Bayonetta: andare oltre gli stereotipi

Quando nel 2009 uscì il primo capitolo della saga di Bayonetta il mondo videoludico rimase alquanto perplesso: il trailer mostrava una giovane ragazza, vestita con una tuta nera aderente come una seconda pelle, che, armata di pistola e potenti incantesimi, sterminava orde di mostri a passo di danza, assumendo pose estremamente sensuali. All’epoca l’ondata di Gamergate (una serie di scandali che rivelò casi di abusi sessuali nelle più importanti compagnie) non c’era ancora stata, ma le discussioni su come i personaggi femminili nei videogiochi fossero eccessivamente sessualizzati e vittime costanti di topoi e stereotipi dannosi erano vecchie quasi quanto il media. Sicuramente anche chi non è avvezzo a questo mondo saprà di alcuni casi famosi, come la principessa Peach della saga di Super Mario che viene rapita in continuazione dal cattivo Bowser, un destino molto simile a quello di tante donne videoludiche, o di come spesso esse siano vestite con abiti estremamente provocanti e assai poco pratici visto il contesto del gioco (come armature che mettono in mostra la pancia e il seno in una ambientazione medievale), presenti soltanto per soddisfare le fantasie di chi gioca e per questo prive di qualunque reale sviluppo o arco narrativo importante. Non che fino a quel momento non ci fossero state protagoniste di videogiochi: Samus di Metroid e Lara Croft di Tomb Rider sono due dei nomi più famosi, ma neanche loro sembravano essere in grado di sfuggire alla costante sessualizzazione, fatta di un doppiaggio equivoco, telecamere che puntavano direttamente sulle loro forme e abiti succinti.

Pertanto, quando uscì il gioco la maggior parte del pubblico era convinta di trovarsi davanti niente più che l’ennesimo personaggio femminile sessualizzato creato per soddisfare le fantasie maschili mischiandole alla possibilità di sterminare numerosi nemici, una formula del resto già ampiamente collaudata. Quello che accadde fu invece sorprendente: Bayonetta, la protagonista, era sì estremamente sessualizzata ma si poneva in maniera tale da essere lei in controllo della propria immagine invece di essere una figura femminile passiva davanti a una telecamera invadente; era sì in grado di abbattere decine di mostri, ma il modo con cui lo faceva era colorato e divertente; la sua gestualità e il portamento mostravano sicurezza di sé senza farla risultare narcisista; e il fandom che si formò attorno al personaggio, invece di giovani ragazzi, era formato in maggioranza da donne, una demografica storicamente poco presa in considerazione nonostante già all’epoca risultasse essere la metà del totale di chi utilizza i videogiochi.

Molte delle pose di Bayonetta sono ispirate al vouging

Bayonetta fu un successo di critica e pubblico, considerato uno dei migliori giochi di Playstation 3 – e, per alcuni, di tutti i tempi; i capitoli successivi godettero dello stesso amore da parte di un pubblico in larga parte femminile, che lodava la sua beniamina attraverso cosplay e pubblici elogi. Sembrava un gioco destinato a rimanere niente più che materiale per le fantasie maschili e presto relegato nel dimenticatoio, come accadde a molti suoi predecessori che incorporavano gli stessi elementi di sessualizzazione; è diventato invece una saga di successo e la protagonista è celebrata come esempio di female empowerment e modello da imitare per chiunque voglia creare un personaggio femminile videoludico forte, senza per questo rinunciare a una estetica sensuale. Che cosa hanno fatto di diverso gli sviluppatori di PlatinumGames rispetto alla concorrenza? Perché l’avvenenza e la sensualità di Bayonetta sono così celebrate dalle giocatrici mentre lo stesso non è accaduto per altri personaggi?

Innanzitutto, nonostante il team che si è occupato dello sviluppo del gioco sia composto in maggioranza da uomini, Bayonetta nasce da una donna.

Una delle bozze di Bayonetta di Shimazaki

La character designer Mari Shimazaki era stata incaricata di creare la protagonista di un videogioco che sarebbe stata una strega e che avrebbe combattuto usando delle pistole. Shimazaki lavorò più di un anno, aggiustando e cambiando vari elementi secondo la sua visione e quella del direttore di PlatinumGames Hideki Kamiya per farla risaltare rispetto alle altre protagoniste videoludiche del tempo: invece che darle un corpo minuto e sproporzionato per evidenziare le forme del seno e dei fianchi, Bayonetta venne disegnata alta e formosa; le vennero dati un paio di occhiali – per garantirle un’aria di mistero, secondo Kamiya – e quattro pistole, due in mano e due attaccate alle caviglie, che controlla grazie alla magia; il suo abito nero è in realtà formato dai suoi capelli e, invece di rovinarsi “strategicamente” quando viene ferita durante la battaglia, è Bayonetta stessa che ne richiama una parte per poter evocare potenti mostri che combattono per lei: più si mette a nudo più il mostro che evoca è potente, un ribaltamento della passività di personaggi femminili con la stessa meccanica di denudamento – l’idea è stata di Shimazaki, che ha affermato essere uno degli aspetti che più le piacciono della sua creazione.

