A partire dai primi anni del XIX secolo diventa ricorrente il termine e il motivo letterario della flânerie o meglio del flâneur, definito come «il cittadino che ama gironzolare da una parte all’altra senza un obiettivo preciso, perdendo tempo, girovagando in città».
Il fatto che la definizione comprenda solamente il cittadino, il passante di genere maschile, non è casuale e non è dovuta solo al maschile sovraesteso della lingua italiana, ma proprio allo stereotipo secondo il quale l’ozio è concesso solo all’uomo. È sulla necessità di confutare questa visione che Valentina Borla ha fondato la sua ricerca. Ispirato a Virginia Stephen Woolf, una delle più gradi flâneuse di tutti i tempi e condotto presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino, il suo lavoro è andato ben oltre una tesi di laurea. È diventato infatti un progetto ampio, generatore di occasioni concrete di sensibilizzazione della cittadinanza e messa in rete delle realtà territoriali che si occupano di donne e città, nel senso più allargato del termine.

Toponomastica femminile segue il progetto di Valentina fin dall’inizio. L’associazione infatti, in occasione della VIII edizione del concorso nazionale Sulle vie della parità del 2020/2021, ha attribuito alla sua tesi di Laurea magistrale in Culture moderne comparate dal titolo A Street of One’s Own: lo spazio della flâneuse in Virginia Woolf, il primo premio Università per la sezione C3 del Concorso con la seguente motivazione:
«La dott.a Borla analizza la figura della flânerie woolfiana in cui la passeggiata di una donna sola per Londra diventa un momento simbolico, una presa di coscienza verso l’emancipazione femminile: la passante di Woolf cancella l’ambiguità che si cela nell’immagine della “passeggiatrice” (luogo comune a indicare donne non “per bene”). Ma la passeggiata in Virginia Woolf è anche sinonimo di un atto creativo che scardina i canoni della letteratura. Camminare amplifica l’immaginazione dell’autrice che raggiunge così l’apice dell’ispirazione, come la scrittrice inglese racconta nei suoi diari. Ma i personaggi in movimento (a partire da Mrs Dalloway — La signora Dalloway) seguono inoltre quel “flusso di coscienza”, rispetto alle trame classiche, che renderà rivoluzionarie le opere di Woolf anche sotto il profilo letterario».
La tesi ha, fin da subito, compiuto grandi passi, perché la partecipazione al concorso Sulle vie della parità si è conclusa, come previsto dal bando, con una richiesta di intitolazione a Virginia Woolf, grazie anche al prezioso supporto dell’associazione SeNonOraQuando? di Torino, che ha firmato la richiesta. Nei giardini di via Bortolotti, nel centro di Torino, uno spazio verde, già vocato, informalmente, a passeggiate e momenti ricreativi, comparirà la targa “Passeggiata Virginia Woolf” per la posa della quale è previsto un evento pubblico con il Comune di Torino e le associazioni Se non ora quando?, Virginia Woolf Project e Toponomastica femminile.
In attesa che questo momento diventi realtà il progetto è evoluto nel portale flaneuse.unito destinato a raccogliere idee, ricerche, considerazioni e a costruire opportunità per mettere le mani in pasta, in questo caso “mettere i piedi in città” e creare occasioni di incontro, di discussione e di riflessione, per educare le e i cittadini di oggi e di domani a superare gli stereotipi di genere e a collaborare attivamente in modo da rendere l’ambiente urbano inclusivo, sicuro e a misura, anche, di donna.
Un’attività che ha preso il via questa primavera a Torino e che è già approdata anche fuori regione, a Cagliari, è il percorso didattico per le alunne e gli alunni delle scuole di secondo grado, durante il quale Valentina Borla, insieme a docenti dell’Università di Torino, Teresa Prudente e Federico Sabatini, alternando momenti ex catedra ad approfondimenti e ricerche laboratoriali, affrontano temi cruciali della contemporaneità: gli stereotipi nella comunicazione di massa e nelle dinamiche sociali e familiari, il linguaggio di genere, la disparità persistente tra uomo e donna nel mondo del lavoro e dell’istruzione, l’avanzamento o meno delle politiche nazionali a favore del supporto, della valorizzazione e della libertà della figura femminile, la violenza di genere.

Lo scorso 2 maggio abbiamo partecipato a uno di questi momenti con le e gli studenti delle classi quinte dell’Istituto superiore Santorre di Santa Rosa di Torino. Al nostro fianco anche le amiche e le colleghe di altre importanti realtà territoriali: Telefono Rosa, SeNonOraQuando?, Zonta Club e il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Torino con cui Toponomastica femminile ha realizzato la versione personalizzata del social network civico FirstLife dedicato all’urbanistica di genere per una mappatura partecipata, aperta a tutte e a tutti, capace di mettere in luce progetti, azioni, luoghi e servizi che stanno contribuendo a rendere l’ambiente urbano inclusivo.

Dalle riflessioni e discussioni con le ragazze e i ragazzi è emersa l’importanza di difendere le donne, ma anche e soprattutto di contribuire alla costruzione di un contesto sociale che ne favorisca e ne valorizzi il potenziale, facendole sentire sicure e accettate, e di educare tutte e tutti a un nuovo modo di guardare alla figura femminile, ancora troppo spesso veicolata come oggetto sessuale e come mero corpo da desiderare. Infatti dalle ricerche delle e degli studenti, a cui era stato precedentemente assegnato il compito di cercare dei materiali nel panorama linguistico odierno (pubblicità, meme, social media, ecc.) che riproducono dannosi stereotipi di genere, è emerso che sono ancora moltissimi i casi in cui il corpo femminile viene usato come oggetto e come pretesto per slogan pubblicitari a sfondo sessuale, e sono ancora tanti, troppi, i modi di dire, in famiglia e nel gruppo di amici, che mettono la donna in una posizione di inferiorità rispetto all’uomo.

La cosa che ci ha fatto molto piacere è che, davanti a queste provocazioni, non sono solo le ragazze a sentirsi indignate, ma anche i ragazzi che rivendicano a gran voce un cambio di mentalità e di atteggiamento e che si sentono anche loro vittime di uno stereotipo, quello dell’uomo che usa la donna, che è interessato solo al suo aspetto fisico e che si permette di giudicare e influenzare il suo modo di vestire, di parlare, di vivere. Per questo, anche se sappiamo bene che la strada da fare è ancora molta, siamo felici di constatare che le nuove generazioni, anche attraverso progetti come quello di Valentina Borla, stanno sviluppando una sensibilità nuova che potrà nel tempo generare un cambiamento concreto nel modo di pensare e di vivere di tutta la comunità.
Il prossimo appuntamento con il progetto flaneuse.unito è per venerdì 19 maggio quando, nell’ambito del Salone del Libro Off, al Cinema Massimo verrà proiettato il film Orlando di Sally Potter (1992), tratto dal romanzo di Virginia Woolf, preceduto da un’introduzione a cura di Teresa Prudente, Federico Sabatini e Valentina Borla.
In attesa di aggiornamenti sugli sviluppi del progetto e con la speranza che il girovagare per la città sia sempre più a misura di donna, vi auguriamo buona Flanerie!
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Articolo di Chiara Sonzogni

Architetta e giornalista pubblicista, mi occupo di Architettura e Società studiando e sperimentando metodi, processi e dispositivi che esaltano lo spazio, sia pubblico che privato, come strumento di crescita per l’individuo e la collettività. Ho maturato esperienza in processi di partecipazione collettiva e co-progettazione. Sono a mio agio nelle intersezioni tra discipline da cui attingo spunti inaspettati e soluzioni inusuali.