Due ragazzine sulla riva del Lambro, bagnate malconce e sanguinanti tra il fango e i ciottoli scivolosi del greto, tentano di nascondere il cadavere di un uomo che porta all’occhiello il distintivo del Partito fascista. L’uomo ha cercato di violentare una delle due, ma non ha potuto portare a termine lo stupro. «L’ho dovuto fare per forza» spiega l’altra. È l’inizio, potente, di un romanzo che ci racconta di un’amicizia femminile e di come nel giro di neanche un anno si giunga a un esito così drammatico.
Siamo a Monza, negli anni Trenta del secolo scorso. Francesca, dodici anni, appartiene a una famiglia “per bene” e il suo mondo è fatto di regole che non devono essere violate, di messe domenicali e di «stai composta», ma tutti i giorni dal ponte sul Lambro spia una coetanea scarmigliata che gioca nel fiume con i maschi, i piedi a mollo nell’acqua e le gambe nude piene di graffi chiazzate di fango. Il suo nome è Maddalena, ma la chiamano la Malnata e sussurrano che fa accadere le disgrazie, un potere magico cui lei stessa sembra credere. Una voglia, lucida e rossastra, sulla sua guancia sinistra segna dove è stata toccata, come dicono, dal diavolo. Maddalena insomma è considerata una piccola strega, «una di quelle che ti appiccicano addosso il respiro della morte», segnata a dito ed evitata dalla gente perché ha «il demonio dentro» e Francesca non ci deve parlare. Francesca invece ne è affascinata e stringe con lei un’amicizia che le schiuderà un mondo.
Molto curata l’ambientazione della storia, con la crisi mondiale partita dall’America, la guerra d’Abissinia, le sanzioni, l’Oro alla Patria, ma anche Tazio Nuvolari che corre al Gran Premio di Monza e tutta una serie di oggetti che danno il senso della cultura materiale dell’epoca: la Balilla, le tabacchiere d’argento, i ritratti di Rosa Maltoni nelle scuole, insieme a quelli del re, della regina e di Mussolini; e poi Faccetta Nera, Parlami d’amore Mariù, le coccarde tricolori, l’Ischirogeno e, al posto del tè, il karkadè… La collocazione geografica è affidata ad alcune sapide battute e alle citazioni nel dialetto locale, attentamente dosate. Una scrittura fresca ma sapiente, sorvegliata senza apparire artificiosa, uno stile già molto maturo in un’autrice che non ha ancora trent’anni.
Beatrice Salvioni, infatti, è nata a Monza nel 1995, si è laureata in filologia moderna alla Cattolica di Milano e diplomata alla Scuola Holden di Torino, e il suo primo romanzo, uscito poco più di un mese fa, si accinge a diventare un best seller internazionale, un caso d’eccezione per un’esordiente italiana. Se lo sono conteso ben nove Case editrici e alla fine l’ha spuntata Einaudi, per la collana Stile Libero, e si è fatto in modo che contemporaneamente all’edizione italiana il libro uscisse in Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia e Bulgaria. Tra pochi mesi vedrà la luce anche in Germania e negli Stati Uniti. In corso di traduzione in ben trentadue lingue, ne sarà tratta una serie Tv. Un esordio col botto, insomma, attesissimo e preparato dall’Editore in grande stile, come non succedeva da noi da parecchi anni.
Ho conosciuto Beatrice Salvioni quando è stato premiato il suo racconto Il volo notturno delle lingue mozzate, vincitore nel 2021 della Terza edizione del Concorso per autori esordienti di narrativa breve a cura del Premio Calvino in collaborazione con L’Indice dei Libri del Mese e il Mufant (Museo del fantastico e della fantascienza di Torino). Anzi, prima di lei ho conosciuto e apprezzato il suo bellissimo racconto, in cui esistevano già in nuce i temi poi sviluppati nel romanzo. Quello dell’amicizia tra le due protagoniste, prima di tutto, un elemento fondamentale perché è grazie alla Malnata e alla sua consapevolezza se Francesca acquisisce uno sguardo autonomo, osa ribellarsi al conformismo materno e riesce infine a far udire, forte e chiara, la propria voce. Proprio la presenza, al centro del romanzo, di questa importante amicizia femminile ha suggerito a qualcuno l’accostamento con L’amica geniale di Elena Ferrante, ma vi sono molte differenze tra la coppia di Maddalena e Francesca e quella costituita da Lila e Lenù.
Compare già nel racconto anche il tema della femminilità che contrasta con lo stereotipo vigente, ma nel romanzo è non solo più sviluppato ma collocato storicamente, perché siamo in pieno fascismo, in un’epoca in cui è normale pensare che «se sei uomo, le cose che vuoi, te le prendi e basta», mentre le donne «dovrebbero essere come quelle del duce […]: sapersi dare senza pretendere», come sostiene un personaggio, coerentemente con il suo agire.
Altro tema ricorrente è quello del potere delle parole, che «sono pericolose se le dici senza pensarci», un giudizio che Maddalena esprime più di una volta. Ma al di là dei temi veri e propri, tornano nel romanzo certe immagini che ci erano parse fortemente legate al fascino del racconto. Tornano in modo diverso, ma hanno anche qui tutta l’aria di salire dal profondo, come i sogni. Spesso sono proprio queste immagini a racchiudere la chiave di lettura dell’opera di un autore, di un’autrice, al di là forse della sua stessa piena coscienza. Se infatti nel racconto a certe donne, considerate “pericolose” per la loro autonomia, veniva tagliata la lingua – chiara metafora di un divieto di parlare, di esprimersi, di esistere per sé stesse – qui l’immagine di una lingua mozzata ricorre di nuovo, anche se è quella di un’oca. Occorre la lingua tagliata di un’oca, la Malnata ne è convinta, per costringere una persona a dire il vero anche se non vuole. Ancora una volta, quindi, la lingua mozzata è legata in qualche modo al concetto di verità. E nella scomposta colluttazione che avviene sul greto del Lambro a un certo punto compare non un coltello ma un paio di forbici, che non vengono usate ma ci sono, e non per caso.
C’è chi scrive, e scrive di qualsiasi argomento, per il semplice fatto che lo sa fare bene. C’è però anche chi scrive perché non può farne a meno e perché le immagini che ha dentro premono per uscire. Beatrice Salvioni a mio parere appartiene a questo secondo gruppo e quindi è una scrittrice di razza, come annuncia il suo esordio eccezionalmente maturo. Sono sicura che continueremo a sentir parlare di lei.

Beatrice Salvioni
La Malnata
Einaudi, Torino, 2023
pp. 248.
***
Articolo di Loretta Junk

Già docente di lettere nei licei, fa parte del “Comitato dei lettori” del Premio letterario Italo Calvino ed è referente di Toponomastica femminile per il Piemonte. Nel 2014 ha organizzato il III Convegno di Toponomastica femminile. curandone gli atti. Ha collaborato alla stesura di Le Mille. I primati delle donne e scritto per diverse testate (L’Indice dei libri del mese, Noi Donne, Dol’s ecc.).