Un buon charachter design sarebbe niente senza una buona storia a supporto che ne spieghi le dinamiche. La trama del primo capitolo è semplice anche se non per questo risulta banale: Bayonetta è il frutto di un amore proibito fra Rosa e Balder, appartenenti rispettivamente al clan delle Umbra Witch e dei Lumen Sage, due gruppi che aiutano a mantenere l’equilibrio tra luce e oscurità nel mondo. A seguito della storia d’amore fra Rosa e Balder tra i due clan scoppia una guerra che dà alle Umbra Witch una pirrica vittoria: gli angeli, servi della luce, hanno approfittato del conflitto per convincere gli umani a servirli e che la magia nera delle Umbra Witch fosse pericolosa, perché risultato di patti fatti con demoni; gli esseri umani sterminarono le ultime Umbra Witch e Bayonetta fu l’unica sopravvissuta in quanto venne sigillata dentro un sarcofago successivamente gettato in un lago, forzata in letargo per centinaia di anni finché, nei tempi moderni, non viene liberata. Nella primissima scena del gioco nonché una delle più famose, Bayonetta è vestita da suora per attirare degli angeli in un cimitero; quando questi cercano di attaccarla, sgualcendole il vestito e lasciandola nuda finché i capelli non la ricoprono, Bayonetta li fa fuori senza alcuna difficoltà alternando al combattimento corpo a corpo l’uso delle sue quattro pistole, completamente da sola.

Madama Butterfly

E sempre da sola continuerà la sua avventura, occasionalmente aiutata da alcuni personaggi secondari: i suoi veri alleati sono i demoni con cui ha firmato dei contratti, fra cui la più potente è Madama Butterfly, una donna gigantesca che la assiste facendo apparire i suoi arti nell’aria che poi la strega userà per colpire i propri nemici. I movimenti di Bayonetta sono sensuali ma non per questo risultano stucchevoli mentre si gioca perché è evidente che lei si stia divertendo, che è lei che vuole mostrarsi sensuale sia per mettere a disagio i nemici sia perché, semplicemente, le piace presentarsi così. L’atmosfera leggera del gioco impedisce a questi elementi di risultare ridicoli e anzi fanno emergere la sensualità della protagonista, sottolineando come essa tenga continuamente sotto controllo la propria immagine.

A completare il personaggio è la sua caratterizzazione con il conseguente arco narrativo: nel primo capitolo Bayonetta non ha ricordi del suo passato ed è alla ricerca di un modo per recuperarli; nonostante si mostri sempre sicura di sé e maliziosa, non mancano momenti in cui il mistero attorno alla sua vita precedente la getta nello sconforto, una vulnerabilità che permette al/alla giocatore/giocatrice di empatizzare con lei e di volerla aiutare a scoprire la verità. Questi momenti di tristezza, tuttavia, non fanno del suo atteggiamento una maschera dietro cui nascondersi: nonostante i dubbi e le paure Bayonetta sa di cosa è capace, sa di essere potente e che può diventarlo ancora di più, e che nulla può fermarla nel raggiungere i suoi obiettivi quando vuole.

Il cast di personaggi che circonda Bayonetta è anch’esso interessante e contrario a molte delle aspettative tipiche di questo genere di giochi: Rodhan, fabbro degli inferi che fornisce le pistole a Bayonetta e i consecutivi miglioramenti, non la aiuta mai nel campo di battaglia perché sa di cosa la strega è capace e non c’è motivo per lui di intervenire, il loro rapporto è basato sul rispetto reciproco. Luka, un giornalista ossessionato dalla storia delle Umbra Witch, è prima nemico e poi spasimante di Bayonetta, ma il suo atteggiamento invasivo non viene mai premiato nel gioco. Nel secondo capitolo viene introdotto il personaggio di Loki e fra i due si instaura un legame simile a quello tra sorella maggiore e fratello minore: Loki è inizialmente aggressivo nei confronti di Bayonetta e la sminuisce in continuazione; Bayonetta non solo gli mostra di sapere il fatto suo ma lo educa anche a rivolgersi in maniera più consona a una signora e a non fare tutto da solo, sinceramente desiderosa di vederlo migliorare – e a tal proposito è emblematica la scena in cui Loki rimprovera Luka per il suo atteggiamento pervertito verso Bayonetta. La relazione più interessante, tuttavia, è sicuramente quella tra quest’ultima e la sua amica-rivale Jean: anch’essa una Umbra Witch, considerata la più forte della sua generazione, fu lei a sigillare Bayonetta nel sarcofago per salvarla dalla strage ed è lei che poi la aiuta a recuperare i ricordi. Legate da una amicizia sincera che ha attraversato lo scorrere dei secoli, Bayonetta e Jean sono complementari e combattono assieme senza alcun desiderio di sovrastare l’altra. Ed è certo triste ma non sorprendente vedere come all’epoca questo genere di relazioni tra donne fosse raro nel mondo videoludico e ancora oggi genera spesso polemiche vedere legami femminili che non sono in qualche modo influenzati da una presenza maschile.

Bayonetta e Jean nelle scene iniziali del secondo capitolo

Certo le proteste non sono mancate: per molti e molte la sensualità di Bayonetta è un problema a prescindere che lei ne abbia il controllo o che evidenzi un arco narrativo decente – considerabile il minimo sindacale, che tuttavia spesso neanche viene rispettato. Si sostiene, all’epoca quando uscì il gioco come oggi, che è ora di smetterla di creare personaggi femminili così avvenenti soltanto per stuzzicare il giocatore maschile e di pensare di più alle giocatrici, che si vedono costantemente rappresentate solo come un oggetto sessuale. Per quanto nulla sia esente da critiche e pur vedendo le argomentazioni della controparte, Bayonetta non è niente di tutto questo e a dimostrarlo sono proprio le giocatrici, che costituiscono la maggioranza dell’utenza e che sono state in prima linea nella promozione del terzo capitolo, uscito di recente, e nella sua difesa dalle accuse di eccessiva sessualizzazione. Per loro Bayonetta rappresenta un ideale di come vorrebbero essere: nessuna paura di mostrarsi e anzi trarre sicurezza dal proprio corpo, così forte da poter sterminare orde di nemici e tenere a bada uomini invadenti senza per questo sacrificare la propria femminilità.

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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