vuol dire trattarla come incapace, ovvero secondo una logica patriarcale. E comunque le cose succedono, perché possono succedere. Nei decenni scorsi era pratica comune che nelle famiglie numerose alcune bambine e bambini venissero affidati a parenti senza figli e da loro cresciute/i come fossero i genitori. Succedeva perché poteva succedere (e conosco personalmente dei casi) così come è successo nella più nota famiglia che si conosca, formatasi 2023 anni fa. E conosco molti coetanei cresciuti in famiglie in cui vivevano a stretto contatto con sorelle nubili dei genitori, che erano per loro più madri delle madri.

Dunque discutiamo sui rischi dello sfruttamento e di un mercato di bambini/e ma cerchiamo di non creare contrapposizioni perché il tema è estremamente delicato. Divisivo anche, ma alimentare queste divisioni e non accettare neanche un dibattito sul tema, vuol dire accettare l’idea che possa esistere una famiglia di Stato alla quale sia necessario conformarsi, pena l’illegalità.
In un articolo di poche settimane fa parlavo di femminismo e femminismi proprio per ribadire che è impossibile essere d’accordo su tutto e che il bello del movimento femminista è sempre stato la ricchezza delle differenze. Differenze ma non contrapposizioni perché queste ultime ci consegnano direttamente nelle mani di chi ha una visione più che mai bigotta, patriarcale, omofobica, discriminante. Ripeto, facciamo attenzione a non prestare il fianco a una visione ultra tradizionalista che usa la maternità surrogata per compiere un attacco ai diritti delle donne sul loro corpo. Essere dalla parte delle donne sfruttate è una cosa giustissima, permettere che si pongano veti su come decidiamo di utilizzare il nostro corpo no.
Ascoltiamoci, senza arroccarci in divisioni. Non facciamoci usare da chi si fa scudo di bambini e bambine per nascondere idee omofobiche ma non si fa scrupolo nell’usarli per fare propaganda.

Due conclusioni: la maternità surrogata o gpa o utero in affitto è molto frequentemente una forma di sfruttamento ma discuterne come se riguardasse solo le coppie di due uomini è fuorviante, sia perché è praticata al 90% da coppie eterosessuali, sia perché le coppie omogenitoriali sono al 90% costituite da donne, dunque per discuterne in modo equilibrato dovremmo innanzitutto separare i temi: il tema della maternità surrogata riguarda soprattutto le famiglie eterosessuali, il tema delle famiglie arcobaleno riguarda pochissimo la maternità surrogata. E finché non metteremo in chiaro questo non potremo affrontare un dibattito sereno. E magari chiediamoci anche perché, all’interno delle famiglie arcobaleno, il giusto diritto delle madri viene oscurato. In quanto donne?
La seconda conclusione riguarda l’autodeterminazione delle donne che deve essere discussa in maniera separata dallo sfruttamento per non rischiare di mettere a rischio il diritto delle donne di decidere del proprio corpo in ogni occasione. Chi nega in toto l’autodeterminazione delle donne su questo tema rischia di fare il gioco di chi vuole controllare il corpo delle donne. Ci sono poi diritti inascoltati di bambine e bambini, che sono moltissimi in tutto il mondo e che non possono essere tirati fuori strumentalmente, solo quando si tratta di difendere idee omofobiche.

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Articolo di Donatella Caione 

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Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.

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