Le Fuggitive. Riflessioni sul romanzo Ragazze per bene

Come faccio a riconoscere un fiore vero in mezzo a una marea di fiori di plastica? Alla vista sembrano tutti uguali. Forse ha dei colori sgargianti? Ma no, quello è solo il riverbero del sole. Se mi avvicino, forse… Anche il tatto può ingannarmi. Sembra così soffice, eppure… Ma l’odore. È vita. Lo riconosco, anche se è solo un bocciolo.

Foto di Olga Campofreda

Olga Campofreda si riconosce così tra tanti fiori di plastica, l’inconfondibile odore di vita, di qualcosa di vero, un po’ acre un po’ dolce.
E Ragazze perbene è il suo germoglio.
Negli ultimi anni si è assistito a una ulteriore ondata di femminismo che ha visto scendere in piazza le nuove generazioni (e non solo) per rivendicare i propri diritti in quanto donne e cittadine. E quale momento migliore per raccontare storie di donne comuni ma taciute finora? Non è un caso, a nostro parere, che la casa editrice indipendente NNE abbia deciso di pubblicare queste storie negli ultimi due anni e lo ha fatto con una serie di libri, una “Stagione”, col nome Le Fuggitive.
Le Fuggitive non sono una collana, sono piuttosto “la Stagione”: una rivisitazione dell’idea di collana che non è soltanto un progetto editoriale, ma una vera e propria ideologia che rivela la voglia di riscatto, la volontà di lottare per i propri spazi e che dia il via a una nuova primavera di diritti. Per le donne e non solo.

Anche il progetto grafico utilizzato indica il desiderio di rivendicazione di ciò che è ritenuto femmineo e in quanto tale viene denigrato: la copertina è rosa. Ma una tonalità di rosa intensa, come a far trasparire anche in quelle gocce di colore la forza delle proprie idee. Ed è possibile soprattutto attraverso l’uso di un’immagine, posta su ogni copertina, di una parte del corpo di una donna.
Il progetto, partito nel 2021, conta finora quattro romanzi: Atti di sottomissione di Megan Nolan, Il corpo ricorda di Lacy M. Johnson, Strega (candidato al Premio Strega internazionale 2023) di Johanne Lykke Holm e Ragazze perbene, che è il terzo volume, ma è il primo da cui sono voluta partire nella lettura e i motivi sono semplici: è la prima autrice italiana della Stagione e, soprattutto, la vicenda narrata affonda le radici in una terra e in una società da cui il mio stesso passato trae nutrimento.

Clara vive a Londra da anni, ma il matrimonio della cugina Rossella la obbliga a tornare nel luogo da cui è fuggita, Caserta. Lontana da quel mondo che la vuole sposata, dall’ideale di ragazza perbene obbediente alle convenzioni sociali proprio come Rossella, la protagonista deve fare i conti con il passato che l’ha fatta allontanare e con il presente che la tiene ancora a distanza, per scoprire il segreto che la cugina, sotto tanti strati di sorrisi forzati, nasconde da anni. E nascondere il proprio vero io, fingere di stare bene in un luogo e in mezzo a persone soffocanti è quello che viene insegnato alle “ragazze perbene” da generazioni. Sono le madri, le zie, le nonne che spianano la strada alle ragazze delle nuove generazioni, le indirizzano verso percorsi già segnati: «Ciascuna delle nostre madri insieme alle sorelle ci aveva messo qualcosa nella culla, un dono che era una virtù da cui saremmo state guidate lungo il percorso […] Col solo essere sé stesse le donne della nostra famiglia ci avevano regalato delle strade percorribili». L’insidia di quelle strade però a Clara è ben visibile: rinunciare alla felicità autentica, a occupare uno spazio senza sentirsi impostora, a vivere l’amore secondo la propria sensibilità. Tutto ciò che svia dai percorsi già segnati è un’“infrazione”.

Rossella lo sa bene, nel suo mondo apparentemente perfetto, ma è bastato un singolo momento per capire la farsa in cui vive. Lei, però, ha accettato di interpretare il proprio ruolo e, solo quando accenna a voler parlare con Clara, manifesta il suo malessere per questa vita che prima le è stata imposta e poi ha finito per accettare. Ma è un confronto che fa male, significa riconoscere la propria natura e affidarla a qualcun altro, nella speranza che venga capita e custodita come un tesoro prezioso; ed è un rischio che Rossella non è ancora in grado di correre, quindi fugge dal dialogo con la cugina.
A suo tempo, già Clara aveva capito che l’unico modo per ambire a qualcosa di migliore, l’unica salvezza sembrava essere quella di scappare, di andare via e lasciarsi alle spalle quella distesa di fiori di plastica che raccolgono solo polvere e non vengono mai toccati dal respiro salvifico del vento primaverile, né dal tocco amorevole e vivificante delle api. Non è facile, però, guarire dal passato, neanche scappando lontano. E la protagonista, come pure l’autrice, lo sa: «Allontanarsi non è mai stata la soluzione. Lo sarebbe tuttavia tornare più spesso, mettere su una musica scema, ballare con mia madre nel salotto e […] domandarle come stai mamma […] ti voglio bene».

Certe volte bisogna combattere. Non c’è altra soluzione. Combattere per i propri ideali, per il diritto a vivere la vita che si vuole. E per farlo bisogna partire proprio dalle persone che ci hanno imposto la loro visione di vita pensandola come unica e intoccabile. Bisogna ripartire dai legami famigliari, dalla madre, dalla zia, dalla nonna che non ci hanno mai capite e che noi non abbiamo mai capito. Bisogna incominciare a parlarsi davvero, a stabilire un legame non più fatto di carne e sangue, bensì di parole e intenti. Bisogna saper ascoltare chi abbiamo davanti, ma soprattutto il nostro cuore.

Olga Campofreda ha restituito l’immagine di un ideale di ragazza perbene che è rimasto immutato negli ultimi decenni e che soltanto di recente ha preso a cambiare forma grazie a tutte le donne che hanno cominciato a dire di no: no a quelle regole assurde che le volevano sempre composte, accondiscendenti e mai fuori luogo. Il binomio del titolo è qualcosa che attinge al passato della storia femminile, con appendici che arrivano fino a molti secoli indietro nel tempo. Hanno un suono già noto alle orecchie di tutte quelle donne che in questo ruolo non ci si sono mai riviste, un titolo che ricorda le memorie di una filosofa del secolo scorso e che ha gettato le basi del femminismo del Novecento. Per quanto questo romanzo non possa essere considerato un memoir vero e proprio, rimane comunque una sorta di biografia di tutte le donne che, come la protagonista, hanno cercato la propria salvezza fuori dai canoni. Nessuno può indicarci la via giusta da percorrere, ma sicuramente il nostro profondo sentire può essere una bussola per la nostra personale felicità.

Olga Campofreda
Ragazze perbene
NN Editore, Milano, 2023
pp. 224.

***

Articolo di Erika Mancusi

Nata a Potenza nel 1998, ho conseguito la laurea in Architettura a Milano. Dal 2021 ho iniziato a dedicarmi completamente al mio vero interesse: leggere e scrivere di libri.

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